CAMPANELLA. Le poesie

LE POESIE 

NOTAZIONI BIOGRAFICHE

1568/1592 -   -Campanella nasce nel 1568, a Stilo (oggi in provincia di Reggio Calabria) in una povera casa del borgo fuori le mura; il padre esercitava il mestiere dello scarparo, la madre morì, forse, prematuramente; comunque Campanella, non ne serba alcun ricordo. A Stilo cominciò ad apprendere la grammatica ed il catechismo.

Campanella vede nella vita ecclesiastica l'unica possibilità di continuare gli studi; nel 1582 decide di entrare nell'ordine di san Domenico. Pronunciati i voti, nel 1583, prende il nome di Tommaso; per il noviziato e gli studi viene trasferito nel convento dell' Annunziata in San Giorgio Morgeto; quindi, nel 1586, prosegue la propria preparazione nel convento dell'Annunziata di Nicastro; nell'estate 1588 si reca a Cosenza per il corso quadriennale di teologia, qui legge i primi due libri del "Rerum natura" di Telesio, ma non può incontrare il filosofo che muore (ottobre 1588). Al catafalco di Telesio, Campanella affigge un' elegia latina andata perduta; per tale gesto, alla fine dell'anno, viene confinato nel convento di Altomonte. Campanella cerca di rompere l' isolamento allacciando rapporti  con alcuni studiosi dai quali riceve i testi di Galeno, e libri relativi alla cabala, alla divinazione ed alla magia; compone la "Philosophia sensibus demonstrata" in otto libri che verrà stampata nel 1591. nel 1590 Si trasferisce a Napoli nel convento di San Domenico Maggiore; a Napoli, forse, diviene precettore dei figli del marchese Mario del  Tufo.

 A partire dal 1592 iniziarono a susseguirsi i numerosi processi ai quali il filosofo venne sottoposto: Campanella dovette affrontare  un doloroso itinerario, costellato da scontri con le autorità ecclesiastiche e con quelle civili,  che il filosofo  affrontò sempre con fermezza e grande forza d'animo.

1592 - Subisce il primo processo da parte dell'Ordine: viene denunciato  di possedere un "demone familiare" e di aver usate espressioni irriguardose circa le scomuniche; il tribunale  dell'Ordine lo accusa di seguire le teorie di Telesio, esposte nello scritto "Philosophia sensibus demonstrata." La sentenza, emanata nell'agosto dello stesso anno, stabilisce che Campanella deve tornare in Calabria e ripudiare le teorie di Telesio 

1594 - Campanella, ribelle al verdetto emanato nel 1592, si trasferisce prima a Roma e poi a Padova; qui incontra Paolo Sarpi e G. Galilei al quale sarà legato da  profonda amicizia,  compone una "Apologia pro Telesio"  e scrive il trattato "Della monarchia de' Cristiani." Intanto vengono messi all'indice le opere di Telesio (morto nel 1588).

 Campanella, per ordine dell'Inquisizione, viene arrestato ed accusato di aver disputato "de fide" con un israelita che, dopo essersi convertito al cristianesimo, era ritornato alla relgione ebraica, mentre avrebbbe dovuto denunciarlo subito all'Inquisizione. Al momento dell'arresto gli sono sequestrati tutti i suoi manoscritti; Il Sant' Uffizio romano ordina che venga torturato e Campanella subisce atroci torture una prima volta il 3 maggio ed una seconda volta a luglio.

In seguito a un tentativo di evasione fallito viene trasferito a Roma dove è imprigionato nello stesso carcere in cui si trova Giordano Bruno che, poco dopo, sarà condannato a morte. La posizione di Campanella si aggrava: è accusato di sostenre le teorie democritee,  di aver composto un sonetto contro Cristo ed un libello ateo "De tribus impostoribus." Dopo molteplici indagini ed interrogatori, Campanella, nel marzo 1595, viene invitato a predisporre scritti difensivi ed è, nuovamente, torturato. Finalmente viene emanata la sentenza: il filosofo è condannato all'abiura per "gravissimo sospetto di eresia." Il 16 maggio 1595, Campanella pronunzia l'abiura nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, ed è costretto alla residenza obbligata, "loco carceris" nel convento domenicano di Santa Sabina sull' Aventino.  Campanella, affronta il processo e le torture con grande forza d' animo  e, cosa amirevole, prosegue a scrivere; tra gli scritti di questo periodo si ricorda  il "Dialogo politico contro Luterani, Calvinisti e altri eretici."  Nel 1596, dopo insistenti richieste, Campanella ottiene di essere trasferito al convento della Minerva, al centro di Roma; viene prosciolto dal Sant 'Uffizio e torna sotto la autorità dei domenicani.

1597 - Un delinquente comune, a Napoli, ottiene il rinvio della condanna a morte, accusando Campanella di eresia; immediatamente  il filosofo viene di nuovo arrestato  ed incarcerato nelle carceri dell' Inquisizione romana dove si trovano altri eretici, uno di essi Francesco Pucci, viene decapitato,  poi il suo corpo è bruciato sul rogo. L'inchiesta si chiude con risultanze negative per cui Campanella è rimesso  il libertà e nuovamente affidato  ai superiori domenicani perchè venga relegato  in un convento da stabilirsi. Molti scritti vengono proibiti. Gli viene ordinato di tornare in Calabria.

1598 - Campanella, all'inizio dell'anno, lascia Roma, ma non si reca in Calabria come ordinato, si ferma a Napoli quindi si reca a Nicastro e, nell'agosto, si trasferisce a Stilo nel convento di Santa Maria di Gesù. Scrive cinquanta articoli contro il gesuita spagnolo Luis de Molina, criticando le teorie del Molina sulla predestinazione ed altre opere andate perdute; ma il suo impegno non si limita solo al lavoro intellettuale, partecipa, infatti, ad una  congiura contro il vicerè,  che era stata organizzata per combattere le condizioni di estrema miseria  che attanagliavano la Calabria.

1599 Campanella pronuncia delle prediche nella chiesa di Stilo, annunciando che sono prossimi profondi rivolgimenti e partecipa a riunioni clandestine; intanto la congiura si estende: i congiurati sono ormai centinaia e sono appoggiati dai Turchi. Ma, purtroppo, due congiurati (Fabio di Lauro e Giambattista Biblia), nel mese di agosto, rivelano la cospirazione all'auditore fiscale spagnolo Luis de Xarava ,che avvisa subito il vicerè Ferrante Ruiz de Castro; quindi un domenicano fra Cornelio da Nizza denuncia Campanella al Sant' Uffizio. Le autorità spagnole intervengono per reprimere la congiura: il 17 agosto sbarca in Calabria il comandante Carlo Spinelli con due compagnie di fanti. I congiurati cedono immediatamente: alcuni fuggono, altri cercano scampo nella delazione; coloro che sono arrestati, vengono accusati di ribellione e di eresia. Campanella abbandona il convento di Stilo e cerca   rifugio  nel  convento francescano  di Santa Maria di Titi, quindi lascia il convento per cercare scampo presso un  contadino che il padre di Campanella aveva aiutato; ma il contadino lo denunzia, il filosofo venne catturato e condotto nel carcere di Castelvetere dove, convinto dall'auditore spagnolo,  scrive la "Dichiarazione di Castelvetere" per spiegare quale funzione abbia avuto nella congiura. Successivamente, Campanella viene trasferito nel carcere di Squillace, quindi, a novembre, insieme ad altri congiurati, giunge a Napoli  dove viene rinchiuso nel carcerer di Castel Nuovo. Nel mese di novembre il Sant' Uffizio chiede alle autorità spagnole che, coloro che sono accusati di eresia, siano tradotti a Roma, ma le autorità spagnole si oppongono. Intanto alcuni congiurati sono stati già giustiziati. A novembre ha inizio il processo per i laici.

