CAMPANELLA. Le lettere dal carcere

   
  CAMPANELLA. 
LE LETTERE DAL CARCERE

                                                BIOGRAFIA.

Campanella nasce il 5 settembre 1568 a Stilo, borgo alle pendici del Monte Consolino, affacciato sul mare Jonio. La Calabria, come tutto il Meridione, faceva parte dei domini spagnoli, soggetti allo sfruttamento da parte dei nobili ed ai periodici saccheggi dei barbareschi per cui l'economia languiva e la popolazione era vittima di continui abusi.
La famiglia di Campanella viveva nella più assoluta povertà: il padre era un ciabattino analfabeta con  numerosi figli; non avendo il denaro per pagare il maestro di scuola, Campanella apprese a leggere e scrivere "origliando le lezioni dalla finestra”(1); successivamente ha occasione di ascoltare le prediche di un frate domenicano e decide, giovanissimo, di vestire il saio domenicano. Segue il corso regolare di studi, prima a Placanica, poi, a San Giorgio Morgeto ed a Nicastro: è uno studente appassionato  e legge numerosi testi di medicina, teologia, astrologia, magia e di carattere scientifico che trova nelle biblioteche dei conventi.
A vent'anni si trasferisce a Cosenza per seguire i corsi di teologia; qui ha l'opportunità di studiare il "De rerum natura" di Telesio, opera d'impronta  naturalistica e  critica verso l'aristotelismo ancora dominante. Quando Telesio morì a Cosenza,  Campanella fece affiggere sul suo catafalco un carme latino di omaggio In seguito a ciò, venne punito ed inviato al convento di Altomonte dove  consultò altri libri e dove compose una apologia di Telesio  contro le denigrazioni  del pensiero telesiano.(2)
 Campanella, per non rimanere in quel convento solitario, nel 1589, decide di abbandonare Altomonte e di recarsi a Napoli dove compone alcune opere di carattere filosofico  e  frequenta ambienti esterni al convento, ma senza che si verificchi una vera e propria  rottura con l'Ordine;  alla fine del 1591, in seguito alla pubblicazione dello scritto "Philosophia sensibus demonstrata", venne  processato ed imprigionato, ma dopo alcuni mesi (agosto 1592) fu liberato con l'ordine di ritornare entro sette giorni in Calabria. 
Campanella, invece, si dirige verso Roma, Firenze, Bologna e Padova; a Firenze si presenta al Granduca con la speranza di ottenere una cattedra universitaria a Pisa, ma il Granduca, pur ricevendolo, non gli concesse il posto sperato. A Bologna, emissari del Sant'Uffizio gli sottraggono i  libri da lui scritti che Campanella, poi, riscriverà ampliandoli. Infine si reca  a Padova,  s'iscrive all'Università, frequentando i corsi di medicina, scrive  un testo di "Fisica" ed uno di "Retorica", in questa città incontra Galilei e,  da quel momento, tra i due studiosi si stabilirono rapporti di amicizia che dureranno tutta la vita.
Alla fine del 1593,  Campanella, accusato di eresia per aver discusso con un israelita e non averlo denunciato all'Inquisizione, fu  trasportato a Roma e rinchiuso nel carcere del Sant’Uffizio.(3) Nel frattempo si aggiunsero  nuovi capi d'accusa: di aver praticato la divinazione e di professare credenze materialistiche. Canpanella fu condannato all'abiura che pronunziò, nel maggio 1595, nella chiesa di S.Maria sopra Minerva; quindi si recò nel convento di S.Sabina, dove riprese a scrivere e compose l'opera "Dialogo contro  Luterani, Calvinisti e altri eretici".
Nel marzo 1597 fu coinvolto in un nuovo processo: un bandito calabrese, condannato a morte, al momento di salire sul patibolo, rilasciò a carico di Campanella "dichiarazioni compromettenti in materia di fede”(4) ; Campanella venne nuovamente arrestato e incarcerato sino alla fine del 1597 quando, riconosciuto innocente, può uscire dal carcere, ma con l'ordine perentorio di ritornare in Calabria. Giunto in Calabria   Campanella organizzò una congiura per attuare il suo progetto politico: liberare la Calabria dal dominio spagnolo e creare una repubblica teocratica;  ma due delatori rivelarono all'autorità spagnola il complotto; le autorità intervennero, Campanella fu arrestato il 5 settembre 1599 e fu  tradotto a Napoli in catene con una decina di frati  e  centinaia di laici che avevano aderito alla congiura. Furono attuate atroci esecuzioni capitali, quale ammonimento ai sudditi. Campanella fu accusato di lesa maestà e di eresia, per salvarsi, egli si finse pazzo (aprile 1600) e sostenne la finzione anche sotto una nuova tortura;  per un anno intero, sorvegliato continuamente, egli  mantenne la sua finzione per aver salva la vita; infatti -secondo le leggi - il pazzo non poteva essere giustiziato perchè non avrebbe avuto modo di pentirsi. 
