I miti cosmogonici


I MITI COSMOGONICI



INTRODUZIONE CONTESTO STORICO


Le ricerche relative alla preistoria, alla topografia degli insediamenti e quelle di carattere linguistico non consentono ancora di avere un quadro esaustivo delle epoche più lontane del popolo greco: sappiamo che, all’ incirca dal 1900 al 1550 a.C., giunsero in Grecia gli Indoeuropei,  tribù nomadi guerriere provenienti dalla regione compresa fra il Baltico e l’ Asia interna. Il loro arrivo è da collegarsi, forse, con la distruzione di numerosi insediamenti in un’ampia zona della Grecia occidentale sino all’ Argolide. Le migrazioni indoeuropee verificatesi nel II millennio (1900-1550 – Medio Elladico) interessarono i territori dei Balcani, dell’area germanica e della penisola italica; tali migrazioni non furono un processo unitario, ma un afflusso discontinuo di tribù e di gruppi, provenienti da nord-est e da est, in flussi disgiunti; si alternarono periodi di pace  e di guerre, di lotte interne e di pacifica coesistenza; comunque, gli indoeuropei, sia pure gradualmente, giunsero ad affermare la loro supremazia  sui popoli greci originari, che i Greci chiamarono “Pelasgi”. L’ antica popolazione della Grecia ha lasciato tracce di sé nella lingua: i nomi di piante e di metalli, i termini relative alla pesca e alla navigazione  costituiscono una testimonianza dell’ influenza esercitata dalle popolazioni preindoeuropee. Di questo complesso periodo storico si conservò memoria nell’antica Grecia, come testimonia il grande storico Tucidide, che nel libro primo della sua Guerra del Peloponneso traccia un sintetico quadro degli eventi precedenti dell’epoca protostorica , della civiltà micenea e del Medioevo Ellenico.

Per quanto riguarda i rapporti tra gli antichi miti diffusi tra le popolazioni originarie e quelli degli Indoeuropei, alcuni storici ritengono  che, inizialmente, vi sia stata una “continuità”  come testimonia il miti di Eurinome, la Dea Madre dell’ epoca arcaica; mentre il mito di Urano indicherebbe un iniziale prevalere della religione olimpica che si affermò quando divennero prevalenti delle forme sociali e politiche del patriarcato; come testimonia il mito cosmogonico narrato da Esiodo nella Teogonia. 

Non soltanto in Grecia: tutti i popoli europei hanno elaborato miti cosmogonici; i più antichi miti risalgono, presumibilmente, all’ età neolitica, quando le credenze religiose erano basate sul culto della dea Madre;(1) mutamenti profondi si verificarono a partire dal 2000 a.C., quando  invasori indoeuropei (il popolo delle Asce da combattimento) occuparono i territori della Germania e della  Scandinavia; progressivamente le strutture socio-religiose si trasformarono  assumendo connotazioni di tipo patriarcale; le principali divinità preesistenti  dovettero sottoporsi alla volontà dei nuovi dei. L’ unico territorio europeo che non conobbe l’ invasione delle popolazioni indoeuropee è la Finlandia abitata dall’ antico popolo dei Finni;  Tacito dice che: “I Finni sono estremamente selvaggi e vivono in miserabile povertà. Non hanno armi, né cavalli, né abitazioni; vivono di erbe, si vestono di pelli e dormono per terra e  le loro frecce,per la mancanza di ferro, hanno punte d’ osso.” (2)I Finni  adoravano la “Madre terra” (che può essere paragonata alla Demetra greca) e numerose divinità della foresta (in maggioranza femminili) sia benevole  che malvagie; il racconto mitico più noto è il Kalevala,  un poema che celebra le imprese degli eroi mitici e narra le origini del cosmo. 

A parte occorre considerare la mitologia egizia, in quanto l’Egitto non fu interessato alle migrazioni indoeuropee, soprattutto dopo la sconfitta inflitta agli Ittiti nella battaglia di Kadesh (1275) dal faraone Ramses II. La cultura egiziana era considerata, nel mondo antico, come la più evoluta ciò spiega la complessa trama di influenze che la religione e la mitologia egizia hanno avuto nel mondo europeo mediterraneo. Per quanto attiene i miti egizi, attualmente si ritiene che essi siano distinti tra loro  e che  differiscano secondo l’ area  di provenienza; e che abbiano caratteristiche proprie rispetto a quelli dell’ area europea e mediterranea. Occorre tener conto, infatti, che dopo il periodo preistorico, nel 3000 circa a. C., Menes unifica il regno del Nord (Delta del Nilo) con il Basso Egitto (Alto Egitto); capitale fu Tinis,  durante le prime due dinastie; successivamente la capitale divenne Menfi che si trova nel punto in cui le terre del Delta e l’ Alto Egitto si congiungono.