1600 -. il 18 gennaio Campanella viene interrogato e nega ogni responsabilità; è chiesta a Roma l'autorizzazione a torturarlo; Campanella viene rinchiuso nella segreta sotterranea detta del "coccodrillo" e viene sottoposto alla tortura del "polledro." Le accuse contro di lui sono molto gravi e a nulla serve il tentativo di difesa da parte  dell' avvocato difensore, Giambattista de Leonardis.  Campanella, per salvare la vita, si finge  pazzo e dà fuoco al proprio pagliericcio; la legge, infatti,vietava  di condannare a morte chi era pazzo, poichè non  avrebbe potuto pentirsi per cui la sua anima sarebbe irremediabilmente dannata. Campanella viene sottoposto alla tortura, ma persiste nella simulazione della pazzia. Pur in queste misere condizioni, il filosofo scrive Poesie ed un trattato la "Monarchia di Spagna”.

1601 da Roma viene ordinato di accertare, in modo definitivo, se la pazzia di Campanella sia vera o simulata; nel mese di giugno viene sottoposto alla tortura della "veglia;" in genere la privazione del sonno poneva fine ad ogni resistenza da parte dell'inquisito, ma Campanella riesce a sopportare le torture e, in tal modo, ottiene di essere riconosciuto pazzo.

1602 Campanella, in carcere nella prigione di Castel Nuovo, compone l’ opera la “Città del Sole” ; nel mese di novembre , a Roma, viene riconosciuto colpevole di eresia e condannato al carcere perpetuo e irremisibile. 

 1603 prosegue il processo per la congiura, le opere di Campanella vengono messe all' "Indice." Per evitare il rischio di un' evasione, Campanella viene trasferito in una cella più sicura nel torrione del Castello dove il filosofo si dedica a pratiche di magia.

1604 - luglio - scoperto un tentativo di fuga, Campanella viene trasferito nel carcere di Castel Sant' Elmo, in una cella sotterranea la "fossa del cocodrillo." La cella era un vano cieco dove il recluso, con ferri alle mani ed ai piedi, è incatenato alle pareti umide, per dormire non ha altro che un giaciglio di paglia; gli viene dato un po' di lume per poco tempo per poter leggere il breviario, deve nutrirsi di rifiuti. Campanella è assistito spiritualmente da don Basilio Berillari, che lo aiuta a superare i momenti più difficili. Campanella può scrivere solo su strisce di carta che gli danno i carcerieri, infilate nel breviario insieme ad una candela. Gli scritti sono consegnanti a degli amici, fuori dal carcere, che li trascrivono. Campanella compone, così, Poesie, e opere in prosa tra cui "Del senso delle cose e della magia."

1605 marzo - concluso il processo per la congiura, i frati incarcerati vengono messi in libertà, tranne Campanella che resta nella "fossa" senza una condanna conclusiva, per un tacito accordo, tra le autorità ecclesiastiche e quelle spagnole che temono, una volta emessa la sentenza, che Campanella sia trasferito a Roma per effetto della condanna subita nel processo per eresia.

1605 -  maggio -   diventa papa Camillo Borghese che assume il nome di Paolo V; Campanella invia un memoriale (perduto) al vescovo Aldobrandini e all'inquisitore Diodato Gentile    chiedendo di essere ascoltato personalmente.

1606 - depone di fronte all'abate  Vincenzo Pagano e dichiara di essere malato , privo di cibo e di assistenza spirituale e chiede di essere soccorso; a giugno scrive un' altra supplica indirizzata all' inquisitore Gentile; a giugno da Roma viene ordinato di procurargli un confessore; il vicerè vuole riservare a se stesso la scelta ed esige che sia uno spagnolo. Nei mesi successivi, Campanella invia suppliche al pontefice  Paolo V al sovrano spagnolo  Filippo III e ad alcuni cardinali;  al nunzio di Napoli Guglielmo Bastoni, chiede di essere trasferito a Roma, narra le proprie traversie ed elenca  i libri che ha scritto. Durante il 1606 compone alcune Poesie, scrive la "Monarchia del Messia."

1607 - Inizia la corrispondenza con lo Scioppio che da poco si è convertito al cristianesimo e che gli promette il proprio interessamento. Campanella invia al papa e al collegio cardinalizio un memoriale con le consuete suppliche; spedisce memoriali anche al sovrano spagnolo Filippo III e agli arciduchi d' Austria. Invia allo Scioppio copie delle opere che ha composto  tra cui i "Discorsi ai principi d' Italia,”  gli "Aforismi politici" e l' "Atheismus triumphatus."  Nel mese di luglio invia a Roma due memoriali in cui chiede  di essere trasferito  in un carcere meno duro  e di essere sottoposto ad un nuovo processo. Il Sant' Uffizio ordina che gli venga assegnata una cella meno terribile e che sia rivisto il processo. Nel mese di settembre lo Scioppio parte  da Roma, diretto in Germania; si ferma a Bologna, quindi a Venezia per cercare di far stampare alcune opere di Campanella, ma inutilmente.

1608 - Nel mese di gennaio, l'arciduca Ferdinando I d' Asburgo invia una lettera al vicerè spagnolo chiedendo che venga  mitigata la detenzione a Campanella e che gli sia concesso di scrivere; Campanella invia un altro memoriale al Sant' Uffizio chiedendo il trasferimento a Roma e la revisione del processo; ma il pontefice respinge entrambe le richieste. Nel mese di marzo viene trasferito nel carcere di Castel dell'Ovo, dove rimarrà sei anni; la reclusione è meno dura: può ricevere visite, scrivere e tradurre molte sue opere in latino. Il Sant' Uffizio, nel mese di giugno, invia l' inquisitore Gentile affinchè faccia trasferire il filosofo dalle carceri regie a quelle dell' Inquisizione, ma l'intervento dell'inquisitore fallisce e, nel mese di ottobre, l'arciduca  Ferdinando d' Asburgo rinnova la precedente richiesta  alle autorità spagnole. In questo periodo, Campanella scrive diverse lettere , tra cui la  risposta al quesito posto da Giovanni Faber, circa il problema dell’ esistenza del vuoto .