Tra il 4 ed il 5 giugno 1600 fu sottoposto  al "tormento  della "veglia": "l'imputato doveva restare appeso ad una fune con le braccia slogate per 40 ore e, quando per il dolore atroce cadeva in deliquio, lo si calava a sedere su un legno tagliente che gli segava la carne delle cosce”(5). Alla fine i giudici ordinarono la sospensione della tortura e Campanella, condotto davanti ad un notaio,  firmò l'atto formale che lo dichiarava giuridicamente pazzo, fu  condannato al carcere perpetuo ed "irremissibile."
Dopo aver lottato per aver salva la vita, Campanella iniziò un'altra lotta per ottenere la libertà; fino al 1604, rimane nel carcere di Castel Nuovo componendo molteplici opere: "La Monarchia di Spagna", gli "Aforismi politici", la "Città del Sole", il "Senso delle cose", l' "Astronomia", la “Metafisica”;(6) è poi trasferito nel Castel  Sant'Elmo, nell' "orrida fossa". Un vano privo di luce, per giungervi occorre scendere per  24 scalini, il prigioniero viene ferrato mani e piedi alla parete di pietra, lungo le quali l'umidità stilla di continuo, dorme su un giaciglio di paglia fradicia e solo per mezz'ora al giorno può avere un po' di luce. 
In questo carcere trascorre quattro anni di sofferenze, fino al marzo 1608,  Compone, in questo periodo, poesie ed altri scritti utilizzando pezzi di carta che gli vengono dati dai carcerieri e che, successivamente, gli amici trascrivono; sonoo composte, in tal modo, la "Monarchia del Messia", i "Discorsi ai principi d'Italia" e l'"Ateismo trionfato", diversi memoriali ai pontefici ed ai sovrani  per persuaderli a lasciarlo libero.
Dall' aprile 1604 all'ottobre 1614, fu incarcerato nella prigione di Castel dell'Ovo dove la detenzione fu meno crudele, e Campanella potè scrivere varie opere: la "Poetica", la "Retorica", la "Dialettica", una "Storiografia", una "Medicina", e una “Astrologia”(7) che riesce a diffondere in Germania grazie a dotti  amici. Ma, purtroppo, nel 1614 viene nuovamente gettato nella "fossa" di Sant'Elmo dove trascorre altri quattro anni; nel 1616, sembrava che il vicerè duca d'Ossuna fosse disponibile a liberarlo, ma le speranze di Campanella ben presto si dissolsero. Solo del 1618 ritornò a Castel Nuovo dove rimase sino al 1626  e compose il "Quod reminiscentur" per l'azione di proselitismo dei missionari, l' "Apologia" in favore di Galilei e la "Theologia"; prosegue a scrivere lettere per ottenere la liberazione, compone opere nuove ed amplia le precedenti.
Per tutto il periodo che trascorse in carcere, Campanella, oltre ai numerosi testi, scrisse lettere a sovrani, a esponenti della nobiltà, a pontefici, profetizzando un prossimo rinnovamento; formulò proposte di carattere politico e religioso; spesso i suoi manoscritti furono sequestrati e distrutti o andarono perduti poichè Campanella li consegnò a coloro che  erano andati a visitarlo in carcere, nella speranza che fossero pubblicati. Dimostrando una forza d'animo eccezionale, egli riscrive le opere perdute e intrattiene corrispondenza con i più eminenti dotti europei. 
Finalmente il 23 maggio 1626 venne liberato, ma  dopo un mese  fu tradotto a Roma dove venne incarcerato, per altri due anni, nel palazzo romano del Santo Uffizio; finalmente divenne libero grazie all' intervento del pontefice Urbano VIII;  ma sia per la sua offerta di prendere le difese di Galileo, sia per la sospettata connivenza con la congiura ordita da frate Tommaso Pignatelli, per  sopprimere il Vicerè di Napoli, (il frate venne processato e strozzato in carcere), Campanella decise di lasciare Roma e, nell'ottobre 1634, si recò a Parigi dove fu ricevuto da Richelieu e dal sovrano Luigi XIII che gli assicurò una pensione.
Campanella, malgrado le sofferenze subite, continuò a lottare per i suoi ideali politici e religiosi: la creazione di una monarchia universale unificatrice di tutta la terra che prima era identificata nella monarchia spagnola e, successivamente,  in quella francese: quando nel 1638 nacque Luigi XIV, Campanella compose un carme in onore dell'erede al trono; nel carme il pensatore riafferma il convincimento che  il futuro sovrano opererà un  "rinnovamento universale" e, con lui, avrà inizio "un'era di pace," e tutte le divisioni e tutte le lotte fratricide, che hanno insaguinato l'Europa, sarebbero cessate.(8)

