Ipazia: La Visione del Mondo
IPAZIA: LA VISIONE DEL MONDO
INTRODUZIONE
La maggior parte delle Storie della filosofia ignora l’attività di ricerca e le vicende storiche legate alla figura di Ipazia; solo alcune, come la “Storia della filosofia” di N. Abbagnano e quella di Geymonat, dedicano poche righe a questa studiosa, limitandosi a precisare che apparteneva alla scuola platonica di Alessandria e che morì vittima del fanatismo “della plebe cristiana suscitatale contro dal vescovo Cirillo”(1). Del resto, raramente, nei testi di Storia della filosofia, viene posto in evidenza il contributo che le donne hanno dato agli studi filosofici e a quelli scientifici; Ipazia è, forse, più nota non solo per la sua attività di ricerca, ma, soprattutto, per la sua tragica fine, vittima del “fondamentalismo cristiano”. Il film “Agorà”(2) ha contribuito a far conoscere questa studiosa ad un largo pubblico. Il film inserisce l’uccisione di Ipazia nel contesto storico caratterizzato da conflitti di carattere religioso intrecciati a motivazioni politiche: delinea, infatti, lo scontro tra la ricerca scientifica e filosofica ed il fondamentalismo religioso ed il passaggio tra una gestione politica autonoma dello stato e l’affermarsi di una visione teocratica, secondo la quale, l’autorità politica è esercitata dal potere religioso, visione che si affermerà nel corso del Medioevo. Ipazia, nel film, viene presentata come sostenitrice del modello eliocentrico alternativo a quello tolemaico.
Per quanto attiene la questione del rapporto con le autorità ecclesiastiche, nel film, abbiamo una scena fondamentale quando Cirillo legge un passo delle “Lettere pastorali” di S. Paolo: “La prima lettera di Paolo di Tarso” a Timoteo: “Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese. Alla stessa maniera facciano le donne, con abiti decenti, adornandosi di pudore e riservatezza, non di trecce e ornamenti d’oro, di perle o di vesti sontuose, ma di opere buone, come conviene a donne che fanno professione di pietà. La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo, piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo” La lettera di S. Paolo ha valore normativo e sancisce la sottomissione della donna all’uomo; Ipazia insegnando, sostenendo l’ autonomia dello Stato di fronte all’ autorità religiosa, proponendo una visione filosofica alternativa a quella ecclesiastica, contravveniva a quanto era disposto nella Bibbia e, quindi, non riteneva che sia la norma etica, sia la visione del mondo stabilita dal libro sacro si impongano come uniche verità.
NOTAZIONI BIOGRAFICHE
Ipazia nasce nel 370 s. C. ad Alessandria d’Egitto; il padre, Teone, era un celebre matematico ed insegnava matematica al Museo di Alessandria, compose un “Commentario all’Almagesto di Tolomeo” considerato uno dei più notevoli testi di astronomia della scuola alessandrina. Ipazia fu istruita dal padre, soprattutto in matematica ed in astronomia e frequentò la scuola neoplatonica di Alessandria; insieme al padre realizzò le edizioni delle opere di Euclide e Archimede che ebbero ampia diffusione in Oriente e furono conosciute in Occidente in traduzione araba dopo un millennio circa. Molto importante nella sua formazione culturale fu il soggiorno ad Atene. Non possediamo alcun scritto di Ipazia; vengono ricordate come sue opere tre testi di matematica e astronomia, di cui possediamo solo i titoli; “Commentario alla aritmetica di Diofanto,” “Corpus astronomico”(3) e “Commentario alle sezioni coniche di Apollonio Pergeo;” si dedicò all’insegnamento della matematica, della geometria, dell’astronomia, e della filosofia, attività che svolse per più di vent’anni; secondo alcune testimonianze, “deteneva la scuola platonica” istituita da Plotino ad Alessandria e, probabilmente, non si limitava a spiegare il pensiero di Platone e di Plotino, ma elaborò una “traiettoria nuova” rispetto alla tradizione platonica(4). Si tramanda, inoltre, che fosse consigliera del Prefetto romano, Oreste, nelle questioni di carattere pubblico. Si ritiene che abbia inventato anche delle macchine: un astrolabio piatto, un idroscopio e un aerometro.