1609 - Campanella invia al Pontefice PaoloV un altro memoriale nel quale invoca di essere liberato e sostiene che il contenuto delle sue opere è stato falsato "dalle parole de nemici e d' interessati"  Promette di scrivere altri libri "per benefici della monarchia di Spagna e della Santa Chiesa." Sollecita pure lo Scioppio affinchè ottenga la sua liberazione; interviene a suo favore  il nunzio a Graz; ma il pontefice non tiene conto di tali richieste, anzi ordina che si perquisisca la cella del filosofo , che non gli si permetta più di scrivere e che venga redatto un "sommario informativo" del processo a suo carico. L' inquisitore Gentile è, nuovamente inviato a Napoli per ottenere il trasferimento a Roma di Campanella, ma il vicerè oppone un netto rifiuto; il pontefice insiste, chiede l' estradizione  del recluso al sovrano Spagnolo e ordina che sia composto un elenco degli errori relativi alla fede che possono essere rilevati negli scritti di Campanella. Nel frattempo lo Scioppio torna a Roma e Campanella gli invia una lettera in cui affronta il tema dell' Anticristo.

1610 - IL Sant ' Uffizio ordina all'inquisitore di Napoli di esaminare gli scritti di Campanella per verificare se sussistano affermazioni censurabili, di fare di nuovo persequisire la cella e di concordare con il vicerè per una rigorosa sorveglianza e, infine, di vietare al filosofo qualsiasi forma di corrispondenza. L' inquisitore risponde che negli scritti di Campanella non si possono ravvisare nuovi errori rispetto  a quelli già contestati nei precedenti processi; tuttavia gli viene sequestrata la seconda stesura della “Metaphysica”.  

1611 -  nel mese di gennaio scrive una lettera a Galileo;  a marzo i domenicani di Napoli inviano un memoriale al pontefice chiedendo che nel processo della congiura si giunga ad una sentenza definitiva; un secondo memoriale è inviato a giugno; anche Campanella fa presentare un memoriale al vicerè e ne invia uno al pontefice con il quale chiede di essere tradotto presso l' Inquisizione romana e non trasferito, come teme, in Spagna. Nel corso dell'anno Campanella introduce modifiche nel testo della "Città del Sole." 

1612 - Campanella invia un memoriale al  Sant' Uffizio chiedendo di essere ascoltato su importanti questione di fede; interviene anche il vescovo di Nocera, Stefano de Vicariis, per ottenere che la reclusione di Campanella sia meno severa e per evidenziare che l'autorità civile è disposta a consegnare il filosofo  ai superiori ecclesiastici, se questi ne faranno richiesta. Campanella  compone altre Poesie, scrive diverse opere tra cui quattro sezioni della "Philosophia rationalis" (una quinta sarà composta dopo il 1618).  

1613 - Campanella, in primavera, consegna  allo studioso Tobia Adami copia della maggior parte dei suoi scritti, affinchè siano pubblicati,    inizia a scrivere la "Theologia" e buona parte dei sette libri "Astrologicorum." 

1614/1618 - Il domenicano Angelo Romano   accusa Campanella di comporre libri che diffonde fra gli eretici, ma non vengono trovate prove in merito; nel mese di ottobre il vicerè, che vuole impedire ogni rapporto del Campanella con il mondo esterno, ordina che sia trasferito nel carcere di Sant' Elmo, dove il filosofo rimarrà per ben quattro anni.

Nel 1616 il Sant' Uffizio dichiara che l'ipotesi eliocentrica è "assurda e falsa in filosofica e formalmente eretica"; a Galilei viene notificato il "praeceptum" che gli proibisce di insegnare e sostenere la teoria eliocentrica; la Congregazione dell' Indice condanna il "De revolutionibus orbium coelestium" di Copernico. Campanella, venuto a conoscenza della condanna di Galilei, coraggiosamente, scrive  l' "Apologia pro Galileo.” Invia a Roma un  memoriale con il quale chiede di essere liberato dal carcere "sotterraneo ed insalubre" e, finalmente, alla fine  di maggio del 1618, viene trasferito in Castel Nuovo, il carcere meno duro di Napoli; qui Campanella può scrivere: rivede ed amplia opere  scritte precedentemente, prosegue la stesura della "Theologia", invia un memoriale al pontefice Paolo V chiedendo che gli sia concesso di andare a Roma e allega al memoriale un elenco dei propri scritti.

1619/1620 - il Sant' Uffizio respinge una supplica di Campanella per ottenere la scarcerazione; opere del Campanella sono pubblicate in Germania tra cui la "Philosophia realis.

1621/1622 - muore il papa Paolo V, viene eletto Gregorio XV, Campanella spera che il nuovo pontefice intervenga per ottenere la scarcerazione, ma la richiesta di libertà non viene accolta. Alle richieste del filosofo di poter pubblicare le proprie opere, la Congregazione dell' Indice risponde con un netto rifiuto e chiede alle autorità spagnole che gli  sia proibito di scrivere.

Nel 1622 termina la stesura della "Metaphysica" che affida a Ludovico Cattani conte di Chateauvillain; intanto in Germania è pubblicata l'"Apologia pro Galileo."

1623/1625 - Campanella invia un memoriale al Sant' Uffizio chiedendo di essere autorizzato a celebrare la messa, ma il Sant' Uffizio gli rifiuta l'autorizzazione. L'otto  luglio muore Gregorio XV, diviene pontefice Urbano VIII, in lui il filosofo ripone la speranza di essere liberato. ma  deve rimanere ancora in carcere dove prosegue nella stesura della "Theologia" che conclude nel 1624; sempre nel 1624 scrive a Padre Mersenne in merito alla stampa dell’ opera "Metaphysica" e al cardinale Gabriel di Trejo pregandolo di favorire la stampa dei suoi scritti e di proteggerlo; presenta al vicerè l’opera la "Monarchia di Spagna." Il cardinale Trejo gli risponde dimostrando interesse per i suoi scritti. Nel 1625 Campanella rinnova la richiesta di revoca della sospensione a divinis, ma la sua domanda viene respinta. I domenicani di Calabria rivolgono al re di Spagna una petizione affinchè Campanella sia liberato; il filosofo scrive al generale dell'ordine padre Niccolò Ridolfi, chiedendo che  gli sia permesso di celebrare Messa e la restituzione delle opere liberate dalla censura. Il  Sant' Uffizio respinge ancora la richiesta di Campanella relativa alla possibilità di celebrazione della messa; ma  a Madrid si verifica un fatto nuovo: Il Consiglio d' Italia propone che il caso di Campanella sia demandato al vicerè che potrà decidere autonomamente.

 1626/1627 - finalmente nel maggio 1626, Il Consiglio  del viceregno delibera che Campanella sia liberato sotto cauzione con l'obbligo di presentarsi ad ogni chiamata.