All'inizio del 1639, i presagi astrali preannunziarono a Campanella, eventi funesti che egli cercò di scongiurare grazie a riti magici,   all'alba del 21 maggio 1639, il pensatore spirò, tra le preghiere dei confratelli del convento domenicano di rue St, Honorè. Fu sepolto nella fossa comune, come semplice frate; nel 1795, l'area dove era ubicato l' edificio, venne destinata a mercato e le ceneri di Campanella furono disperse. 

CONTESTO STORICO

La vita di Campanella si snoda in un momento critico della storia  europea: l'unità dei cristiani è spezzata a seguito della diffusione delle dottrine luterane e calviniste, le "guerre" di religione dilaniano la Francia, la Chiesa, concluso il Concilio tridentino, ha assunto posizioni intransigenti   nei confronti della Riforma, si afferma l'assolutismo regio, la potenza della Spagna raggiunge l'apice durante il governo di Carlo V e del figlio  Filippo II, in Inghilterra, sotto il regno della regina Elisabetta I,   si gettano  le basi della futura espansione a livello mondiale, ma con l'ascesa al trono degli Stuart ed il tentativo di Giacomo I e di Carlo I di instarare una monarchia assoluta si pongono le premesse della rivoluzione inglese che porterà al potere Cromwell,  ì Paesi Bassi lottano per ottenere l'indipendenza dalla Spagna, lotta che si concluderà nel 1579 quando le sette provincie settentrionali (l'attuale Olanda) dichiararono la propria indipendenza, richiamandosi al diritto naturale dei popoli di rifiutare obbedienza ad un principe tiranno; infine Campanella è testimone delle prime fasi della guerra dei trent'anni (1518-1648) che  provocherà una grave crisi della Germania sul piano demografico , economico e politico e dell'occupazione, da parte dei Turchi, dei territori del Medio Oriente, dell'Africa settentrionale e della penisola balcanica. l'Italia, dopo la pace di Cateau Cambrèsis,  che conclude lo scontro tra la  Spagna e la Francia, è controllata, quasi totalmente, dalla Spagna, infatti sono sotto il suo dominio il ducato di Milano, il Meridione, la Sicilia e la Sardegna. La "sudditanza" alla Spagna e la "marginalizzazione" provocata dallo spostamento dell'asse commerciale verso l'Atlantico, provocò un declino politico ed economico; soprattutto l'Italia meridionale e le due isole Sardegna e Sicilia, conobbero una lenta, ma inarrestabile decadenza economica; in particolare il fenomeno della "rifeudalizzazione" costituì un ostacolo alla modernizzazione delle strutture agricole; inoltre i contadini vivevano in una condizione di grave miseria. Tale situazione favorì il diffondersi del banditismo e lo scoppio di violente sommosse popolari che furono sempre represse con la violenza e con il ristabilimento  del dominio della Spagna.   
Sul piano culturale, accanto alla diffusione dello studio di Platone, si afferma, specie nelle Università l'aristotelismo (che ha come suo centro Padova); ma emergono anche nuove linee                                                                                                    d'indagine grazie alle elaborazioni di Telesio,   di Bruno e di Campanella.  