Il faraone era dio in terra e  doveva conservare anche “l’ ordine” cosmico che dipendeva da lui; tale principio si rafforza nella IV dinastia, quando vennero costruite le piramidi di Cheope – Chefren – Micerino. L’antico regno si conclude con  la VI dinastia, tale lungo periodo fu caratterizzato dai tentativi di espansione con spedizioni militari e commerciali: le spedizioni militari vennero effettuate nella Nubia e in Libia, mentre abbiamo  scambi commerciali con i regni babilonesi, con la Fenicia per il legname, soprattutto il cedro e  con il Sinai  per il rame. Occorre sottolineare che la donna ha  parità di diritti con l’ uomo e sia nobile, che sposata, che vedova o divorziata possiede e amministra direttamente  le sue proprietà e può disporre dei suoi beni a suo piacimento. In tale contesto, le divinità  femminili  assumono una particolare rilevanza; tra le divinità femminile emerge Iside che si presenta in molteplici contesti, ma l’ aspetto tipico della dea è quello della madre.   







 CARATTERE DEL MITO 


Il mito attinge alla sfera del "sacro:" in questo senso la mitologia ha,  come oggetto, "il divino”,  pertanto: “Il vero mito è sempre un mito di dei”.(3)

I miti cosmogonici(4) costituiscono un primo tentativo di fornire una risposta agli interrogativi circa l’origine dell’universo e di dare una visione del cosmo come un tutto ordinato.  Tutte le civiltà hanno elaborato miti cosmogonici a testimonianza  che l’ umanità ha cercato di spiegare come si è formato il cosmo ordinato, creando miti  che furono creduti quali verità “sacre ed intangibili”(5) Nei  miti più antichi si attribuisce ad una dea Madre l’origine dell’ Universo; successivamente, vennero introdotte divinità maschili segno di un progressivo passaggio al patriarcato.

E’ opportuno evidenziare che Vico, nella sua opera “La Scienza nuova”, sostiene  che i  primi poeti teologi “si finsero la prima favola divina:” in tal modo ebbe inizio la civilizzazione dell’ umanità: “i primi uomini stupidi insensati, ed orribili bestioni”(6)  abbandonarono i loro costumi e crearono le  prime forme di società organizzata. I miti, pertanto, non sono da considerarsi come  “invenzioni”, ma esprimono una visione ed un’ interpretazione del mondo.


                              

                                        I MITI GRECI


I miti greci più antichi risalgono, presumibilmente, all' epoca neolitica, quando era venerata la “Grande Dea Madre” e l' idea di paternità non si era ancora affermata; tali miti  riflettono i rapporti sociali e politici che hanno caratterizzato il matriarcato. I più antichi miti pelasgici narrano che, all' inizio, Eurinome, Dea di tutte le cose, emerse nuda dal Caos e non trovò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò  “una danza sulle onde", danzando si diresse verso sud, mentre il vento turbinava alle sue spalle; all' improvviso Eurinome si voltò, afferrò il Vento del Nord, lo soffregò tra le mani ed apparve il serpente Ofione. Eurinome continuò a danzare sempre più selvaggiamente, finchè Ofione avvolse, con le sue spire,  le membra della dea e si accoppiarono, poichè il Vento del Nord è un vento fecondatore. Eurinome rimase incinta, la dea, volando sul mare, assunse la forma di una colomba e, quando fu il momento, depose l' Uovo Universale;  Ofione si arrotolò sette volte attorno all' uovo che si schiuse e ne uscirono tutte le cose esistenti, figlie di Eurinome: il sole, la luna, i pianeti, le stelle, la terra con i suoi monti, con i suoi fiumi, con i suoi alberi, con le erbe e le creature viventi.   Eurinome e Ofione si stabilirono sul Monte Olimpo, ma Ofione irritò la dea vantandosi di essere creatore dell’ universo; Eurinome, allora, lo relegò nelle buie caverne sotterranee; la Dea creò "le sette potenze planetarie” e mise a capo di ciascuna di esse un Titano o una Titanessa Il primo uomo fu Pelasgo, capostipite dei Pelasgi, egli emerse dal suolo dell' Arcadia e fu seguito da altri uomini ai quali Pelasgo insegnò "come fabbricare capanne e come nutrirsi di ghiande, cucire tuniche di pelle di porco."(7)

Omero, nell’ Iliade allude ad un altro antico mito sulle origini del mondo;  secondo tale mito Oceano è “padre degli dei”, e Teti la madre e dal loro congiungimento, nacquero figli e figlie: le dee Oceanine; quando la procreazione ebbe fine, a Oceano, subordinato al potere di Zeus, rimase solo la facoltà di fluire in circolo, di alimentare le sorgenti, i fiumi e il mare.