Dopo quasi ventisette anni, Campanella può uscire dal carcere e viene accolto nel convento di San Domenico. Ma il sant' Uffizio ordina che sia tradotto a Roma, dove, appena giunto, è imprigionato nel Palazzo dell' Inquisizione.  Il Sant' Uffizio ordina che resti recluso nel Palazzo dell' Inquisizione in isolamento; nel mese di agosto è autorizzato a passare dal carcere comune ad una cella della residenza del Padre commissario nello stesso palazzo del sant' Uffizio, locale che dovrà occupare "loco carceris". Campanella viene a sapere che il ponteficie è malato  e che gli sono state fatte predizioni di morte; scrive allora un opuscolo "De fato siderali vitando" nel quale espone gli accorgimenti che consentono di eludere il destino astrale, in tal modo si accattiva il favore del pontefice. Nel dicembre 1626 il Sant' Uffizio inizia un nuovo processo per appurare  se, nell' "Atheismus triumphatus," sono contenute affermazioni eretiche. Nel gennaio 1627 il Sant' Uffizio decide di procedere contro Campanella, esaminato il contenuto dell' "Atheismus triumphatus"  e ordina al filosofo di consegnare le altre opere. Campanella, di fronte agli inquisitori chiede giustizia, rivolge una supplica al pontefice, chiede il permesso di celebrare messa ed una reclusione meno severa; ma nulla gli viene concesso, solo l'assistenza di Filippo Borelli,  figlio di un carceriere di Campanella; il Borelli può conviviere con Campanella svolgendo le funzioni di amanuense e di famiglio. Nell'aprile 1627, di fronte agli Inquisitori, Campanella chiede di essere trasferito in un convento domenicano o a Castel Sant' Angelo. Tali richieste sono rinnovate nel mese di  dicembre.

1628 Grazie all'appoggio del pontefice, a luglio viene autorizzato a lasciare il Palazzo del Sant' Uffizio e a risiedere nel convento della Minerva; il 10 agosto, per ordine di Urbano VIII, l'Inquisizione gli restituisce tutti i suoi scritti affinchè li riveda e li corregga; fra i libri c' è pure l'"Atheismus triumphatus" con le relative censure  di cui  Campanella dovrà tener conto nella correzione del testo.

1629/1634 Campanella rimane a Roma sino al 1634, scrivendo numerose lettere a intellettuali, amici ed a ecclesiastici di prestigio, tra cui il Pontefice e cercando di stampare i suoi libri per poter diffondere il suo messaggio; fu un periodo di grandi speranze e  di progetti,  ma l'ostilità e le inimicizie, soprattutto tra gli alti esponenti dell'ordine dei Domenicani, che cercavano, in ogni modo, d'impedire la pubblicazione dei suoi scritti, la sua offerta di difendere Galileo durante il processo intentato contro lo scienziato, la cattura del frate domenicano Tommaso Pignatelli, alunno del Campanella, accusato di aver ordito una congiura contro gli Spagnoli, costrinsero il filosofo a lasciare Roma. Travestito da frate minimo, sotto falso nome, nella notte del 21 ottobre 1634, Campanella lasciò Roma, munito di lettere di raccomandazione rilasciate dal cardinale Barberini, viaggiando  su una carrozza messa a disposizione dall'ambasciatore francese Francois de Noailles. Giunto a Livorno,  si imbarca per Marsiglia dove sbarca il 29 ottobre 1634; lo stesso giorno Campanella invia una lettera, scritta in latino al dotto provenzale Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, informandolo del suo arrivo in territorio francese ed alludendo ai gravi motivi che l' avevano costretto a lasciare Roma, all'improvviso, sotto mentite spoglie, senza nemmeno salutare gli amici. Campanella comunica al suo protettore che desidera fermarsi a Marsiglia per attendere l'arrivo dei suoi scritti scientifici e dell'abito dell'ordine ed esprime il desiderio d'incontrarsi, al più presto,  con il dotto provenzale. Il Peiresc, appena ricevuta la lettera, invia a Marsiglia una lettiga affinchè il filosofo  sia condotto nella sua villa a Aix en Provence dove Campanella rimane per circa dieci giorni e dove riceve la visita di Gassendi.

Quando parte da Aix riceve una somma di denaro dal Peiresc, cosa che suscita nel Campanella una profonda commozione, si dirige a Parigi, facendo una breve tappa a Lione; giungendo nella capitale francese il 1° dicembre 1634; soggiorna per alcune settimane presso il vescovo di Sainte Flour e, quindi, si stabilisce nel convento dei domenicani; due settimane dopo il suo arrivo, è ricevuto dal cardinale Richelieu e, nel febbraio 1635, dallo stesso sovrano Luigi XIII. 

                 Negli anni trascorsi a Parigi, malgrado l'età avanzata, il fisico prostrato dalle terribili sofferenze patite in carcere, il filosofo continuò a sostenere i suoi ideali politici e religiosi e a difendere le proprie idee; partecipa a dibattiti filosofici e scientifici, ha un fitto carteggio con dotti, letterati,  con il pontefice ed alcuni cardinali, scrive memoriali  al sovrano francese Luigi XIII ed alla sorella Enrichetta e, sia pure tra molte difficoltà, riesce a pubblicare le proprie opere. Nel 1639, in occasione della nascita di Luigi XIV, Campanella compone, in onore dell'erede al trono, il suo ultimo scritto auspicando che il futuro sovrano sia  promotore di un'epoca di pace e liberi il mondo dalle divisioni e dall'odio. Campanella morì all'alba del 21 maggio 1639 nel convento domenicano di Saint Honorè e fu sepolto, come semplice frate, in una fossa comune del convento. La Rivoluzione francese distrusse il convento, per cui i resti di Campanella sono dispersi per sempre. 


                      LE POESIE  FILOSOFICHE


Parecchie poesie composte da  Campanella sono andate perdute; quelle giunte  sino a noi fanno parte di due sillogi: una relativa alle poesie giovanili, l'altra comprende le composizioni di carattere filosofico raccolte e pubblicate con il titolo "Scelta di alcune poesie filosofiche di Settimontano Squilla cavate dai suo' libri detti La Cantica”  Le poesie giovanili sono comprese nel "codice Ponzio" così chiamato poichè comprende le composizioni  che l'amico di Campanella, Pietro Ponzio raccolse fino a quando la raccolta non venne sequestrata nell'agosto del 1600; la maggior parte di questi componimenti si riferiscono alle vicende relative alla congiura. Le poesie raccolte nella "Scelta," composte  durante la detenzione nella fossa di Castel  Sant' Elmo, furono pubblicate nel 1622 con una dedica di Tobia Adami che ne aveva curato la pubblicazione indirizzata a tre amici tedeschi: Wilhem von Wense, Christoph Besold, Valentin Andreae; la raccolta è costituita da 89 componimenti di contenuto filosofico; trattasi di un' opera di grande originalità che supera la distinzione tra poesia e filosofia: Campanella esprime, in forma poetica, le problematiche affrontate negli scritti filosofici. 