                                       LETTERE 

L' epistolario di Campanella si sviluppa dagli inizi del 1591 fino  alla morte;  possiamo distinguerlo in quattro periodi: 1591-1599 che comprende sette lettere; il periodo del carcere dal 1606 al 1626 che comprende 64 lettere; quello romano 1626-1634 che comprende 28 lettere ed infine quello  di  Parigi da1 1634 al 1639 che comprende 74 lettere. Le lettere  sono indirizzate ai Pontefici, ai Sovrani, a esponenti della nobiltà italiana, spagnola e francese, a dotti e a intellettuali tra i quali troviamo alcuni esponenti di spicco della cultura del '600 come Galilei,  Gassendi., Mersenne. Prenderemo in considerazione le lettere indirizzate agli intellettuali scritte durante il lungo periodo di detenzione e  alcuni memoriali inviati al Pontefice Paolo V, al sovrano di Spagna Filippo III ed all'imperatore Rodolfo II di Austria 
Le lettere indirizzate agli intellettuali possono essere distinte in tre gruppi: quelle composte per attirare l' attenzione sulle terribili condizioni del carcere,  per sostenere la sua innocenza e per chiedere la pubblicazione delle sue opere. Rivestono particolare importanza le lettere indirizzate a Galilei e a Gassendi  che  attestano il grande interesse di Campanella per l'Astronomia e per le  nuove teorie relative alla Natura. 
 Campanella scrisse una lunga lettera in latino a Galilei, che aveva incontrato a  Padova il 13 gennaio 1611, dopo aver letto il Sidereus Nuncius, l'opera nella quale Galilei annuziava le scoperte compiute osservando i corpi celesti con il cannocchiale. Campanella esprime tutto il suo entusiasmo per le nuove prospettive che si aprono agli studiosi grazie a "l'ausilio di uno strumento così meraviglioso" come quello inventato da Galilei, ma, contemporaneamente, formula dubbi e perplessità, in particolare per quanto attiene le "macchie lunari," che Galilei ipotizza siano  "zone coperte d'acqua"e la composizione della via Lattea, inoltre chiede chiarimenti  circa il moto planetario. 
 Nella  lettera successiva dell'8 marzo 1614,  Campanella esprime la propria contrarietà  a Galileo per aver avanzato ipotesi atomistiche "Assai mi duole, come li scrissi questa età passata, che s' è posta a trattar delle cose galleggianti ecc., e ha scoverto tutto atomi”(9)   
Campanella, pur nutrendo delle perplessità, sulle teorie esposte da Galileo, tuttavia difende sempre strenuamente il  diritto a proseguire le  ricerche  ed a renderle di pubblico dominio; tale posizione del filosofo emerge, chiaramente, nel 1615, quando Galileo viene denunziato all' Inquisizione; nel febbraio 1616, Campanella - che era imprigionato in una cella del carcere di Castel Nuovo a Napoli -  venuto a conoscenza della controversia , compone l' "Apologia pro Galileo"  e la invia a Roma, affinchè sia presa in considerazione; ma lo scritto giungerà a Roma quando gli Inquisitori avevano già preso le loro decisioni. L'"Apologia,"   preceduta da una lettera di accompagnamento indirizzata al Cardinale Bonifaci Caetani,: "Ecco ti mando reverendissimo signore la dissertazione che ho composto per tuo volere, discutendo al lume della Sacra Scrittura intorno al moto terrestre, all' immobilità della sfera stellata e al fondamento del sistema  copernicano. Vedi tu quali tesi stiano qui correttamente sostenute e perciò quali sono quelle che ti toccherà difendere, quali altre respingere, visto che la sacra Congregazione ti ha affidato questo compito. Quanto a me, sottopongo la mia opinione non solo alla santa Chiesa ma chiunque ne sappia più di me, e specialmnente a te, che sei il protettore delle italiche muse. Finchè tu vivrai, esse non periranno. Vivi dunque in eterno. E così sia.”(10)
L’ Apologia fu pubblicata, a cura di Tobia Adami, a Francoforte nel 1622; fitta di citazioni, ha la struttura di una quaestio e si suddivide in cinque capitoli. Nel primo, sono elencati gli argomenti contro le posizioni galileiane,  in evidente contrasto con taluni passi biblici, il secondo riporta gli argomenti a favore di Galileo, sottolineando come non solo  gli uomini di scienza e i filosofi, ma anche teologi insigni abbiano accolto con favore la nuova dottrina astronomica, che fa rivivere le antiche dottrine di Pitagora,  il terzo capitolo,  enuncia i principi che consentono di replicare alle obiezioni antigalileiane e di valutare quelle a suo favore.
Campanella , nei suoi scritti,  propone una diversa immagine  della natura rispetto a qella galileiana; infatti secondo Campanella la Natura è vivente e non è scritta in termine matematici come sosteneva Galilei; inoltre egli nutre riserve nei confronti dell’eliocentrismo a causa della  difficile compatibilità con le dottrine di Telesio – secondo il quale il Sole, sede del principio del caldo, è leggero e dotato di movimento, mentre la Terra è pesante e immobile, in quanto sede del principio del freddo; tuttavia rivendica  la piena liceità da parte di Galileo di condurre le sue indagini. Sostiene, inoltre, che la filosofia aristotelica può essere corretta o, anche, abbandonata, se nuove ricerche dimostrano gli errori delle teorie aristoteliche e afferma che lo stretto rapporto che si è creato tra teologia e filosofia aristotelica  può essere abbandonato senza che la teologia  ne sia danneggiata, anzi mantenere tale rapporto sarebbe dannoso in quanto il sistema fisico elaborato da Aristotele è smentito dalle recenti scoperte. Abbandonare la fisica aristotelica, pertanto, non costituisce un pericolo per la teologia e permette di conseguire una più corretta visione della natura che Dio ha creato.
La corrispondenza con Galileo fu ripresa tra l'aprile del 1631 e l'ottobre 1632, Campanella scrisse sei lettere: nella prima lamenta il mancato invio del “Dialogo sopra i due massimi sistemi”; nell'agosto 1632,  Campanella riceve una copia del Dialogo e scrive a Galileo una lettera in cui esprime tutto il suo entusiasmo "Tutte le cose mi son piacciute,”(11)   i suoi timori per le accuse che vengono mosse contro lo scritto  galileiano e garantisce il suo appoggio a Galilei "Io difendo contra tutti questo libro”(12)’ poichè "questa novità di verità antiche di novi mondi, nove stelle, novi sistemi, nove nazioni ecc. Sono principio di secol nuovo”(13).
 Nelle altre lettere Campanella afferma di provare disgusto di fronte alle minacce di proibizione dei Dialoghi  e suggerisce a Galilei di far richiedere al Granduca che vengano nominati come difensori il padre Castelli e lui.  Tale proposta verrà respinta, poichè Campanella aveva scritto un'opera  proibita e non poteva, quindi, difendere Galileo: " io non fui ammesso, e qualche persona m'ha minacciato”(14)  e, ancora, "so che non solo non fui chiamato io nè il Castelli, ma che non voleano ch'io lo sapessi”(15)  
Il processo a Galilei ebbe inizio nell'aprile 1633; Galilei venne trasferito presso il Sant'Uffizio, anche se, data l'età, non venne rinchiuso nelle carceri come Bruno e Campanella. L'accusa principale a Galileo era di aver trasgredito a quanto stabilito nel 1616 ( cioè di abbandonare l'opinione copernicana di non insegnarla o difenderla a voce o per iscritto). Nel corso degli interrogatori, Galileo sostenne di non essere a conoscenza di tale divieto e che nel Dialogo non intendeva insegnare le dottrine copernicane. Successivamente Galileo ammise di non aver tenuto conto dell'ammonizione  e di aver difeso il sistema copernicano. Il processo  si concluse il 22 giugno 1633: i giudici emisero una sentenza nella quale condannavano la teoria copernicana: è "falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture che il Sole si mova dal Oriente a Occidente e che la Terra si muova e non sia al centro del mondo": Nello stesso giorno Galileo, in ginocchio, davanti ai cardinali pronunciò l'abiura al copernicanesimo "abiuro, maledico e detesto li suddetti errori e eresie."
     