Ipazia aderì alla scuola neoplatonica che, secondo le fonti, era molto fiorente ad Alessandria, e ne divenne la rappresentante di maggior prestigio, attirandosi l’odio e l’opposizione del vescovo Cirillo di idee “fondamentaliste”; specie contro gli ebrei ed i fautori del neoplatonismo; fu proprio dietro istigazione del vescovo che, nel 415, Ipazia venne uccisa da un gruppo di monaci parabolani e da eremiti della Tebaide guidati da Pietro il Lettore. La studiosa fu uccisa davanti alla chiesa di Cesario, colpita da Pietro con una mazza ferrata e dagli altri monaci armati di pugnali (o di cocci, secondo altre fonti); dopo averla trucidata, i monaci fecero a brandelli il suo corpo e, quindi, lo bruciarono per cancellare ogni sua traccia. I colpevoli rimasero impuniti: Oreste chiese un’inchiesta che non fu concessa.
Gli ultimi neoplatonici furono eliminati dall’imperatore Giustiniano che chiuse la scuola platonica nel 529 d. C., i sopravissuti fuggirono in Persia presso il sovrano Chosroe I, che riconobbe, agli ultimi esponenti del platonismo, la libertà di ricerca.
Si conoscono le vicende della sua vita e il suo pensiero grazie alle opere di due storici Filostorgio (368-439), Socrate Scolastico (380-440) che scrissero la biografia di Ipazia circa vent’anni dopo la sua morte e del filosofo Damascio (V-VI secolo), l’ultimo scolarca della scuola di Atene.
Socrate Scolastico e Damascio, affermano che Ipazia apparteneva alla schiera dei filosofi che spiegano le opere di Platone e di Plotino; Socrate Scolastico sostiene che Ipazia fu la terza caposcuola del Platonismo e svolgeva lezioni sia all’interno della scuola, sia all’esterno a chiunque desiderasse ascoltarla; tutti l’ammiravano per la sua saggezza e l’amavano per la sua disponibilità al dialogo. Filostorgio sostiene che Ipazia era molto abile in matematica, anch’egli conferma che Ipazia era ammirata da tutti per la sua saggezza e l’amavano per la sua disponibilità al dialogo. Entrambi accusano il vescovo Cirillo di aver fatto uccidere Ipazia per invidia e denunciano i cristiani per il loro odio contro la studiosa che venne barbaramente uccisa. Damascio, nella biografia, composta circa un secolo dopo la morte di Ipazia, sostiene che il vescovo Cirillo era invidioso di Ipazia, poiché molti si recavano nella casa della studiosa; Un giorno, passando davanti alla casa di Ipazia, vide che presso la porta si accalcava molta gente desiderosa di ascoltare le sue lezioni, egli vedendo ciò, decise di tramare affinchè fosse uccisa al più presto. Secondo altre fonti Ipazia venne uccisa perché considerata quale “ispiratrice” di azioni repressive nei confronti dei cristiani,ordinate dal governatore di Alessandria, Oreste.
CONTESTO STORICO
Ipazia visse in un momento molto tumultuoso: il progressivo indebolimento dell’ impero per la pressione miliare esercitata dalle popolazioni germaniche, la crisi economica e quella demografica e l’affermarsi della religione cristiana che divenne unica religione dello Stato, dopo che fu emanato, nel 313, l’ Editto di Costantino, con il quale si poneva fine ad ogni persecuzione dei cristiani, e, nel 391, con l’ editto di Tessalonica emanato da Teodosio, con il qualesi riconosceva il Cristianesimo quale unica religione che poteva essere professata dagli abitanti dell’ impero, infine nel 392 venne promulgata la legge che vietava i culti pagani ed era prevista la confisca di tutti i luoghi di culto non cristiani. Lo scontro tra cristiani e pagani, però, non era solo di carattere religioso, aveva, soprattutto, un’origine politica: si contrapponevano, infatti, due diverse visioni quella pagana, ormai in declino,sostanzialmente laica, quella cristiana, che stava costituendosi come forza egemone, “dogmatica e totalizzante.(5) I capi religiosi cristiani di Alessandria seguivano una politica “fondamentalistica” allo scopo di eliminare ogni forma di paganesimo, combattere gli ebrei e le eresie che erano sorte all’interno del cristianesimo.