Abbiamo l'esempio di altri filosofi che hanno esposto il loro pensiero con un linguaggio poetico: Empedocle,  Parmenide vissuti nel V secolo a. C. e Lucrezio. Empedocle conduce un'indagine circa l' origine e l' ordinamento dell' universo per insegnare agli uomini a ricercare il vero  mediante il pensiero; egli usa spesso la metafora, come osserva Aristotele nella Poetica,  per condurre un discorso filosofico: il  “Poema fisico e lustrale” costituisce un valido esempio di "poesia filosofica" volta a spiegare il nascere ed il perire delle cose. Analogamente Parmenide ricorre alla poesia per spiegare concetti astratti: egli abbandona il sentiero della notte sul carro trainato dai "saggi corsieri" che lo conducono davanti alla Dea che rivela a Parmenide la verità "Bisogna che tu apprenda tutto,/ tanto il cuore immobile della  rotonda Verità,/ quanto le opinioni dei mortali, in cui non si trova verace certezza." Lucrezio espone, nel “De rerum natura”, la dottrina epicurea, che può liberare gli uomini dal turbamento provocato del pensiero della morte e dalle passioni.

Campanella  compie un percorso analogo, egli si serve del linguaggio poetico per condurre un discorso metafisico che è a  fondamento della sua visione etica e politica; egli era convinto di dover adempiere ad una missione: diffondere il "bene, il vero, e il bello" che corrispondono alle tre primalità: Potentia - Sapientia-Amor, cioè i tre principi fondamentali infiniti e perfetti. Nel Proemio delinea il proprio compito:   "Io, che nacqui dal Senno e di Sofia,/sagace amante del ben, vero e bello,/ il mondo vaneggiante a sè rubello/ richiamo al latte della madre mia."  Campanella ritiene di avere il dovere di combattere tutti coloro che si oppongono alla sapienza (Sofia); il suo poetare non può essere paragonato a quello dei poeti che cantano "finti, eroiinfami ardor, bugie e sciocchezze", la poesia filosofica canta "le virtù, gli arcani e le grandezze/ di Dio". Campanella, è persuaso di essere chiamato a combattere "tirannide, sofismi , ipocrisia", la poesia, quindi, ha, fondamentalmente, una funzione  educativa e pedagogica; la sua concezione, pertanto, diverge da   quella dei poeti secenteschi per i quali,  scopo della poesia, era suscitare lo "stupore" e la "meraviglia" con l'uso di metafore, di giochi di parole e di virtuosismi .

Diversi  filosofi hanno affrontato il tema del rapporto tra poesia e filosofia, quasi sempre privilegiando il discorso filosofico rispetto a quello poetico, in quanto il primo è considerato proprio di un' indagine condotta dalla ragione, mentre il secondo è riferibile, soprattutto al sentimento. Una diversa prospettiva è stata proposta da M. Heidegger che considera l'espressione poetica come "un'esperinza privilegiata del pensiero". Nell'era della tecnica, solo i poeti sono in grado di "vedere" la minaccia che incombe sull'uomo, solo il linguaggio poetico può cogliere "la traccia del Sacro".  Lo stesso Heidegger ha composto poesie di carattere filosofico non con fini educativi e etici, ma per tentare nuove vie, rispetto a quelle tradizionali, per condurre la ricerca filosofica. Il linguaggio della metafisica e quello scientifico sono inadeguati  per affrontare il tema dell' "Essere," è necessario, quindi individuare un nuovo linguaggio: Hedeigger ritiene che la parola poetica sia quella che, meglio di tutte le altre, possa cogliere  il senso del "Sacro". Solo la poesia è "svelamento" dell' Essere: "la poesia è il nominare che istituisce l' essere  e l' essenza di tutte le cose, non un dire qualsiasi, ma quello grazie al quale soltanto si mostra all'aperto tutto ciò che noi poi discutiamo e trattiamo nel linguaggio di tutti i giorni. Perciò, la poesia non prende mai il linguaggio come un materiale già presente, ma è invece solo la poesia stessa a rendere possibile il linguaggio. La poesia è il linguaggio originario di un popolo storico; quindi è l' essenza del linguaggio che va compresa a partire dall'essenza della poesia."

Lo scrivere poesie assume, quindi, un diverso significato per i due pensatori: se per Campanella la poesia riconferma le verità oggetto d'indagine sul piano filosofico;  per Heidegger poetare  significa percorrere una via nuova per affrontare il tema dell' Essere.

Nel carme "Fede naturale del vero sapiente," Campanella ribadisce i principi della sua visione metafisica: Dio è "Possanza, Senno, Amore,/un,vita, verità, bontate, immenso,/primo ente,re degli enti e creatore” non si tratta di tre enti, ma di tre predicati essenziali di Dio, tutto riceve fondamento da Dio; il mondo è stato creato da Dio:"Il mondo è un animal grande e perfetto,/ statua di Dio, che Dio lauda e simiglia”

 Gli uomini fanno parte della natura e devono rispettarla, riconoscendo la loro piccolezza. Nelle poesie, come negli scritti filosofici, Campanella delinea una visione del mondo "panpsichista": tutto è vivente e animato, Dio "interna gli enti," nel senso che, in tutti gli enti, si "concretizza" l'idea divina, quindi tutte le cose e gli uomini sono immagini di Dio, "Immagin son io del Padre immenso,/che gli enti, come il mar li pesci, cinge,/e sol è oggetto dell'amante senso"

L'elegia "Al Sole" chiude la "Scelta"; la composizione  scritta durante la carcerazione di Castel Sant' Elmo, fra il 1605 e il 1608, è considerata come il più perfetto esempio di poesia filosofica. Nella città perfetta, teorizzata da  Campanella, gli abitanti  onorano il Sole, poichè vedono in esso  "il volto" di Dio: "Onorano il Sole e le stelle come cose viventi e statue di Dio e tempii celesti; ma non l'adorano, e più onorano il sole. Nulla creatura adorano di latria, altro che Dio, e però a lui servono solo sotto l' insegna del sole ch' è insegna  e volto di Dio, da cui viene la luce e 'l calore e ogni cosa. Però l'altare è come un sole fatto, e li sacerdoti pregano dio nel sole nelle stelle, com' in altari, e nel cielo, come tempio."

Analogamente, nell'Elegia al Sole, Campanella si rivolge all'astro celeste che  risveglia alla vita tutta la Natura "Tu sublimi, avvivi e chiami a festa novella/  ogni segreta cosa, languida, morta e pigra,"  e lo invoca quale "Tempio vivo", "statua e venerabile volto/ del  verace Dio pompa e suprema facePadre di natura e degli astri”,  "vita, anima e senso d'ogni seconda cosa".