Occorre pure ricordare i miti orfici sulle origini del mondo: il mito narra che,  in principio, esisteva la Notte – ricordata pure da Omero nell' Iliade -  che aveva l' aspetto di un uccello dalle ali nere.  venne fecondata dal vento e depose un uovo d' argento nell' immensa oscurità; dall' uovo balzò fuori un dio con le ali d' oro, Eros, che “mise in moto l’ universo;” egli creò la terra, il cielo, il sole e la luna;  imperò sull’ Universo la  Notte, finchè il suo scettro passò nelle mani di Urano(8) Il mito più noto è quello narrato da Esiodo, abbiamo scarse notizie di carattere biografico relative a Esiodo; sappiamo solo che è vissuto nel VI sec. a. C., pare che fosse un piccolo proprietario terriero;  in gioventù pascolava le pecore sul monte Elicona come possiamo desumere dalla Teogonia; mentre pasceva gli armenti, le Muse si  rivolsero  a lui garantendogli che gli avrebbero ispirato "cose vere."  Nella Teogonia Esiodo afferma che primo fu il Chaos, che non è una divinità, ma l’immenso vuoto dove tutto è confuso (si potrebbe, forse, paragonare alla situazione esistente prima del big - bang) e mescolato insieme; poi dall’abisso emerse Gea ( o Gaia) – la terra  "dall' ampio petto" ed Eros "il più bello fra gli dei immortali”  Dal Chaos nacquero Erebo e la nera Nyx (la Notte); Nyx si unisce con Erebo e partorisce l' Etere ed Emere (il giorno). Gaia generò, in modo autonomo, Urano che l' avvolgesse tutta d' intorno (l' abbracciasse), che fosse agli dei beati sede sicura per sempre;", quindi genera i monti “grato soggiorno alle dee  Ninfe che hanno dimora sui monti ricchi d’ anfratti” e il mare “infecondo di furore furente; generò tutto ciò senza accoppiamento; poi "giacendo con Urano" generò Oceano, i Titani, - sei maschi e sei femmine - i Ciclopi, Bronte, Steropes e Arges, quindi altri tre figli Cotto, Briareo e Gyge. Esseri terribili e mostruosi: dalle loro spalle si protendono cento mani, e dalla testa di ognuno di loro spuntano cinquanta teste. Ogni notte Urano si univa a Gaia, ma egli odiava i suoi figli per cui la Dea li nascondeva all' interno della cavità della Terra, ma il peso dei figli divenne intollerabile per la dea che fabbricò una falce, quindi, disse ai figli che avrebbero potuto vendicarsi di un padre scellerato. Solo Crono accettò di vendicare la Madre; Gaia gli diede la falce e gli spiegò con quale stratagemma avrebbe potuto colpire Urano; di notte, quando Urano avrebbe abbracciato la terra, coprendola tutta, doveva colpire il padre. Crono, giunta la notte, uscì dal suo nascondiglio, afferrò Urano con la mano sinistra e con la destra prese la falce e recise i genitali e li gettò via dietro di sè. Gaia accolse in sè le gocce di sangue di Urano, che era sprizzate ovunque e, così fecondata, generò le Erinni, i Giganti, le ninfe chiamate Melie;  Crono afferrò i genitali di Urano , li gettò  nel mare. “e furono portati al largo, per molto tempo:

 “attorno bianca

la spuma dall’ immortale membro sortì, e in essa una fanciulla

 nacque, e dapprima a  Citera divina

giunse, e di lì poi giunse a Cipro molto lambita dai flutti;

lì approdò, la dea veneranda e bella, e attorno l’ erba 

 sotto gli agili piedi nasceva; lei Afrodite,… 

chiamano dei e  uomini, perché nella spuma nacque” (9)

Crono sposa la sorella Rea e, avendo appreso dalla madre  che sarebbe stato spodestato da uno dei figli, li inghiottiva subito dopo la loro nascita; 

Ma questi li divorava il grande Kronos, non appena ciascuno

 dal ventre della sacra madre ai ginocchi arrivava, e ciò escogitava perché nessun altro degli illustri figli di Urano fra gli immortali avesse il potere regale.”(10)

 Rea, quando partorì, Zeus lo portò "in un antro scosceso" dove nascose il neonato, quindi prese una grande pietra, l' avvolse nelle fasce e la dette a Crono che la inghiottì. Zeus crebbe forte e coraggioso e, giunto all' età adulta, vinse Crono con l' inganno e lo costrinse a vomitare i figli che aveva ingoiato. Zeus liberò non solo i propri fratelli, ma anche i fratelli di Crono, incatenati da Urano, che lo ringraziarono donandogli  il tuono ed il fulmine. 

Zeus e gli altri Dei lottarono per dieci anni contro i Titani, finalmente, consigliati da Gaia, fecero uscire dal Tartaro i Ciclopi, esseri con un solo occhio (Bronte, Sterope, Arge) e i mostri dalle cento braccia (Ecantochiri Briareo, Gie, Cotto). La lotta fu terribile: i gli Ecantochiri scagliavano massi enormi contro i Titani :

 “Essi allora contro i Titani si levarono in lotta terribile,

rocce scoscese nelle forti mani serrando.

I Titani, di contro, rinforzarono le schiere,

risoluti, e mostrarono insieme l’opera e di mani e di forza,

gli uni e gli altri; e terribile intorno muggiva il mare infinito 

e la terra molto rimbombava e gemeva il cielo ampio

scosso, e fin dal basso tremava il grande Olimpo

allo slancio degli immortali, e dei piedi il tremore giungeva profondo

al tartaro oscuro, e impetuoso il rimbombo

dell’ indicibile battaglia e dei colpi violenti.” (11)   

I Ciclopi fecero dono a Giove di un elmo che rendeva invisibile e a Poseidone  donarono il  tridente per scuotere la terra e il mare; lo scontro si concluse con la vittoria degli dei Olimpici, Crono e i Titani furono incatenati nel Tartaro e gli Ecatonchiri divennero i loro guardiani; Poseidone, per impedire ai Titani di uscire, chiuse il Tartaro con una porta di bronzo e costruì un muro che chiude da tutte le parti. 