Il vescovo Teofilo fece distruggere il “Serapeo”: il gigantesco tempio dedicato a Serapide venerata non solo dai Romani e dai Greci, ma da tutte le popolazioni del Medio Oriente; la statua di Serapide venne fatta a pezzi dai cristiani, il Tempio fu incendiato vennero distrutti tutti gli arredi e la biblioteca.
Nel 412 divenne vescovo Cirillo, nipote di Teofilo, che attuò una politica di violenta opposizione nei confronti degli ebrei e dei pagani: nel 414, secondo quanto tramanda Socrate Scolastico, il vescovo Cirillo aizzò i cristiani contro gli ebrei, le loro case furono saccheggiate e gli ebrei furono cacciati dalla città.
Alessandria d’Egitto, città fondata da Alessandro Magno, diventata capitale del regno egiziano dei Tolomei, aveva conosciuto un rapido sviluppo economico anche grazie alla sua posizione strategica alla foce del Nilo; la popolazione aumentò in modo considerevole (alla fine del terzo secolo d. C. la popolazione era di circa mezzo milione di abitanti) e si verificò anche un forte afflusso di artisti, scienziati e tecnici.
Tolomeo I e i suoi successori favorirono l’affluenza degli intellettuali e l’organizzazione della cultura fu affidata a Demetrio di Falero, allievo di Teofrasto, che invitò ad Alessandria Stratone di Lampsaco come educatore dell’erede al trono e trasferì ad Alessandria gran parte della biblioteca del Liceo. Per favorire l’attività degli studiosi, Demetrio predispose un piano per concentrare a Alessandria tutto materiale scientifico e letterario presente nei centri culturali greci e dell’Asia Minore e metterli a disposizione di coloro che svolgevano attività di ricerca che venivano regolarmente pagati, grazie alle elevato e risorse finanziarie disponibili nel nuovo centro.
Durante il regno di Tolomeo II, furono costruiti il Museo (erano così chiamati gli antichi cenacoli dei pitagorici) e l’annessa Biblioteca; il Museo era dotato di sale di lettura, sale anatomiche, di un osservatorio astronomico, un giardino zoologico, un orto botanico. Nella Biblioteca erano raccolti numerosi volumi. Museo e Biblioteca ebbero un’importante funzione culturale durante il III secolo a. C. sino alla prima metà del II secolo; ma nel 145 a. C. il Museo venne danneggiato durante un saccheggio della città; nel 48 a.C., durante la campagna di Giulio Cesare in Egitto, si verificò un gravissimo incendio nella biblioteca che era arrivata a custodire settecentomila volumi; i danni subiti furono riparati solo in parte. Nel 30 a.C., la dinastia dei Tolomei si spense e l’Egitto fu governato da Roma; inizialmente, a causa dei disordini che si verificavano frequentemente, il museo venne chiuso e le lezioni sospese; successivamente, ristabilita la normalità, gli studenti tornarono a frequentare le lezioni, ma l’attività scientifica del passato non fu più possibile. Verso il 390 d. C. la biblioteca di Alessandria subì un gravissimo danno: la distruzione di gran parte dei volumi da parte del vescovo cristiano Teofilo; infine nel 641 i maomettani, dopo aver conquistato l’Egitto, misero a ferro e fuoco la città e distrussero completamente la biblioteca.
Il Museo fu un importante centro di studi soprattutto per quanto attiene le discipline scientifiche: nel settore della medicina furono condotti studi nel campo dell’anatomia, della matematica, dell’astronomia e della geografia. Sono da segnalare i lavori di Erofilo che condusse un ampio lavoro sul cervello descrivendo con esattezza le meningi e distinguendo il cervello dal cervelletto; nel settore della matematica, occorre ricordare l’opera di Euclide che insegnò ad Alessandria durante il regno di Tolomeo I; la sua opera, “Elementi di geometria,” in 13 libri, è costruita secondo il metodo deduttivo: Euclide distingue tra le basi che comprendono le nozioni comuni (gli assiomi), i cinque postulati e i termini che descrivono “alcune entità primitive della matematica”: punto, retta; segue la dimostrazione dei teoremi. Gli assiomi ed i postulati hanno evidenza intuitiva e ciò ne garantisce la loro verità.