La ricerca filosofica di Campanella è iniziata "sotto gli auspici" del naturalismo telesiano; Telesio, infatti, considera il caldo ed il freddo quali due forze fondamentali,  il caldo ha sede  nel sole che irraggia sulla terra il suo calore, il freddo ha sede  nella terra;  entrambi agiscono sulla materia e le danno forma e, in tal modo, hanno origine tutti gli enti dell' universo sia animati che inanimati. 

 Campanella accoglie la dottrina telesiana e inneggia al  sole  datore di vita: l'acqua ghiacciata per il suo calore si scioglie "Le gelide vene ascose si risolvono in acqua/ pura, che, sgorgando lieta, la terra riga”, gli animali si destano dal loro sonno, gli uccelli si alzano ad alto volo, ma la sviluppa ulteriormente e considera il sole quale “simulacro" di Dio.

Campanella, chiuso  nella "fossa" di Sant' Elmo, incatenato sulla paglia fradicia, presumibilmente in prossimità della Pasqua,  innalza un appassionato inno al Sole che dà vita a tutti gli esseri.  

Si possono individuare nell' elegia elementi  vv. (1-22)  che l' avvicinano all' "Inno a Venere" di Lucrezio: il poeta latino invoca Venere quale Madre di tutti i viventi "attraverso te infatti ogni stirpe di viventi/ è concepita” la dea a tutti instilla amore, per cui "stirpe per stirpe continuano le generazioni", Venere risveglia alla vita tutta la Natura, appena giunge la primavera, ogni animale, preso da incanto, segue la dea là dove essa lo trascina.

Analogamente, Campanella invoca il Sole quale "datore" di vita: il sole avviva e chiama a "festa novella/ogni segreta cosa, languida, morta e pigra"; in primavera, il calore del Sole  risveglia tutta la Natura, tutto rinasce per influsso del Sole. Sole, come Venere, quali potenze generatrici "destano" la vita sulla terra, come già intuì Empedocle  che  considera l'Amore quale forza primigenia che modella tutta la natura: "tutte le cose appunto che sono nate sono tali, perchè sono congiunte da Afrodite”.


                                  POESIE POLITICHE

Alcuni sonetti  politici sono contenuti nella "Scelta",   altri cinque, conservati a New York sono stati pubblicati da  G. Ernst nel 1995; occorre, inoltre, aggiungere la "Palinodia a Venezia" e l' “Ecloga” composta in occasione della nascita di Luigi XIV; ad eccezione dell' “Egloga”, tutte le altre composizioni sono state scritte da Campanella durante gli  anni della detenzione. Alcuni sonetti riprendono temi platonici:   Platone ritiene che, il governo dello Stato debba essere esercitato solo da coloro  che eccellono per virtù e valore personale; così Campanella ritiene che il governo di uno Stato  non debba essere affidato ad un "principe spurio", ma a chi "possede l'arte" di governare: non è re chi ha un "gran regno" e molti sostenitori, ma colui che  ha doti di sagacia, di astuzia e di coraggio; deve essere un sovrano che possegga ogni "virtù"  che non si acquista con ornamenti e piumaggi, ma si possiede "per natura."

 Campanella riprende, pure,  un tema che Machiavelli aveva già affrontato nel "Principe": la divisione dell' Italia dominata dagli stranieri; Campanella ha composto due sonetti "D’Italia" e "Sonetto sopra il presente stato dell' Italia", scritti, molto probabilmente, nel 1599, subito dopo  che venne scoperta la congiura calabrese. 

Campanella afferma che l' Italia, dominata dagli stranieri, si trova in una condizione di estrema infelicità, essa sta: "con le membra sue lacere e sparse/ e co' crin mozzi, in servitù meschina" e non è possibile individuare un Principe che sia in grado di risollevarne le sorti.                                                                                                                                                                                        Forse Campanella riteneva che, con la congiura organizzata in Calabria, fosse possibile mutare le sorti dell'Italia; infatti nel sonetto composto subito dopo che è stato incarcerato a Castel Nuovo, riconosce di aver preso parte alla cospirazione e sottolinea la sincerità delle sue intenzioni: "Ahi cieca Italia nella tua rapina!/ sin quando il senno tuo sopito langue?/ s'io ben ti desiai, che t' ho fatto io?"  Anche nell' altro sonetto "D' Italia", Campanella sostiene  che occorra un profondo rivolgimento per  un totale rinnovamento. "chè ogni Erode è straniero, e mal promette/serbar il seme della redenzione".

In altre poesie, Campanella  auspica che un' unica autorità eserciti sia il potere civile che quello religioso e ritiene che la Monarchia spagnola possa assolvere a tale compito: la Spagna già esercita il suo controllo a livello mondiale "Da levante a ponente caminando/ la Monarchia del mondo a te fin venne/ e per oltre passar pose le penne/onde vai tutta la sfera girando" e, utilizzando tutti i mezzi che possiede, potrà portare a compimento la sua opera "Tu de la calamita hai l' uso altiero,/le stampe e l' archibuggi, opre divine,/ onde hai per tutto il corso sì leggiero". Il sonetto, composto, presumibilmente nel 1614, riprende temi affrontati da Campanella nell'opera "La Monarchia di Spagna", che iniziò a scrivere nel 1600; in quest' opera il filosofo sostiene che la Spagna ha il compito di unificare tutta la terra, in tal modo il cristianesimo potrà affermarsi quale religione universale. Nel “Memoriale”, composto, probabilmente, alla fine d'agosto del 1606, inviato al sovrano Filippo III, Campanella promette di comporre diverse opere per dimostrare che, dopo le molteplici guerre, deve avverasi la profezia di Abramo che tutto deve unirsi "sotto una fede ed un regno", tocca al "Re Cattolico unire la monarchia aurea e far tempio di tutto l'universo a Dio del Cielo" e  possedere il mondo "nella sua ampiezza". Analogo concetto è ripetuto in altri due memoriali inviati al pontefice  Paolo V e al sovrano spagnolo Filippo III, Campanella s'impegna a scrivere un libro  dove si dimostra che "per raggioni politiche e per profezie divine e umane, e per universal consenso delli savi del mondo, essere già venuto il tempo che, dopo tanti scompigli avvenuti al genere umano per la divisione de' prencipati e varie sette s' ha da ridurre il mondo sotto una sola fede cattolica in una monarchia universale felicissima".    

Dopo essere stato accolto a Parigi, Campanella ritiene che l'azione unificatrice possa essere attuata dalla monarchia francese e, nelle lettere indirizzate al Cardinale  Richelieu ed al sovrano Luigi XIII, auspica che la monarchia francese attui un'opera di unificazione.  Campanella ha perseguito, per tutta la vita, l'ideale dell' unificazione politica e religiosa di tutte le genti e, ancora nel suo ultimo scritto "L'ecloga per la mirabile nascita del principe delfino di Francia," esprime la speranza che il "prodigioso fanciullo" operi un rinnovamento radicale di tutta l' umanità.