 “Là della terra nera e del tartaro oscuro,

 del mare infecondo e del cielo stellato,    

di seguito, di tutti, vi sono le scaturigini e i confini,

luoghi penosi e oscuri che anche gli dei hanno in odio;

voragine enorme, né tutto  un anno abbastanza sarebbe

per giungere al fondo a chi passasse dentro le porte,

ma qua e là lo porterebbe tempesta sopra tempesta

crudele; tremendo anche per gli dei immortali,

tal è il prodigio; e di Nyx oscura la casa terribile

s’ innalza, da nuvole livide avvolta.”(12) 

 Terminava, definitivamente, il regno di Crono  ed aveva inizio quello del figlio, Zeus, il dio “dall’ ampio sguardo.” che assunse il comando degli  immortali     e “bene distribuì loro gli onori” (13)

 Si può notare che nel mito narrato da Esiodo, come negli altri miti cosmogonici greci, manca il concetto della creazione ex nihilo, presente nel racconto biblico: ogni cosa è prodotta da un' altra sino a giungere al Kaos che preesiste, ma di cui non sono indicate le origini; Kaos non è una divinità, ma è un immenso “vuoto” dove domina il buio assoluto e il disordine;  attraverso le successive generazioni di dei, si procede verso un Cosmo ordinato che viene conseguito dal momento il cui Zeus diviene il sovrano degli dei e degli uomini.

E’  possibile individuare alcune somiglianze tra la Teogonia e testi  elaborati nell’ area Medio-orientale: la successione di Urano – Kronos – Zeus è simile a quella di   un testo ittita del XIII sec.a.C. dove si narra  della lotta per la supremazia tra gli dei Alalus – Anu – Kumarpi – Dio delle tempeste ; anche nel racconto ittita il dio Anu, il cui nome significa cielo, può essere identificato con  Urano, entrambi vengono evirati e dalla mutilazione nascono altre divinità; Kumarpi detronizza Anu, porta dentro di sè la prole generata dai genitali di Anu che ha ingoiato, mentre  Kronos divora la sua prole. Tali concomitanze, però, si riferiscono ad aspetti esteriori, mentre ben diversa è la visione che Esiodo propone: egli, infatti, mira ad evidenziare il processo attraverso il quale dalle tenebre del Kaos, che comunque permangono, scaturisca l’ universo; i diversi eventi sono tra  loro collegati , si potrebbe dire, secondo lo schema causa-effetto.  Inoltre, sussiste un’ altra differenza importante: Esiodo  introduce quale divinità la terra: Gea che prima di congiungersi con Urano, produce, autonomamente, delle divinità; nella Teogonia, quindi, possono essere individuati elementi di una società matriarcale che ormai volge al tramonto.  La Teogonia  può essere considerata come un tentativo  di  fornire una visione “sistematica” del mondo divino e di quello naturale: dal Kaos originario, all’ improvviso, sorge  Gaia; quindi appare  Eros “il più bello fra gli dei immortali;”dopo che sono apparse queste  divinità si avvia una progressiva organizzazione del mondo. Esiodo, pertanto, introduce due importanti principi:  innanzi tutto il mondo è considerato  un cosmo ordinato, in secondo luogo viene introdotto   il principio del divenire, del mutamento, principio che costituisce il fondamento delle indagini di alcuni filosofi presocratici;  ma è        irrisolto il problema del passaggio dal caos iniziale al cosmo ordinato e non è affrontato il  problema del tempo.

 

I MITI EGIZI


Abbiamo molteplici cosmogonie egizie; le più note sono quelle dei quattro centri sacerdotali di Eliopoli – di Ermopoli – di Tebe – di Elefantina; tutte si basano sulla credenza di un ente creatore e, ogni zona, vede nel suo nume tutelare l’artefice dell’Universo.

La Cosmologia di Eliopoli è nota attraverso i “Testi delle Piramidi:” il mito narra che il Sole (Atum-Ra) intervenne per ordinare il Caos primitivo; il Sole generò, autonomamente, una coppia divina: l’aria secca e l’ aria umida; questa coppia generò Geb (il dio terra) e Nut (la dea cielo); da questi nacquero quattro figli: Osiride, Iside, Seth e Nefti che diedero origine all’ umanità.

La Cosmologia di Ermopoli  (nel Medio Egitto) narra che il  Dio Thot depose su un tumulo primordiale, scaturito dal Caos,  (forse il Nilo in piena) un uovo covato da quattro dei maschili con la testa di rana e da quattro dee femminili con la testa di serpente:

Nun e Nanhet, le acque primigenie;

Het e Hanhet, l’infinito;

Kekou e Keket, le oscurità;

Amon e Amanuet l’ignoto 

Quando l’uovo si schiuse nacque il sole.

Il racconto, passato a Tebe, subì dei cambiamenti: l’uovo viene creato e dall’ uovo nasce il Dio – Sole, Amon. 