Un altro insigne matematico fu Apollonio, nato a Perga nel 260 a.C., svolse la propria attività a Pergamo ed ad Alessandria , morì nel 190 a. C.; si occupò di astronomia e di matematica e scrisse diverse opere, la più importante è quella relativa alle “Coniche” in otto libri; tale opera esercitò una forte influenza su Keplero e su Fermat. In campo astronomico occorre segnalare Ipparco di Nicea (185-125), che trascorse ad Alessandria alcuni anni, quindi visse a Rodi; compilò un catalogo delle stelle fisse (circa 850) indicando per ognuna la latitudine, la longitudine e lo splendore diviso in sei gradi, ed introdusse gli epicicli(6) per spiegare il movimento del Sole e della Luna attorno alla Terra; tale teoria fu ripresa da Tolomeo che estese gli epicicli al moti di tutti gli altri pianeti che ruotano attorno al sole. Nel settore delle ricerche geografiche, svolse importanti studi Eratostene nato a Cirene verso il 273 a. C. e morto ad Alessandria verso il 192 a.C., si occupò di matematica, fu bibliotecario del Museo, sostenne la sfericità della terra e ne stabilì il diametro con notevole precisione. Altri centri culturali di un certo rilievo, come Rodi e Pergamo, si svilupparono in seguito alla costruzione del Museo di Alessandria, ma ebbero minor risonanza e durarono per un periodo più breve.(7)
Quando visse Ipazia (370-415) d.C., il Museo, nonostante i danni subiti, godeva ancora di largo prestigio; oltre all’attività scientifica, soprattutto in campo matematico e astronomico, si era affermata l’attività filosofica: vi operava un’importante scuola di insegnamento neoplatonico fondata da Ammonio Sacca,( vissuto tra il 175 e il 242 d.c.) forse attorno al 200 d.C., che si sviluppò nel corso del III secolo. Della vita di Sacca conosciamo molto poco, le uniche due opere che scrisse: “Sui demoni” e “Soltanto il re è creatore”, sono andate perdute; probabilmente considerava Dio ente supremo, padre e re che ha creato il cosmo dal nulla; pare che il suo insegnamento tendesse a unificare il pensiero di Platone con quello di Aristotele.
Ad Alessandria la filosofia neoplatonica assunse un carattere eclettico, incorporando elementi di provenienza pitagorica, platonica, aristotelica, stoica e di carattere religioso; Ipazia era a capo della cattedra neoplatonica e vi rimase sino alla sua morte (415).
CONTESTO LETTERARIO
Ipazia vive in un’epoca storica caratterizzata da forti contrasti interni all’impero romano, lacerato da lotte politiche intestine e minacciate ai confini dalle tribù barbariche; è un’epoca di trasformazioni e di fratture: Ipazia muore nel 415 d.C., cinque anni prima Roma è saccheggiata, per la prima volta nella storia, dalle tribù dei Vandali guidate da Alarico. Tuttavia, il IV secolo, sotto il profilo culturale, è tutt’altro che un periodo di decadenza, al contrario si assiste ad una imponente ripresa, grazie alle riforme di Diocleziano e Costantino all’inizio del secolo, che consolidano l’apparato statale e le strutture sociali ed economiche.
Nel corso del IV sec. infatti è possibile individuare una solida produzione in tutti i campi letterari: poesia, retorica, storiografia, teatro, discipline scientifiche specialistiche, letteratura religiosa. Emergono i nomi di Ausonio e di Claudiano tra i poeti, di Ammiano Marcellino tra gli storiografi, di Macrobio tra i retori. Il gusto di quest’epoca è caratterizzato da una forte tensione drammatica, da una predilezione per le tinte fosche e cupe della narrazione, testimonianza di un’epoca attraversata da forti angosce e timori, presagio della fine imminente dell’impero sotto la spinta delle invasioni barbariche.