  Il neonato Delfino instaurerà un nuovo regno di Saturno: i pronostici ed i vaticinii annunciano che si apre una nuova era, scompariranno "l'empietà, le frodi, le menzogne, le liti," "cesseranno gli ozi e le fatiche;” le speranze giovanili permangono intatte:  Campanella è convinto che le profezie, circa l'avvento di una nuova era, si avvereranno e che sarà possibile realizzare una nuova società rigenerata,  eliminare la tirannia e affermare la libertà per tutti gli uomini.  

L’egloga fa parte delle ”Poesie non comprese nella Scelta” titolo dato da Luigi Firpo all’ edizione delle “Poesie” del Campanella (Mondadori 1954); Firpo sostiene che le liriche sono state ritrovate in un codice compilato da un amico di Campanella, fra Pietro Ponzio, che trascrisse 82 poesie del filosofo prigioniero. 

Nell’ edizione delle poesie curato da Francesco Giancotti (Einaudi 1998) sono inserite altre quattro poesie (Sonetto Gemino Profetale – Sonetto 2 -Sonetto di Palinodia a Venezia – Distico pro rege Gallorum)  e, infine, l’ “Egloga”. I sonetti inediti erano stati inseriti da Germana Ernst, nello scritto pubblicato nel 1995.


  POESIE AMOROSE

Il manoscritto Ponzio contiene ventidue poesie con il titolo "Poesie amorose”, dieci  scritte "per conto proprio" e le altre dodici composte "ad istanza" di  F. Gentile, un giovane genovese, forse della famiglia de' Gentili,che aveva un banco a Napoli per conto del quale fra Pietro Ponzio raccoglieva le poesie di Campanella; le poesie vennero composte tra il momento della finzione della pazzia (aprile 1600) e quello del supplizio della "veglia" (giugno 1601). Tra le poesie composte per "conto proprio" due, quasi certamente, sono dedicate  a Dianora Bariaciana di Barletta che, secondo gli interpreti, apparteneva alla famiglia del Guardiano della torre del carcere di Castel Nuovo, dove era rinchiuso Campanella. Dianora (o Eleonora) era, forse, una  suora francescana che abitava nella torre al piano sottostante la cella di Campanella e che avrebbe fornito al filosofo libri e scritti attraverso un'inferriata. Probabilmente le due poesie si riferiscono ad una situazione reale, nel senso che Campanella e la suora avrebbero avuto la possibilità d'incontrarsi.  Nel sonetto "Donna, che in terra fai vita celeste," Campanella paragona la donna a Venere, essa è la stella che  illumina la sua vita dolorosa il "fragil legnoche solca un mar d' affanni," tale luce è così intensa che il desiderio mai l'abbandona "onde non parte/ l'occhio del mio desire e della mente." Il sonetto successivo "Parve a me troppo, ma alla cortesia" allude, forse,  ad una possibile unione sessuale: il desiderio trova compimento attraverso un' inferriata:, “Sì che,  mancando ogni consiglio e   fuori, d' amor prendemmo l'armi./ Alta dolcezza entrambi ne assorbia." L' unione amorosa fu così intensa che  morire in quell'istante sembrava "bello e soave," ma non fu possibile conseguire tale sublime vertice: il "muro interposto" costrinse i due amanti a separarsi. Secondo alcuni interpreti si tratta di  un' esperienza sognata più che attuata; ma, tenuto conto dl alcune metafore presenti nel testo: "L'orto ameno - dissi io; ella: - La chiave/ dammi, cor mio -; e tal gioia n'avvinse,/ che  'l morir ci parea bello e soave" e, soprattutto, per la passionalità che traspare dai versi, si può ritenere che Campanella  alluda ad una situazione reale.

Tale ipotesi può  trovare conferma nella lettera, scritta nel 1607, ed inviata a Cristoforo Pflug, per persuaderlo a lasciare una "mala femina" che lo tiene incatenato. Campanella afferma che l' amore è "un inganno" della natura che ci diede lo stimolo a fare figli per  poterci eternare in qualche modo. Nella lettera ricorda con amaro pentimento il rapporto che ha avuto con una donna: "Sappi certo che io ti donai mal esempio burlando con quelle donzelle che m'invitavano dalle finestre a pazzie più ch' io non volevo; e sempre mi pare che per quello tu ora stai in errore; e ti dico certo che sarai la ruina mia inanti a Dio e a quelli principi, se non obbedisci al primo Senno". Il pentimento, al ricordo del rapporto amoroso, solo apparentemente contrasta con l'intensa passione che traspare dai due sonetti: in un momento tragico della sua vita Campanella ha trovato, sia pure per un attimo, conforto nell'amore di una donna che volle dargli la gioia del rapporto erotico: "quel  ben che sopra gli altri si desia." 

Nelle altre poesie d'amore, soprattutto  quelle composte a "istanza" di F. Gentile e di altri, Campanella,  pur riecheggiando lo stile e le forme del petrarchismo, e dello stil novo e, parafrasando, a volte, versi del Guinizzelli o di Dante, esprimono la forza interiore del filosofo che, pur sottoposto a crudeli torture e supplizi, scrive versi ricchi di erotismo: "L' umana terra sta nell'uman centro,/ che del suo paradiso il fonte asconde;/son gambe, piè, man, braccia, arte e sostegno./ Però de' nèi che porti, dui, nati entro/ l'acque de' Paradisi, hanno il fior, donde/ lontan, sterile resta il terzo segno/" I tre nei che ornano il corpo di Flerida:  sono come tre stelle dalle quali mai si stacca lo sguardo e la sua dolce voce, il lampeggiar del riso, i grati accenti e i dolci baci “in terra posson fare/ un paradiso di dolcezze care"  L' amore, una delle tre primalità, costituisce l'essenza di tutte le cose, quindi, anche nel dolore e nella sofferenza è possibile individuare in se stessi  l'amore che è segno del fluire  della vita e fa parte dell'armonia del cosmo che Dio ha creato.


      POESIE AUTOBIOGRAFICHE


Numerose composizioni, sia tra le poesie contenute nella "Scelta", sia tra quelle non comprese nella "Scelta," si riferiscono all'esperienza del carcere; alcune sono state  scritte durante la detenzione nel carcere dell'Inquisizione a Roma (1594 - 1598), altre - più numerose - dopo il fallimento della congiura, nelle prigioni di Castel Nuovo e di Sant'Elmo. Campanella è convinto di aver operato in  nome della verità e della giustizia: "così di gran scienza/ognuno amante,/ che audace passa dalla morta gora/ al mar del vero, di cui s' innamora/ nel nostro ospizio alfin ferma le piante.". In questi versi, Campanella fa riferimento non solo alla sua prigionia, infatti in quel periodo, nel carcere dell' Inquisizione, si trovano anche Giambattista Clario, Ottavio Longo, Francesco Pucci e Giordano Bruno (il Pucci e Giordano Bruno saranno condannati al rogo),  tutti coloro che lottarono per affermare il vero contro   la tirannia ecclesiastica,  sono confinati "nell'antro di Polifemo:" la morta palude regno dell'ignoranza  e della violenza. A Francesco Pucci, accusato di eresia, è dedicato il sonetto "fatto sopra un che morse nel santo Offizio a Roma;" Pucci fu condannato alla decapitazione come impenitente: "anima, ch' or lasciasti il carcere tetro/ di questo mondo, d' Italia e di Roma,/ del Santo Offizio e della mortal soma,/ vattene al ciel, chè noi ti verrem dietro".