Teologia di Menphi:

La cosmogonia di Menphi è narrata in un documento molto antico, risalente alla V dinastia e ci è giunto nella copia epigrafica fatta incidere dal faraone Sciabaka della  XXV dinastia; la creazione  del mondo è opera di Ptah, che con il  cuore, sede della volontà, e con la lingua, la parola che dà la vita, ha generato otto emanazioni di sé;   inoltre ha creato le città, e i distretti egizi, ha insegnato agli uomini l’ agricoltura.

 La narrazione mitica è profondamente spirituale: la creazione avviene grazie al “logos” ed a un atto di volontà divina;  accenti di profonda religiosità possono essere colti nell’ Inno ad Ammone-Ra che risale al tempo di Amenofi II;


“Ammone è colui che ha creato l’ erba che fa vivere il bestiame,

e l’ albero da frutta per gli uomini,

che ha creato ciò di cui vivono i pesci nel fiume

e gli uccelli del cielo,

che fa respirare l’ embrione nell’ uovo,

fa vivere il figlio del rettile,

che ha creato le zanzare, e i vermi, e le pulci,

che ha creato ciò che è necessario ai topi nei loro buchi,

che fa vivere gli uccelli su tutti gli alberi..

un buon pastore che passa le notti sveglio,

mentre tutti gli uomini si riposano….

che cerca insistentemente ciò che giova al suo bestiame”

Un altro Inno, (Papiro di Leida) di poco posteriore al precedente, così esalta Ammone-Ra:

“Gli occhi degli uomini luccicano, gli orecchi sono aperti

Tutte le membra son rivestite quando viene il suo splendore…

Gli uomini cominciano a guardare,vedendo per mezzo suo.

Tutti gli alberi si agitano alla sua presenza,

si volgono al suo unico occhio mentre le foglie si schiudono.

I pesci saltano nell’ acqua…

Tutto il bestiame sgambetta alla sua presenza,

gli uccelli danzano con le loro ali:

esso lo conoscono nella sua buona stagione,

vivono alla vista di lui durante il giorno..”(14)

Finora abbiamo analizzato i miti del mondo antico. Sono tràditi a partire dal Medioevo anche i miti di popolazioni che non ebbero uno sviluppo storico pari alla civiltà greca o egizia e da cui rimase assente la scrittura per secoli: i loro racconti sono giunti a noi grazie a rielaborazioni e raccolte letterarie di epoca basso medioevale, tardo medioevale e moderna (età del Romanticismo). Probabilmente si tratta di una messa per iscritto di antichissime tradizioni orali, la cui origine si perde nella notte dei tempi: narrano la mitologia del popolo finnico e del popolo nordico-vichingo.





IL KALEVALA


La prima edizione del “Kalevala” apparve nel 1835; trattasi di una raccolta di canti (rune) realizzata dal medico finlandese Elia Lonnrot appassionato cultore delle tradizioni finniche e convinto che tali canti costituissero una manifestazioni dell’ anima popolare. Lonnrot, dal 1828, compì diversi viaggi nella Carelia, in Lapponia, nella penisola di Kola, in Estonia e nella Lapponia per raccogliere il materiale e, successivamente, con un lungo e paziente lavoro durato 21 anni – dal 1828 al 1849 - collegò i  canti tra loro, raggruppò i vari frammenti, creando, in tal modo, un poema  in cinquanta canti per un complesso di 22.800 versi. L’opera può essere considerata come una raccolta di  miti, alcuni di origine assai antica e vi si possono distinguere tre filoni principali: la formazione del cielo e della terra; la conquista della bella fanciulla della Lapponia “gloria della terra, ornamento delle acque, risplendente nelle candide vesti,” da parte  del poeta Vainamoinen, del fratello, fabbro molto esperto e di un terzo personaggio Lemminkainen; infine la spedizione che i tre eroi fecero, per la conquista di uno strumento che avrebbe diffuso la prosperità sulla terra  

Secondo il mito della creazione, Luonnotar, la bella figlia dell’ aria, così chiamata poichè aveva preso vita nell’ aria, o Ilmatar – figlia della Natura -  dopo essere vissuta per lungo tempo nei recinti del cielo, scende  sul mare e viene fecondata dal vento  e dalle acque, ma la dea non riesce a partorire e, sofferente per la lunga gravidanza, galleggia senza meta sulle acque; mentre è distesa sulla superficie delle onde,  una folaga, che era alla ricerca di un luogo dove deporre le sue uova, scorge  il ginocchio di Luonnotar che sporge  dalle onde, si avvicina, depone sei uova d’ oro ed una di ferro  sul ginocchio e cominciò a covarle; dopo tre giorni  la dea scuote forte il ginocchio, le uova cadono nell’acqua, vanno in frantumi ed assumono nuova forma: la metà inferiore del guscio divenne la terra, la metà superiore la volta celeste, il giallo tuorlo divenne  il sole, il bianco  la luna splendente, quello che era lo screziato diede origine alle stelle e all’ aria. La dea continua a vagare sulle acque per nove anni ,  finalmente solleva il capo dal mare, stende le mani e dà origine ai promontori;  dove preme  i piedi, si formano i fondali marini;  quando si tuffa si formano profondi abissi;  quando piega il capo si formavano i golfi,  sparge il mare di isole e crea scogli nascosti; solo dopo aver terminato l’ opera di creazione, la dea darà alla luce il figlio che, per settecento anni, aveva portato nel ventre. E questi è Vainamoinen.