Non solo: il clima religioso, caratterizzato da un lato dal contrasto tra cristianesimo e paganesimo, dall’altro lato dall’emergere delle prime grandi eresie interne al cristianesimo, influenza da vicino la produzione letteraria. Ne sono testimonianza le ultime grandi opere di scrittori pagani, che cercano un dialogo con il mondo cristiano, così come le prime produzioni degli apologisti cristiani. Tra gli altri autori è particolarmente rappresentativo per comprendere le dinamiche interne del pensiero religioso dell’epoca lo scrittore Simmaco, una delle voci più potenti della morente letteratura pagana. Simmaco vive tra il 340 e il 402 d.C, oratore di professione, di cui ci sono pervenute solo otto orazioni; all’interno del ricco epistolario troviamo le Relationes, sorta di lettere ufficiali intorno a questioni politiche o pubbliche, tra queste la più celebre è la Relatio III riguardante l’altare della vittoria, in polemica con il vescovo di Milano Ambrogio. L’altare della Vittoria era stato collocato nella sede del Senato da Augusto, rimosso per volontà dell’imperatore Graziano nel 382, fu oggetto di disputa tra i pagani, che ne richiedevano la ricollocazione e i cristiani, ostili ad ogni immagine dei culti pagani. L’altare venne rimosso dall’ imperatore Costanzo, in quanto considerato simbolo della religione pagana, ricollocato in Senato dall’ imperatore Giuliano, venne di nuovo rimosso da Graziano nel 382; dopo la morte di Graziano, la maggioranza del Senato fece pressione sul nuovo imperatore Valentiniano II perché ripristinasse l’ altare. Simmaco fu inviato a Roma presso l’imperatore Valentiniano III, per chiedere di consentire ai pagani di onorare i loro culti, Ambrogio chiese che la petizione fosse respinta, minacciando l’imperatore di scomunica in caso contrario e chiedendo che il cristianesimo fosse così di fatto confermato come unica religione consentita. L’imperatore respinse dunque le argomentazioni di Simmaco: l’altare della Vittoria non venne mai riportato in Senato, segnando una vittoria definitiva del cristianesimo sui culti pagani. La trattazione di Simmaco è celebre per la sua eleganza e per il suo tono intenso: emerge nell’orazione la frase “uno itinere non potest perveniri ad tam grande secretum” (seguendo solamente una via non è possibile attingere a un così grande segreto), richiamo al mistero che circonda sempre i fatti della fede e all’impossibilità umana di giungere a comprende il divino in modo assoluto, un forte richiamo alla tolleranza tra le religioni, in quanto nessuna può svelare Dio, tutte offrono un percorso di fede, in ognuna quindi si cela un frammento di verità.
LA VISIONE DEL MONDO DI IPAZIA
Non è pervenuto alcun scritto di Ipazia, sappiamo che svolse attività d’insegnamento nelle aule del Museo; Damascio, che scrisse una biografia di Ipazia, afferma che la studiosa compose alcuni scritti di matematica e di astronomia di cui ci è giunto solo il titolo: in base ai titoli pervenuti si può dedurre che Ipazia si dedicò agli studi della matematica e dell’ astronomia; non è pervenuto alcun scritto di carattere filosofico, sappiamo che si dedicò allo studio di Platone e di Aristotele e viene considerata esponente del neoplatonismo della Scuola di Alessandria.
Pallada,(8) dedica un epigramma a Ipazia, elogiandola per i suoi studi nel campo dell’ astronomia:
Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e alle tue parole,
vedendo la casa astrale della Vergine,
infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto
Ipazia sacra, bellezza delle parole,
astro incontaminato della sapiente cultura”
Sembra che Ipazia abbia intuito che la terra si muove intorno al sole secondo un’orbita ellittica e che il sole sia al centro del movimento dei pianeti , secondo l’ipotesi eliocentrica di Aristarco; ciò non significa che l’Universo sia caotico; l’ orbita ellittica non è segno di imperfezione, l’ellisse, infatti, può essere considerata come una forma speciale di cerchio che, anziché, un solo centro, ha due fuochi. Ipazia, quindi, formula nuove ipotesi e sostiene che non sussistono ipotesi definitive ed inattaccabili: la ricerca della verità è possibile nella misura in cui l’uomo è libero di indagare e non è costretto da vincoli che costituiscono un ostacolo alla conoscenza.