Dopo la partecipazione alla congiura calabrese, Campanella,  convinto della bontà della causa per la quale si era impegnato,  esorta i partecipanti alla congiura  a non venir meno  nei momenti terribili delle torture, a mantenersi uniti per lottare contro la violenza e la tirannide, oppure li rimprovera aspramente se hanno ceduto alle torture; successivamente, gettato nella "Fossa" di Sant' Elmo, dove sta "quasi morendo" scrive poesie che evidenziano le terribili condizioni in cui vive il filosofo, ma anche  il suo coraggio e la fermezza del suo animo nell'affrontare la dura prova: come Prometeo era stato incatenato alla rupe del Caucaso per aver dato agli uomini il fuoco, così il filosofo soffre nella "fossa" per aver indicato la via della verità a coloro che erano nelle tenebre. Nella lettera a Monsignor Querenghi, Campanella sottolinea  che i suoi scritti mirano ad "estirpare l'anticristianesimo di filosofi e astronomi e teologi"che oscurano il Vangelo. Sola la ragione può dare conforto, nella sofferenza, al corpo costretto dentro “gli abissi sotterranei" e persuadere che il suicidio non  può  far uscire dal dolore.  Nella cella di Sant' Elmo, separato dal padre  e dal fratello "La gente del mio seme," che erano incarcerati  in Castel Nuovo per aver partecipato alla congiura calabrese, e dagli amici, Campanella supplica Dio di aver pietà di lui e di porre fine  ad  una così grande sofferenza. Egli cerca di superare i momenti di disperazione  rivolgendosi alla sua anima affinchè non soccomba al dolore e non abbia timore della morte: morendo potrà vedere che il tutto e ogni parte sono partecipi per opera di ”Possanza, Senno, Amor.” Il tiranno può incrudelire sul corpo, ma colui che ha forza d' animo, come i martiri  Pietro, Andrea e Paolo, ai quali sono aggiunti gli  "eroi" pagani: Attilio Regolo e Muzio Scevola, riesce a sopportare i tormenti.  L'anima non dipende dalle cose caduche, ma da quelle "superne,"  intende e desidera l'infinito, quindi il suo destino è ben diverso da quello del corpo che costituisce un ostacolo per l'anima.

Altre composizioni sono scritte per esortare i compagni  a resistere ai tormenti della tortura: scrive due sonetti in lode di Maurizio de Rinaldis che ha vinto i tormenti per sei notti e sei giorni animato da "ardente ardore" per la libertà;  altri sonetti furono scritti in lode di Dionisio Ponzio che sopportò con coraggio esemplare la tortura del "polledro"..sì orrido tormento,/che disnodava il corpo tutto intero/di membro in membro, l' animo severo/schernia, quasi dicendo: - Io non ti sento. Campanella loda l' amico  con particolare passione per la sua fermezza nell'affrontare lo strazio della tortura "in sue membra disfatto/ fu il Ponzio mio," del mio Dionigi vennero fatti "mille pezzi" "con funi insin all'ossa stretto e tratto,/in una volta per mille distrutto" In un altro sonetto,  composto nella seconda metà di aprile del 1600,  quando il filosofo aveva cominciato la simulazione della pazzia per salvare la propria vita,  Campanella loda i tre fratelli Ponzio e li considera simili  alle  tre primalità metafisiche: Valor (Ferrante), Sapienza (Dioniso), Amore (Pietro); in altre composizioni Campanella esalta il coraggio  dei compagni che ,spiriti nobili, "schernir tormenti e morte, del  tiranno/ armi sovrane, e scherzar con l'affanno;" essi amano tanto ardentemente la libertà e la ragione che stimano "dolcezza il dolorricchezza il danno." Così è esaltato l'avvocato dei poveri, Giovan  Battista de Leonardis da Nola, difensore d' ufficio di Campanella e degli altri frati; egli sembra  "un leone ardente che si muove/ a guerreggiar: da bocca gli esce vampa/ di leggi, d' argomenti e d' altre prove.” Sono duramente condannati  i persecutori, come l'avvocato fiscale don Aloise  Sciarava: la sua crudeltà ha superato quella di tutti gli altri persecutori: "ma tutti Giudi e tutti Achitofelli/ Sciarava granatese ha superato,/ giudice, parte e testimonio entrato,/e boia più crudel" e coloro che hanno tradito, come quel Musuraca che, prima promette aiuto a Campanella e gli fornisce un abito secolare, successivamente lo  denunzia  e lo consegna agli spagnoli insieme a fra' Donico Petrolo che era fuggito con Campanella.

Campanella è fermamente convinto di essere chiamato ad un' opera di redenzione dell' umanità: "Io nacqui a debellare tre mali estremi:/ tirannide, sofismi, ipocrisia" e  che sia suo compito "diveller l'ignoranza" che alimenta l' amor proprio "ch' è cieco, radice e fomento di tutti i peccati;" deve prevalere il "comune amore," infatti colui  che ascende "allamor del comun Padre" considera tutti gli uomini come fratelli. Tale intima convinzione costituisce il fondamento di tutta la vita di Campanella che, malgrado, le torture subite, le sofferenze intollerabili patite  nel buio della fossa di Sant' Elmo, mantenne viva la sua fede in una rigenerazione dell'umanità e, a tale scopo, dedicò  tutte le sue opere in versi ed in prosa,   anche se attraversò momenti di profondo sconforto e dolore che lo spinsero a chiedere a Dio perdono per la sua superbia, come attesta la canzone "A Berillo" (don Basilio da Pavia, confessore di Campanella): dolente poesia nella quale il filosofo confessa di fronte a Dio le sue colpe "signore troppo peccai, troppo, il conosco;/ Signor, più non m'ammiro/ del mio atroce martiro" La canzone, come altre poesie composte durante la detenzione nella"fossa," esprime il profondo dolore di un corpo  martoriato e l' accettazione del dolore  come un momento passeggero nell'armonia divina che abbraccia tutto il creato.

       

          

BIBLIOGRAFIA



Campanella, Le poesie, a  cura di F. Giancotti, Einaudi, 1954;

Campanella, La città del Sole, a cura di L.Firpo, Laterza,1997

Ernst G.,  Tommaso Campanella, Laterza 2002;

Ernst G.,  Lettere, Ed. Leo S. Olschki, 2010.