Il Kalevala può essere considerato una costruzione letteraria compiuta da Elias Lonnrot in base al materiale popolare da lui raccolto; i canti  sono messi insieme  dal Lonnrot secondo una scelta che consentisse di creare un’  opera unitaria e coerente. Analizzando il mito cosmogonico, possono essere individuati due motivi principali: il motivo della dea primordiale che discende dal cielo e trova un’ infinita distesa di acqua: il mare; quello della folaga che vola sopra le acque per trovare un luogo dove deporre le uova. La splendida fanciulla, Ilmatar “figlia dell’ aria” o Luonnotar “figlia della natura” per lungo tempo vive solitaria “nei recinti ampi dell’ aria;” l’aria potrebbe essere intesa come il  Caos primordiale, che non viene descritto, il mito prende avvio dalla dea 

figlia dell’ aria,

 vergine leggiadra” che “lungo tempo visse pura,

 casta sempre si mantenne,

 nei recinti ampi dell’ aria

nella volta solitaria.” 

Ma la dea sente “noia”e non sopporta più la sua solitudine e non vuole più vivere “verginella, nei recinti ampi dell’ aria,” scende dalla volta dell’ aria e si immerge in un mare infinito; a questo punto ha inizio l’opera creatrice della dea  Nel mito s’ inserisce quello dell’ uccello creatore; secondo questo mito l’ universo sarebbe sorto dai frantumi delle uova deposte dalla folaga che si è posata sul ginocchio di Ilmatar ed ha costruito lì il suo nido dove ha deposte sei uova d’ oro ed uno di ferro  che, rompendosi, si trasformano nel cielo, nella terra, nel sole, nella luna, nelle stelle e nelle nubi. Secondo alcuni interpreti si tratta di due miti distinti  ed è difficile stabilire se ciò è dovuto a Lonnrot o se l’ intersezione tra i due miti sia avvenuta precedentemente; in effetti nel Kalevala i due miti si sovrappongono ed attribuiscono alla folaga la cova dell’ uovo cosmico da cui nasceranno il cielo, la terra,le stelle, mentre Ilmatar crea la terraferma; presumibilmente il mito dell’ uovo cosmico precede  quello della dea Ilmatar, ma si potrebbe anche interpretare la copresenza dei due miti nel senso che la creazione è frutto della cooperazione tra una divinità creatrice ed un uccello acquatico, motivo presente nell’ area uraloaltaica.  

Il mito non sembra avere alcuna analogia con altri miti europei, ciò, forse, dipende dal fatto  che le popolazioni  uralofinniche, non ebbero rapporti con altri popoli e, soprattutto, non vennero in contatto con gli Indoeuropei; l’eterea, l’evanescente Lunnotar (figlia della natura) o Ilmatar (figlia dell’ aria) emerge dal caos primordiale come entità autonoma e distinta; da  lungo tempo  la dea galleggiava “nei recinti ampi dell’ aria,” indistinta dall’ aria circostante, senza aver cognizione del tempo; quando  consegue  la propria identità, si rende conto della sua solitudine:

“De’ suoi giorni sentì noia,

 sazietà della sua vita,

di star sempre sola sola

e di viver verginella 

nei recinti ampi dell’ aria

nella volta solitaria”(16)

Luonnotar si lascia scivolare sulle acque di  un oceano infinito; il vento e l’ acqua del mare fecondano Luonnotar, non riuscendo a partorire, la dea scivola sulle acque, in mezzo al fluttuare delle onde, senza meta, per lunghissimo tempo.. Infine  dall’ immenso oceano comincia ad apparire la terra ferma come se emergesse dal liquido per un fenomeno di aggregazione e cominciano ad apparire le coste, gli estuari, le isole.

Al mito di Luonnotar,s’ inserisce quello “dell’ uccello creatore”, secondo questo mito l’ universo ha avuto origine dalle sette uova deposte dalla folaga; le uova  si rompono e danno origine al cielo, alla terra,al sole, alla luna, alle nuvole e alle stelle. Secondo alcune interpretazioni  i due miti s’ intersecano, secondo altre letture  il mito dell’ uovo cosmico è più arcaico ed appartiene alle più antiche culture uraloaltaiche. 


MITI COSMOGONICI NORDICI


L’ origine del mondo, secondo i miti vichinghi, è il nulla, inteso come vuoto o come un baratro; nel baratro in cui è contenuto il nulla si manifestano due mondi: quello del freddo, dell’ umidità e del buio, in mezzo ad esso vi è un pozzo gelido da cui hanno origine molti fiumi “impetuosi e scroscianti;”  dalla parte opposta fu fatto un altro mondo  asciutto, torrido e ricco di luce; ne guarda i confini Surtr, un gigante di fuoco armato con una spada fiammeggiante. 