Si può presumere che Ipazia avesse interesse per quanto riguarda l’esoterismo e l’occultismo che furono praticati “non solo dalla scuola di Proclo e di Damascio…ma da quasi tutti i neoplatonici”; probabilmente, Ipazia non fu solo una matematica e non affrontò solo temi filosofici, ma fu anche una figura sacerdotale considerato che la filosofia praticata da molteplici personalità femminili del mondo antico e tardo antico era diventata – specialmente presso gli ultimi platonici, come poi presso i cristiani – soprattutto conoscenza del divino; donne “spesso dotate di facoltà sensitive” erano depositarie di quella tradizione orale dei segreti del platonismo cui anche Sinesio accenna nell’ opera “Dione,” dedicata a Ipazia, nello scritto sono contenute “dottrine inviolabili” che sono celate ai profani.(9)
Ipazia non limitava il suo insegnamento agli allievi del Museo, ma insegnava anche per le strade; Damascio riferisce che Ipazia facendo le sue uscite in mezzo alla città, spiegava pubblicamente, a chiunque volesse ascoltarla, Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofo. Filostorgio nella sua biografia afferma che Ipazia giunse ad un grado così elevato di cultura, da superare tutti i filosofi suoi contemporanei e per le sue capacità poteva accedere anche al cospetto dei capi della città e “non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini. Infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale.” Secondo la testimonianza di Socrate Scolastico e di Damascio, Ipazia partecipava attivamente al governo della città di Alessandria, infatti, per le sue capacità era consultata dalle autorità cittadine quando si dovevano affrontare questioni pubbliche e pare che fosse anche consigliera del prefetto romano Oreste nelle questioni politiche.(10)
Il suo discepolo Sinesio, pagano per nascita, convertitosi al cristianesimo, divenne vescovo di Tolemaide, ha avuto una fitta corrispondenza con Ipazia; nelle sue lettere esalta la figura di colei che sarà sempre “adorata maestra”, “Benefattrice”, “madre, sorella, maestra, patrona,” “supremo giudice,” “signora beata”. In una sua lettera, Sinesio scrive: “Credimi, io ti considero, insieme alla virtù, l’unico bene che nessuno mi può togliere”; egli non assisterà al supplizio di Ipazia, ma poco prima le invierà due versi che testimoniano la profonda amicizia che intercorreva tra loro: “Se anche l’ oblio tocca ai morti nell’ Ade/anche laggiù ricorderò l’ amata Ipazia.(11)
ATTUALITÀ DI IPAZIA
Ipazia è stata, certamente, vittima del fanatismo religioso; le vicende della sua vita e la sua morte inducono a riflettere su problemi attuali che suscitano inquietudine e paura: la violenza del fondamentalismo religioso richiede un’attenta riflessione sulle motivazioni che, fondandosi sulla fede e sulla convinzione di operare per eliminare il male e far trionfare il bene, generano violenza e orrori in nome di un ipotetico dovere religioso. Ipazia era aperta al dialogo e al confronto ed era convinta che la ricerca della verità non conduce mai ad un vero “assoluto,” ma può essere paragonata ad un cammino, lungo i sentieri di un bosco, che è contestualmente un avanzamento ed uno sviamento, un procedere nella conoscenza, ed un smarrimento; smarrirsi, però, non significa perdersi nell’ intrico del bosco, ma fermarsi per riflettere e cercare un nuovo sentiero da percorrere.
Ipazia, filosofa, matematica ed astronoma ha testimoniato, con il sacrificio della sua vita, che l’impegno della ricerca non può essere abbandonato; in questo senso può essere paragonata a Socrate che affrontò la condanna a morte per difendere gli ideali che aveva sempre sostenuto nel corso della sua vita: tutto può essere posto in discussione e nulla può essere accettato se non è stato sottoposto ad un’ analisi critica.
Ma soprattutto, Ipazia non soggiaceva al modello di donna che la società voleva imporre, ma voleva essere se stessa ed esprimersi liberamente al di fuori degli stereotipi che collocano la donna in una condizione di soggezione e di sottomissione. Attualmente, non solo la pubblicità e i mass media propongono un “modello unico” del femminile che le donne dovrebbero imitare, ma permangono società che percepiscono la donna come un essere inferiore, incapace di autonomia e impossibilitato a compiere proprie scelte. Ipazia non trovava disdicevole di essere l’ unica donna che teneva lezioni in mezzo a uomini ed era autorevole grazie alla sua cultura, alla sua intelligenza; vittima dell’ invidia del vescovo Callisto, del fanatismo della sua epoca, emerge dal profondo della storia per far conoscere il suo messaggio filosofico ed i suoi ideali di libertà del pensiero, di dignità di ogni essere umano che, ancora attualmente, devono illuminare la via che ognuno di noi è chiamato a percorrere . Ipazia ha difeso, con spirito indomito, i valori in cui credeva a costo della vita: in un momento di grave difficoltà. come quello attuale caratterizzato dalla perdita dei valori, dall’omologazione di massa, dal rischio del sorgere di nuove forme di totalitarismo, la figura di questa donna costituisce un valido esempio di forza d’ nimo e di fiera determinazione.