Campanella, come già accennato, ebbe rapporti epistolari con esponenti di spicco del '600: scrive a Padre Mersenne, una lettera, in latino, nel settembre 1624 per sollecitare la pubblicazione della sua opera "Metafisica" e raccomanda a Mersenne di farsi consegnare l'elenco degli scritti inviato alla Sorbona; nella lettera il filosofo esprime la sua stima per l'opera di Mersenne: desidero che "tu veda in me un affettuoso estimatore delle tue rare virtù.”(16)
 Scrive  due lettere a Gassendi, nella prima si congratula con lo studioso per le sue recenti osservazioni che  lo pongono accanto a studiosi come Copernico, Brahe e Galileo  che hanno spalancato una porta attraverso la quale  è lecito spingersi  ben al di là delle "fiammanti mura del mondo" e lamenta che non sia possibile "agli scopritori di metter piede nelle scuole," perchè le cattedre sono occupate dai "seguaci di una filosofia inconsistente, i quali determinano ogni cosa a proprio capriccio, senza la guida della natura, e si sono impadroniti degli animi delle persone con tante arti occulte”(17) e se qualcuno "tenta di farsi strada... con la voce della verità o con la fiaccola e i dardi fulgidi del giorno," gli oppositori  "si levano in armi, colmi d'ira e di sdegno.”(18) Nell'altra lettera, Campanella pur congratulandosi con Gassendi, per l'accuratezza con cui ha condotto le sue indagini, tuttavia espone critiche e riserve circa le teorie atomistiche sostenute dallo studioso e in particolare ritiene erroneo sostenere che "i fenomeni avvengono in via puramente accidentale, senza che l'autore dell'universo disponga che essi accadano e senza che per loro mezzo egli operi o preannunci cosa alcuna”(19) Secondo Campanella non è possibile ammettere che le comete e i fenomeni celesti accadano senza scopo e fuori da ogni intervento divino; inoltre, secondo Campanella, noi non potremmo  pensare l'infinito "se non esistesse realmente" e sostiene che  "il pensiero non appartiene ai corpuscoli degli atomi.;“ inoltre tutto quello che accade "accade per una ragione mentale.... e la struttura dell'universo, degli animali e delle piante, e la funzione dei loro organi, e l'energia e la conoscenza manifestano in tutta evidenza la Virtù prima, cui diamo il nome di Dio.”(20) Campanella non elaborò delle teorie astronomiche,  i suoi interessi erano rivolti, soprattutto, all'astrologia; tuttavia apprezza le ricerche scientifiche  in corso nel suo tempo ed è convinto che  la ricerca non debba essere ostacolata con motivazioni di carattere religioso. 
Altre lettere sono inviate agli studiosi:  Giovanni Fabri,  Gaspare Schoppe,  Cassiano dal Pozzo, al Principe Federico Cesi, ed al medico Marco Aurelio Severino;  Campanella scrisse al Fabri quattro lettere; particolarmente interessante quella stesa nel maggio 1608 per rispondere  ad una  questione posta dal Fabri circa il problema del vuoto. Campanella nega l'esistenza del vuoto  e precisa che nella  sua opera "Metafisica" ha dimostrato  che il vuoto non esiste "Nella seconda parte della Metafisica mia io trovai che il consenso ed il mutuo contatto degli enti, che compongono l'animale mondiale proibisce la divisione di quello e per conseguenza il vacuo”.(21).
In una lettera indirizzata al Cavalier Cassiano dal Pozzo Campanella chiede l'intervento  dello studioso per ottenere che il Padre Generale dell'Ordine invii un "memoriale" al sovrano spagnolo, affinchè possa essere trasferito a Roma dove, in base al "breve" emanato dal pontefice Clemente VIII, si sarebbe dovuto costituire un tribunale per i processi svoltisi a Napoli contro Campanella e altri congiurati, riservando all'Inquisizione romana la decisione finale sulla causa. Inoltre chiede di ottenere dal Padre generale o dall' illustrissimo protettore Borghese, una licenza in persona di fra Dionigi di Castelvetere, suo discepolo, lettore in teologia, che possa venir in Roma e difenderlo.  Campanella, nel 1624, nutre la speranza di essere liberato,  grazie all'appoggio di personalità di spicco e a circostanze favorevoli. Di particolare interesse la lettera indirizzata  al Cavalier Cassiano nel luglio 1624, nella quale Campanella chiede  allo studioso di adoperarsi "con il signor Scioppio e altri amici" per "trattar la stampa" delle opere da lui composte; la lista degli scritti è  nelle mani di un discepolo del Campanella, Giacomo Favilla, nel quale  il filosofo aveva riposto molte speranze per la pubblicazione dei suoi libri
Una lettera, particolarmente interessante, è quella inviata a Serafin Henot  del 14 giugno 1607, nella quale Campanella affronta il problema della peste che, a suo parere, trae origine "o da acqua o da aria corrotte, sempre però con un concorso di influssi astrali”(22); la prima si cura facilmente con il vino, o scavando nuovi pozzi, o "purgando quelli esistenti con "mirra, cannella, incenso, e altri aromi..al fine di rendere l'acqua più leggera, più calda e di nuovo sapore ". In genere, però la diffusione della peste avviene attraverso l'aria che inspirata nei polmoni, " penetra  in tutto il corpo"; l'aria si guasta  per il dilagare di "miasmi puzzolenti che esalano dai cadaveri o da un terreno a lungo inaridito cui sopravvenga d'improvviso un'esigua pioggia che ne sollevi vapori densi di scorie e di fuliggini, oppure di venti che portino lungi fumi maligni, specie quelli sprigionati da boschi incendiati e poi sottoposti a rovesci d’acqua.”(23) Per quanto attiene ai rimedi, Campanella distingue tra quelli individuali e quelli per tutta la città; nel primo caso  i rimedi vanno applicati "alle vie attraverso le quali la malattia si può insinuare" e, cioè, la bocca, le narici, le orecchie ed infine a tutto il corpo in modo che i pori "risultino permeati di medicamento," suggerisce di lavare il corpo con il vino e spalmarlo con olii aromatici, di accostare alle narici "qualcosa che abbia buon odore, di riempire le orecchie di incenso, di nutrirsi di preferenza con carni grasse di montone, di vitello, di pollo con l'aggiunta di fior di farina e noce moscata; quale medicamento suggerisce l'arsenico". Tuttavia, osserva Campanella, la cura dei singoli serve a ben poco se non si cura tutta la città e, propone, in merito, di accedere grandi fuochi per "rendere l'aria più sottile" alimentandoli con legna odororsa come "lauro, timo, mirto e ginepro,"  di agitare l'aria con il suono delle campane e spalmare le trombe  con essenza di incenso, zafferano, mirto ed altri aromi; tali rimedi, secondo Campanella, restituiscono all'aria "la trasparenza, il calore e la sottigliezza originaria." Raccomanda, infine,  di recitare pubbliche preghiere  per invocare la grazia di Dio e della natura;  in tal modo "gli animi umani acquistano fiducia...e la fiducia a sua volta infonde vigore". A suo parere la causa della peste è da ricercarsi nell'eclissi di sole del 12 ottobre 1605 e, poichè l'eclissi è durata circa due ore e mezza, la peste si protrarrà per due anni e mezzo. La lettera si conclude con una notazione personale che evidenzia le orribili condizioni della prigionia di Campanella "Dal Caucaso dove mi trovo imprigionato senza colpa alcuna da più di tre anni, con catene ai piedi, in una fossa umida e buia che sprofonda per ventidue scalini sotto terra".
La lettera attesta come le conoscenze che il Campanella aveva circa le cause e le modalità di cura della peste siano quelle proprie dell'epoca; (uso di aromi e del fuoco ), alla fine del XIX secolo, Alexandre Yersin (1863.-943), inviato nel 1894 a studiare l'epidemia di peste verificatasi nella  Cina meridionale, riuscì ad isolare a Hong Kong il bacillo della peste;  nel 1895 Emile Rooux ottenne il primo vaccino contro la peste e, infine, nel 1898, Paul Simond individuò il ruolo fondamentale giocato dai roditori e dalle pulci nella trasmissione della peste murina ed umana. Comunque alcuni rimedi di carattere individuale si possono considerare confermati dalla scienza e dalla medicina. 