Era l’ inizio dei tempi,

quando nulla esisteva,

non c’ era sabbia né mare,

né fresche onde;

 non c’ era la terra

né il cielo  lassù, 

c’ era il baratro degli abissi(17)

Si narra che i fiumi giunsero molto lontano dalla loro sorgente e “Il lievito velenoso che li accompagnava in superficie si indurì e divenne ghiaccio;”  dal veleno si formò una pioggerella che cadde stratificandosi in brina Il baratro, pertanto, era diviso in due parti ben diverse: quella settentrionale immersa nel buio,  bagnata da una pioggia gelida e battuta da un vento freddo; l’altra, che si trovava a meridione, invece era calda e illuminata. Quando la brina gelida s’ incontrò con il vento caldo proveniente da sud,  si sciolse e formò molte gocce, da quelle goccia ebbe origine la vita. Il primo essere fu il gigante Ymir, che fu il progenitore della stirpe dei giganti. Si dice che, mentre dormiva stillò due gocce di sudore da una nacque l’ uomo, dall’ altra la donna; uno dei piedi di Ymir generò  un terzo figlio che aveva sei teste. Dalle gocce di brina nacque  una mucca, dalle sue mammelle scorreva quattro fiumi di latte; la mucca leccò delle pietre ghiacciate, che erano salate e, verso sera, dalle  pietre nacque Buri che generò Borr che si unì con Bestla che partorì tre figli Odino, Vii e Vè. I figli di Borr uccisero Ymir, quindi lo portarono nel mezzo del baratro degli abissi e da Ymir trassero il mondo: con la carne fecero la terra, con il sangue l’ acqua e il mare, con le ossa le montagne, le pietre con i denti , il   cranio la volta  del cielo. Quattro giganti sono stati posti agli angoli della terra dove sorreggono il cielo; infine gli dei “avvinsero l’ oceano attorno alla terra come un anello: esso è profondo e pericoloso, difficile da traversare per gli uomini.” Al limite della terra,  sulle spiagge del mare, venne data dimora ai giganti, con le sopracciglia di Ymir venne fatto un recinto al centro del mondo destinata ad accogliere gli uomini; infine gli dei presero il cervello di Yamir e lo gettarono in aria, da esso ebbero origine le nubi.(18)

Dalla carne di Ymir fu fatta la terra,

dal suo sangue il mare,

dalle ossa le montagne,gli alberi dalla chioma,

dal cranio il cielo.


Dalle sue sopracciglia fecero gli dei benedetti

Miogaror  il recinto per i figli degli uomini 

dal suo cervello furono tutte le tempestose

nuvole create.

Il mito contiene alcuni elementi simbolici: le gocce che si formano quando la brina si scioglie: le gocce d’acqua sono simbolo dell’inizio della vita e della fecondità; analogamente il sudore causato dal calore e, quindi, vivificante è una forza creatrice, analogamente, il venticello caldo costituisce un principio vitale.    


      CONCLUSIONE


Tutti i popoli hanno creato  miti cosmogonici che hanno come protagonisti divinità maschili e femminili; i miti più antichi dell’ area mediterranea privilegiano la figura femminile, come nel mito pelasgico di Eurinome (vagante in ampi spazi). La dea  emersa nuda dal Caos, dopo aver diviso il cielo dal mare,  intreccia  una danza sulle onde, ed ecco apparire il serpente  Ofione che avvolge la dea nelle sue spire e si accoppia con lei. Eurinome depone l’ Uovo universale e, per ordine della dea, Ofione si arrotola sette volte attorno all’ uovo che, finalmente si schiude, dando origine a tutte le cose: il sole, la luna,  i pianeti, le stelle, la terra con i monti , i fiumi, gli alberi, le erbe e le creature viventi. Infine Eurinome creò i sette pianeti  e mise a capo di ognuno di essi un Titano o una Titanessa, per ultimo creò il primo uomo: Pelasgo, capostipite dei Pelasgi. Dai miti più antichi si può desumere che nel primitivo sistema religioso non vi sono Dei, ma  solo una “Dea Universale,” e, poiché si riteneva  che la donna rimanesse incinta grazie alle virtù fecondatrici del vento, o delle acque, la paternità “non veniva tenuta in nessun conto.”(19) 

Successivamente, con l’arrivo in Europa delle popolazioni Indoeuropee, si affermò la religione olimpica, prevalsero le divinità maschili; ma per quanto attiene i miti cosmogonici,  divinità maschili e femminili coesistono: nel racconto esiodeo la Madre Terra, Gaia, emerge dal Caos primordiale e, autonomamente, genera, simile a sé, Urano “stellato” con il quale si unisce dando origine ai Giganti dalle cento braccia, ai Ciclopi, alle Ninfe “che hanno dimora sui monti ricchi d’ anfratti,”  il mare infecondo, l’ Oceano “dai gorghi profondi,” Theia, Rea, Themis e Mnemosyne ed infine Kronos. Analogamente nei miti dell’ area europea, dal Caos primigenio, emergono divinità maschili e femminili  che danno origine al Cosmo ordinato, secondo un processo che si distende nello spazio e nel tempo. Si cominciò a dividere il tempo secondo il ciclo delle lunazioni: l’anno fu diviso in mesi di 28 giorni,, vennero calcolati, sia pure in modo approssimativo i solstizi e gli equinozi che si facevano coincidere con la luna piena più vicina(20)