Un altro illustre studioso  con il quale Campanella ebbe rapporti epistolari fu Gaspare Scioppio,, nato a Neumarkt nel 1576 e morto a Padova nel 1649; convertitosi al cattolicesimo nel 1599, le sue critiche alle confessioni protestanti furono apprezzate dal pontefice Clemente VIII, dal 1607 fu al servizio dell'arciduca Ferdinando (poi imperatore col nome di Ferdinando II), ricoprendo diversi incarichi diplomatici. Schoppe era un celebre latinista, si occupò di grammatica e di filosofia; nel 1628  pubblicò la "Grammatica philosophica", considerato il suo capolavoro, nel 1648 compose l'"Angelus pacis" che costituisce la sua opera maggiormente significativa tra quelle dedicate alla riappacificazione delle chiese cristiane. Campanella entrò in rapporto epistolare con lo Scioppio nel mese di luglio  1607, tale rapporto epistolare si prolungò sino al novembre 1609. Nel mese di aprile Scioppio si era recato  a Napoli e, pur non riuscendo a vedere di persona Campanella, scambiò con lui varie lettere, forse per avere suggerimenti per i propri lavori. Il 18 maggio lo Scioppio partì da Napoli alla volta di Roma; poco più tardi, Campanella gli spedì copia di tutte le sue opere disponibili; tra esse c' erano i "Discorsi ai principi d'Italia" di recente rielaborati, gli "Aforismi politici" corredati di postille latine,  nonché due testi oggi perduti, cioè l'"Apologia pro Telesio" del 1593 e il "Prognosticum astrologicum" del 1603. Lo stesso giorno dedicò allo Scioppio, ultimato e tradotto in latino, il trattato contro gli increduli, intitolato "Recognitio verae religionis", invitandolo a volgerlo in tedesco perché potesse essere utilizzato per la  conversione della Germania.. Partendo da Roma alla volta della Germania, (2 settembre) lo Scioppio porta con sé copia di vari scritti del Campanella, alla metà del mese, a Bologna, tenta invano di far stampare la "Monarchia del Messia" e i "Discorsi ai principi," e poco dopo, a Venezia, conduce inconcludenti trattative con il libraio senese Giambattista Ciotti per la pubblicazione  dell' "Atheismus", del "Senso delle cose" e dell'"Epilogo magno."
Campanella prega l'illustre umanista di aiutarlo, in tutti i modi, a uscire dalla "tetra prigione" in cui è confinato"sepolto vivo in una fossa umida e buia”(24); e gli chiede d'intercedere per la sua liberazione  presso i sovrani della Cristianità; il 20 maggio 1609, Campanella gli chiede d'intercedere, presso L'arciduca d'Austria Ferdinando, un intervento a suo favore presso Il sovrano di Spagna.”(25)
La lotta alle eresia costitusce il tema dominante delle lettere: Campanella è convinto che "tutte le nazioni, comprese le infedeli addiverranno a una deliberazione comune e tutte si troveranno d'accordo sulla necessità di vivere secondo la legge di natura,”(26) legge di natura che Campanella identifica con la legge cristiana. Se tale progetto avrà realizzazione vi sarà "un solo ovile ed un solo pastore."  Campanella evidenzia che, ormai, il cristianesimo "che occupava  il mondo" è  diffuso solo in Italia ed in  Spagna, "l'oriente sta in mano di Maometto,favoloso, empio, ignorante,crudo, con grande  scorno e danno di tutto il genere umano;” mentre il nord  Europa è "in man di Lutero e di Calvino, c'han fatto un Dio  che ci proibisce li peccati, e poi ci sforza a farli per pigliare gusto di metterci all'inferno con voglia non di padre, ma di crudel tiranno;(27)“ Il filosofo afferma che nei suoi scritti,  ha  dimostrato che la fede cattolica, universale e vera è appunto la religione cristiana romana.  Campanella  sottolinea come ogni setta sia convinta di avere miracoli, profezie, testimonianze, per mostrare che è quella vera; ma tali contrasti e lotte sanguinose favoriscono il diffondersi della convinzione che non "ci sia religione, nè principato, nè sapienza:" ed evidenzia che,  occorre operare per superare tutte le divisioni  e combattere tutte le sette per ritrovare l'unità dei cristiani.   
Le proposte di Campanella, possono apparire visionarie, ma occorre tener conto del lacerazione che la diffusione delle dottrine luterane e calviniste aveva operato in Europa e del pericolo che rappresentava la potenza turca che controllava larga parte del bacino del Mediterraneo; inoltre  occorre considerare che la speranza di un dialogo tra tutti i cristiani, tale da consentire di superare le divergenze di carattere teologico, costituisce.ancora oggi una speranza diffusa.
Campanella, nelle lettere, affronta anche argomenti  di  carattere  medico sull'avvelenamento mercuriale dei luetici (lettera perduta), sul modo di evitare il freddo o la calura eccessiva; in quest’ultima (28) Campanella consiglia allo Scioppio  di evitare, quando fa caldo, di bere bevande fredde, vino ghiacciato e l'acqua con la neve, cose estremamente nocive, poichè "la natura non desidera mai il freddo",  di non consumare cibi freddi, meglio quelli acidi come succo di limone o cedro, o frutti in polpa  o spremuti. Suggerisce pure di bere vino durante i viaggi e di consumare pasti frequenti  "di mangiare cibi acquosi e molli come la zucca e la cipolla, questa però sempre cotta, verdure acquose come cicoria, borragine e luppolo", di nutrirsi "di carne di vitello, di pollame, di uccelletti" e di unire ai cibi "dell'uva spina acerba o qualcos'altro di acido." Campanella aggiunge di essere d'accordo con Galeno "nel giudicare benefici i bagni freschi  e dolci,"  allude, infine, alle sue disperate condizioni fisiche "Una metà della testa, sul davanti, mi fa così male, che non riesco a condurre a termine questa lettera." e comunica al suo interlocutore che il giorno prima è venuto a trovarlo Serafino(29)  che ha presentato  le lettere al figlio del Vicerè che ha promesso che concederà ogni agevolazione che sia in suo potere e l'ha invitato a tornare domani. Campanella aggiunge che attende "le lettere del Borghese (30), "in modo da agire con reiterate intercessioni prima ch'io soccomba"; egli resta in attesa di analoghe lettere di raccomandazione da parte dell' ambasciatore cesareo e di quello spagnolo (31), e chiude la lettera citando il verso di Ovidio "Fiaccò l'ingegno patir lungamente dei mali:" anch'egli, come il poeta latino, soffrendo per l'ingiusta condanna, non è in grado di comporre "opere eccellenti" come desidera.(32)
Campanella chiese insistentemente di essere trasferito in  un carcere meno duro e di venir tradotto a Roma per sottostare ad un nuovo processo; finalmente, ai primi del gennaio, 1608 l'arciduca Ferdinando d'Asburgo, il futuro imperatore, indirizzò al viceré una commendatizia per Campanella, auspicando per lui carcere più umano e facoltà di scrivere. Tra marzo e aprile, Campanella viene trasferito in Castel dell'Ovo, dove resterà per sei anni in detenzione meno feroce, tanto da poter ricevere visite di ammiratori e discepoli e da aver agio di stendere la traduzione latina di molte sue opere, così da facilitarne la diffusione oltr'Alpe. 
Campanella scrisse anche  a Federico Cesi  scienziato e naturalista, fondatore dell'Accademia dei Lincei (33),  e comunica che ha inviato  Pietro Giacomo Favilla,  per "negoziare la libertà" del pensatore  e "la stampa deì libri" e chiede allo studioso di prodigarsi affinchè egli possa recarsi a Roma, approfittando del momento favorevole.(34)