Pare che le invasioni delle popolazioni  indoeuropee abbiano indebolito in modo considerevole le tradizioni matrilineari: si affermò il principio della   successione paterna; lo sposo  non abbandonava più la casa paterna  in caso di matrimonio, ma era la donna che doveva seguire il marito; infine anche la genealogia divenne patrilineare, anche se, secondo la testimonianza dello pseudo Erodoto nella “vita di Omero,” “quando la Festa della Parentela Maschile, sostituì la festa della Parentela Femminile, i riti comprendevano ancora sacrifici alla dea Madre ai quali gli uomini non potevano assistere.” (21)

Quasi tutti i miti cosmogonici presentano alcune analogie: l’ origine del cosmo, in genere, è attribuito ad una divinità femminile, successivamente interviene una divinità maschile; tale fenomeno viene interpretato come segno del passaggio dalla società matrilineare a quella patriarcale. Un altro elemento presente in molteplici miti  è quello dell’ uovo cosmico che può essere inteso come simbolo dell’ unità e della totalità che precede la nascita dell’ Universo, pertanto si differenzia dal Caos iniziale, poiché il Caos può essere considerato come un abisso tenebroso dal quale emerge  la divinità che segnerà l’ inizio della formazione del cosmo.  Il mito dell’ uovo cosmico, probabilmente, ha avuto origine nella Mesopotamia tra il III e il II millennio a.C. e si diffuse in India, in Cina, nell’ area  mediterranea dove i Pelasgi e i Traci elaborarono i  miti dell’ uovo cosmico e in quella del Mar Nero, di qui  si diffuse verso il centro Europa, il Baltico e la Russia Meridionale; la diffusione avvenne attraverso  le vie commerciali, la navigazione e le conquiste militari; è sufficiente ricordare le conquiste di Sargon il grande (2334-2279) e di Hammurabi.

Occorre tener conto che, per quanto attiene le epoche precedenti la scrittura, abbiamo scarse e imprecise notizie, pertanto si possono fare solo delle congetture; anche se le ricerche archeologiche e lo studio dei documenti possono offrire materiale per un’ analisi dei miti  sotto il profilo storico e religioso; mancando i documenti scritti, gli studiosi cercano di stabilire le connessioni tra i miti elaborati presso popolazioni diverse, ma che mantengono strutture simili,  anche attraverso l’ indagine fonologica; ad esempio la parola “uovo” ha radici accadiche (uwwu – uwum) da cui derivano i termini greci (oon  oion), latino (ovum).
La fonologia, quindi, può costituire un utile strumento per individuare le “radici” delle parole  comparare i diversi termini e stabilire il nesso che le collega (22) 

  I miti si esprimono attraverso immagini simboliche e, in genere, sono cantati dai poeti che, in tal modo, hanno cercato di fornire una spiegazione circa l’ origine del “Tutto;” ma nell’ area greca, a partire dal VI secolo a.C., prima nelle  colonie e, successivamente, nella Grecia, si sviluppò  un’ indagine sistematica, fondata su  una ricerca  razionale per individuare  una spiegazione dell’ origine e dell’ ordine del cosmo  di carattere scientifico; il discorso poetico fu sostituito da una ricerca  che procede in modo dimostrativo ed argomentato.        



                                            NOTE    


(1) R. Graves I miti greci, Longanesi, 1999, p. 5;   

(2) Tacito, Germania, cap. 46;

(3) Otto, il mito, Melangolo, p. 51,

(4) Il termine cosmogonia significa “nascita del cosmo” e si riferisce ai miti relativi alle origini dell’ Universo; occorre distinguere tra le narrazioni che introducono un essere supremo creatore di tutte le cose e quelle che narrano le origini del mondo partendo da uno o più “principi primordiali da cui traggono origine le divinità. Le cosmogonie hanno tutte un fondamento comune: il passaggio dal caos tenebroso al cosmo ordinato; un altro elemento comune può essere ravvisato dalla separazione del cielo dalla terra, evento narrato in tutti i miti. 

(5) Otto, il mito, Melangolo, p. 51;

(6) Vico, la Scienza Nuova, Bompiani, 2012, pp. 912-922;

(7) Graves, I miti greci, 1999,p. 21;

(8) Graves, ib., p. 24;

(9) Esiodo, Teogonia, vv. 190-197, Mondadori, 2007;

(10) Esiodo, ib. 459-462, p. 25<;

(11) Esiodo, op., cit., VV. 674-683, pp. 37;

(12) Esiodo, op. cit.,vv. 736-745, p. 39;

(13) Esiodo,op., cit., vv. 883-885;

(14) Storia universale dei popoli e delle civiltà,vol. I, Preistoria e vicino Oriente antico, UTET, 1969, pp. 570-572;

(15) Kalevala. v. 121;

(16) Kalevala, vv. 117-122;

(17) Isnardi, I miti nordici, Longanesi, 2015, p. 50;

(18) Isnardi, op. cit., p.51;

(19) Graves, I miti greci,Longanesi, p.22;

(20) Graves, op., cit., p. 7;

(21) Graves, op., cit., p. 11;

(22) M. Fongaro, L’ uovo cosmico, percorsi di un simbolo, 08.11.2005,tratto da internet stampato. 








                                    BIBLIOGRAFIA


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