                                                MEMORIALI

Campanella scrisse diversi memoriali nei quali proclama la propria innocenza e chiede la revisione del processo, inoltre, soprattutto in quelli composti mentre era incarcerato nella "fossa" a Sant.Elmo, sottolinea le condizioni disumane in cui vive e chiede  di essere trasferito in un altro carcere. I memoriali sono indirizzati al pontefice Paolo V, a cardinali, al re di Spagna Filippo III, all'imperatore Rodolfo II d'Austria. 

Un primo memoriale, sottoscritto da amici, parenti e discepoli, ma di stesura del Campanella, fu indirizzato a Monsignor Guglielmo Bastoni, Nunzio apostolico di Napoli  per sostenere l'innocenza del filosofo e  evidenziare le durissime condizioni del carcerato che "sta in una fossa posta sopra un'altra fossa d'acqua e le mura stillano acqua; e quando piove entra la pioggia; e non vede mai la luce; e ha sempre notte e inverno, con li ferri a' piedi, dormendo vestuto; è mezzo nudo, stracciato e smorto, con dolor di denti, di petto, di milza e di testa, che spesso cade  morto; nè ci è chi l'aiuti, nè chi possa vivere in quel luogo; mangia sette grana al dì a discrezione di un povero alguazile" (carceriere). Si è già cercato di mitigare le condizioni  del carcerato facendogli dare "letto e vestimento", "non si può spogliare per li ferri  e  per l'infirmità" il prigioniero "notte e giorno piange misericordia, bagnato, oscuro,afflitto e sotterrato solo." A  causa di tali condizioni disumane rischia di morire  all'improvviso, viene, quindi, chiesto  di trasferirlo in un carcere  meno disumano, affinchè possa curarsi e rivedere la sua causa; infine Campanella    sottolinea che i suoi nemici gli hanno impedito di presentare  i libri che aveva scritto in favore del sovrano, su richiesta del reggente della Vicaria di Napoli Martos  de Gorostiola Alfonso(35)
                                                                                               . 
In un successivo memoriale inviato al Pontefice Paolo V, il 13 agosto 1606, Campanella  sostiene che è "odiatissimo  in questo luogo" e che  non  può accettare  le accuse di ribellione nè d'eresia;  il principe è tanto irato contro di lui che non lo vuol ascoltare "avendo per sette anni ascoltato i possenti nemici" che si sono rivelati falsi,  non c'è nessuno  che possa parlare per lui,  poichè  sarebbe subito sospettato," pertanto può opporsi a tanta influenza  solo lo Spirito Santo che illumina la mente del Pontefice: "solo  Vostra Beatitudine in questa causa straordinaria, nella quale sempre quasi erraro li giudici inferiori e spesso li supremi, può fuor di timore e d'ira e di voglia venduta esaminare questo argomento come tutti i profeti, apostoli e Nostro Signore Cristo anzi li filosofi buoni e savi di tutte  nazioni moriro ...sotto il titolo d'eretici e ribelli, per zelo di Stato di principi e sacerdoti ." Tutti i funzionari "o per non parere d' aver errato, o per sostenere la bugia al Re e per tenere li premii ch'han ricevuto, occultano ogni cosa, e cercano per giudici "excutores saevitiae, non arbitros causae", per cui essendo egli "senza aiuto umano, poverissimo e afflittissimo," mentre loro sono potentissimi, si oppongono  che venga consegnato al pontefice per impedire che la verità venga conosciuta. Pertanto, Campanella chiede  che il pontefice  gli permetta di andare a Roma, in tal modo Sua Beatitudine potrà constatare che dice il vero.(36) 
Anche in questo memoriale, Campanella   sottolinea le condizioni orribili in cui è costretto a vivere in carcere: si trova in una fossa che va giù per per ventidue gradini, le mura "stillano acqua", e il suolo "è sempre bagnato", spesso entra la pioggia,  c'è sempre puzza e oscurità; più volte ha corso il rischio di morire, non gli danno medicine, è ancora vivo per un secreto di magia naturale e per regole  ch'egli usa "ma è tanto debole e d'infirmità pieno" che rischia di morire. Il filosofo conclude il memoriale sostenendo  che non parla per allungare la sua vita o fuggir la morte, ma solo per amore della verità e per il bene publico (37) 
Campanella scrisse ancora al pontefice Paolo V in data 12 aprile 1607, invoca l'intervento di Sua Santità, poichè erano ormai otto anni che si trovava "rinchiuso in sotterranei orrendi, tenebrosi, fradici, tra ferri, nudità e fame" due volte aveva patito il supplizio atroce del cavalletto, una volta quello della slogatura delle braccia e per quaranta ore era rimasto appeso  alla corda, con funicelle attorte che gli segavano le carni fino all'osso, seduto su un cuneo di legno taglientissimo che gli "segò quasi due libbre di carne e venti di sangue...dalle ferite aperte"; è riuscito a sopravvivere grazie al miracoloso intervento di Dio ed  è ancora in vita, anche se tormentato da terribili dolori, a cui può resistere solo grazie all'aiuto divino. Campanella, fa, poi, riferimento alle sue opere: "Del governo ecclesiastico" e " Contro Lutero e qualsiasi eretico novello"; afferma che nel primo scritto ha sostenuto che occorre fare "un solo ovile  e un solo pastore", nel secondo  ha affermato che Lutero è "l'ultimo precursore dell'Anticristo,"  ha dimostrato "che una sola fede è la vera";  sostiene che egli   è nato "per contrastare le scuole dell'Anticristo, per combattere Aristotele, il quale asseriva che il mondo è eterno e che gli equinozi e le stelle e i loro movimenti hanno ordine, sito e regola immutabili" e conclude che non è altro che "un infelice in una fossa, col bavaglio alla bocca, privo di avvocati che non siano degli insidiatori concessi solo per salvar la forma, senza libri, senza possibilità di esaminare gli articoli dell'accusa e di elaborare quelli della difesa" militano contro di lui "l'onore e il prestigio di un re potentissimo, pubblici accusatori che vogliono coprirsi di gloria, giudici nominati per mera formalità, impotenti nella clemenza, ma onnipotenti nel rigore" pertanto, non può   dimostrare la sua innocenza; insiste, quindi, di essere trasferito a Roma per poter avere giustizia (38) 

   Campanella scrisse ancora al Pontefice, insistendo di essere trasferito a Roma per una revisione del processo, ma le sue richieste rimasero inascoltate; Paolo V  era sostenitore dell'autorità pontificia e nutriva un alto concetto della sua missione; inoltre l'inizio del XVII secolo è caratterizzato da profondi contrasti di carattere religioso e politico che oppongono gli Stati europei e, in tali conflitti, il pontefice si schierò sempre a fianco degli Asburgo di Spagna e d'Austria.

    Campanella cercò di  ottenere ascolto presso il re di Spagna Filippo III  e l'imperatore Rodolfo d'Asburgo; al primo ricorda che i suoi scritti: "Alli principi d'Italia"e della"Regina di Scozia" sono a favore della monarchia spagnola e, in occasione della nascita dell'erede al trono, chiede "la grazia d'esser ascoltato secondo la legge, e che mi possa difender di propria bocca,"  supplica il sovrano che non lo lasci morire "in questa fossa diabolica;"  
   Inoltre, formula una serie di proposte per aumentare le  entrate del regno e promette di scrivere a favore della Monarchia , infine allega un elenco dei suoi scritti e conclude che,, almeno, sia lasciato andare a Roma "a dar conto di se stesso”(39).
    Scrive pure all'Imperatore d’Austria (40) : tutti si sono scagliati contro di lui e l'hanno sepolto"in una fossa fetida, fradicia e tenebrosa,"  promette al sovrano  di manifestare la sua innocenza e di diffondere la "verità del Vangelo conculcata da ipocriti e sofisti. Egli è calunniato  e perseguitato e soffre i patimenti in una "cisterna sotteranea,"  poichè il Re  di Spagna è tratto in inganno e il Papa è nell'impossibilità di agire, supplica l'imperatore che lo ascolti o lo faccia condurre in catene al suo cospetto, oppure comandi e ottenga che sia consegnato "al sommo Pontefice o al Re Cattolico, prima che perisca in balia dell'animosità di nemici che lo tormentano."
Campanella nel 1608 potò lasciare  "l'antro tenebroso" della prigione di Sant'Elmo per essere trasferito  al Castel dell'Ovo, dove rimase sino all'ottobre del 1614, quando fu nuovamente incarcerato a Sant 'Elmo per quattro anni. In una sua lirica, il pensatore esprime tutto il dolore di una prigionia ingiusta e dolorosa:

-Temo che per morir non si migliora
lo stato uman; per questo io non m' uccido:
chè tanto ampio di miserie il nido,
che, per lungo mutar, non si va fuora.
I guai cangiando, spesso si peggiora,
perch' ogni spiaggia  è come il nostro lido,
per tutto è senso, ed io il presente grido
potrei obbliar, com' ho mill'altri ancora.
Ma  hi sa quel che di me fia, se tace
Onnipotente? es' io non so se guerra
ebbi quand 'era altro ente, ovvero pace?
Filippo in  peggior carcere mi serra
or che l' altr' ieri, e senza Dio nol face.
Stiamci come Dio , vuol , poichè non erra.


                                                Sonetto nel Caucaso (41)   


                                     BIBLIOGRAFIA

Abbagnano, Storia della filosofia,  Vol. II, UTET,1963;
Amabile     Fra'  Campanella la sua congiura, i suoi processi, la sua pazzia, (ristampa anastatica) F. Pancallo Editore, 2009;
Campanella, Lettere,  Ed.Leo S. Olschi. 2010; 
Croce, Storia della filosofia vol. II, Laterza1968;
G. Ernst,   T. Campanella, Laterza, Bari, 2002;   
Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico,Vol II, Garzanti,   1970.       


Note:
1) L.Firpo, Introduzione a La Città del Sole, Laterza, 1997, p.X.
2) L. Firpo, op. cit. p.X
3) L. Firpo, op. cit. p.XII   
4) L.Firpo, op. cit., p. XIII
5) L.Firpo, op. cit., p. XIV.
6) L.Firpo, op. cit., p.XV
7) Firpo, op.cit.p. xviii
8) L.Firpo, op. Cit. p.XXI
9) T. Campanella, Lettere, a cura di Germana Ernst, Ed.. Leo Olschki, lettere n. 41,p 208. 
10) T.Campanella, op. cit lettera, n.44,p.224.scritta in latino; traduzione p.604.
11) T.Campanella. op. Cit.lettera , n. 92, p.339
12) T. Campanella, op. Cit. lettera 92 p. 340
13) T, Campanella op. cit.. lettera n.93, p. 340
14) T. Campanella op. cit.lettera n. 94 pag. 343
15) T. Campanella  op. cit. Lettera n. 95, pag. 344
16) T.Campanella op. cit. lettera  n. 64 p.280, traduzione p.607
17) T.Campanella. op. cit. lettera n. 90 p. 335-336 traduzione p. 
18) T. Campanella op. cit.. lettera n. 90 p. 336, traduzione p. 614
19) T. Campanella, op., cit., lettera n.91 p.615. traduzione p. 615
20) T. Campanella, op., cit., lettera n. 91 p. 337, traduzione p,613.
21) T. Campanella, op., cit., lettera n.31, p. 163.
22) T. Campanella op., cit., lettera n. 22 , p. 125 traduzione p. 561
23) T.Campanella, op. cit. Lettera 22, p.127,traduzione p. 561
24) T.Campanella, op., cit. Lettera n. 26, p.144, traduzione p.571.
25) T. Campanella, op. cit. Lettera n. 34, p. 173, traduzione p.584.
26) T.Campanella op. cit. Lettera n. 18, p. 108, traduzione p.555.
27) T. Campanella op. cit. Lettera n.21, p. 116.
28) T.Campanella, op., cit, lettera n. 24 dell'8 luglio 1607
29) Fra Serafino Rinaldi  da Nocera era confratello ed amico del Campanella e in buoni rapporti con il Vicerè
30) Scipione Caffarelli Borghese (1576 – 1633), potente cardinale nipote e segretario di stato di Paolo V
31) Ambasciatore spagnolo a Roma era Gaston de Moncada secondo marchese d'Antona, immortalato da Van Dyck in ritratto equestre;ambasciatore cesareo era Francesco Gonzaga
32) T.Campanella op., cit., lettera n. 24, p.131
33) F.Cesi ( 26 febbraio 1585  1 agosto 1630) apparteneva ad una nobile famiglia e s'impegnò, fin da giovane per un rinnovamento della cultura. Fondò, con il medico e naturalista olandese Johannes van Heeck, con il matematico Francesco Stelluti e con l'erudito Anastasio dei Filiis, l'Accademia dei Lincei. Nel 1611 Galilei entrò a far parte dell'Accademia insieme ad altre personalità italiane e straniere. Il Cesi ebbe rapporti amichevoli con Galilei e sostenne lo scienziato nelle scontro con     le autorità ecclesiastiche. Cesi condusse studi di botanica e sostenne la necerssità di una radicale riforma del sapere
34) T.Campanella. op. cit. Lettera n. 54, p. 255 Presumibilmente Campanella allude alla morte di Paolo V(28 gennaio 1621),e all'ascesa al soglio pontificio di Gregorio XV (9 febbraio) che era considerato una persona mite
35) Memoriale al reverendissimo Nunzio di Napoli, p.17.- Martos Gorostiola, era reggente della Vicaria di Napoli.  
36) T. Campanella op., cit., ,lettera n. 9.pp.24-31
37) T.Campanella.op., cit., lettera n. 9, pp..24-31
38) T.Campanella op., cit.lettera n.14 p. 75 e segg. Traduzione p. 533 e segg.


39) T. Campanella, lettera n. 10.p.36 e segg.
40) T.Campanella ib. Maggio 1607, lettera n.16 p. 98 e seg.
41) T. Campanella,  Le Poesie a cura di F.Giancotti,       Einaudi1998, p.287/288