Ipazia visse in un momento particolarmente tumultuoso per i dissensi religiosi che avevano, però, quale fondamento motivazioni di carattere politico relativi ai rapporti tra lo Stato e il cristianesimo: dalla testimonianza di Socrate Scolastico, si può desumere che l’ episcopato di Alessandria mirava a dominare la cosa pubblica, suscitando l’ opposizione del prefetto augustale, Oreste, che fu costretto ad intervenire in difesa del potere imperiale,senza alcun esito. I contrasti tra pagani e cristiani furono particolarmente violenti alla fine del IV secolo, in concomitanza con la dura repressione dei culti pagani che culminò con la distruzione dei templi.
Ma occorre anche considerare le controversie cristologiche causa di conflitti politici e sociali; infatti, dopo il Concilio di Nicea che aveva proclamato che Cristo è, contemporaneamente, Dio e uomo, sorgono contrasti provocati dalle diverse interpretazioni : Nestorio, Patriarca di Costantinopoli, è favorevole alla scuola di Antiochia secondo la quale Maria è madre del Cristo e non di Dio; contro Nestorio vi sono i seguaci della scuola mistica di Alessandria discepoli del patriarca Cirillo, che gode dell’ appoggio del vescovo di Roma, che riconoscono in Cristo solo la natura divina (monofisismo). Nel 451 il IV concilio ecumenico condanna sia il nestorianesimo, sia il monofisismo e proclama il dogma della duplice natura in Cristo: umana e divina entrambe perfette, indivisibili e distinte in un’ unica persona
Ipazia, favorevole al paganesimo, appoggiò il prefetto augustale Oreste che, per difendere il potere imperiale, cercò di opporsi ai tentativi del patriarca Cirillo di intervenire in questioni politiche, fu uccisa barbaramente per non essersi convertita al cristianesimo e per aver difeso il diritto di esporre liberamente le ricerche filosofiche e scientifiche; quindi può essere considerata simile a coloro che si sono opposti al potere per difendere il libero pensiero. Socrate Scolastico esalta Ipazia quale rappresentante del neoplatonismo, essendo lei, la terza caposcuola del platonismo dopo Platone e Plotino: “coloro che desideravano pensare in modo filosofico correvano da lei da ogni parte”; purtroppo, si conoscono solo tre titoli delle opere matematiche, per quanto attiene la filosofia non è pervenuto alcun titolo né scritti. Si può ipotizzare che Ipazia non abbia scritto nulla e si sia dedicata unicamente all’insegnamento, oppure che tutte le sue opere siano state distrutte: possiamo ritenere che Ipazia non si sia limitata a spiegare il pensiero di Platone e di Plotino, ma che abbia elaborato una visione nuova all’interno del platonismo, dalla testimonianza di Socrate Scolastico: Ipazia“ereditò la scuola platonica che era stata riportata in vita da Plotino, e spiegava tutte le scienze filosofiche a coloro che lo desideravano”.(12) Attualmente, Ipazia viene considerata come un’ esponente, ante litteram, del femminismo; tale interpretazione non può essere ritenuta pertinente considerato che, in età imperiale, erano state promulgate leggi che riconoscevano alcuni diritti alle donne: furono ammesse nelle scuole, potevano partecipare ai circoli politici e filosofici; se ereditavano dei beni potevano scegliere da sole i propri tutori. potevano recarsi da sole alle terme, le donne sposate collaboravano con il marito nell’amministrazione del patrimonio della famiglia. Alcune donne si distinsero in campo letterario, come Sulpicia, che visse durante l’età di Augusto e compose poesie d’ amore; la posizione di spicco delle donne in età imperiale, consentì loro di esercitare un ruolo notevole in campo politico: Sempronia partecipò alla congiura di Catilina, Clodia moglie del tribuno Clodio e, successivamente di Antonio, nel 40 a:c: si adoperò per tutelare gli “interessi politici” del marito, Terenzia, moglie di Cicerone operò per ottenere il rientro del marito dall’ esilio, Agrippina Minore, sorella di Caligola, esercitò la tutela del figlio Nerone durante la minore età di questi, Eudocia, Augusta dell’ impero di Oriente, mecenate della cultura ellenica
Cornelio Nepote sostiene che la donna romana non vive segregata in casa, partecipa ai banchetti in compagnia del marito, poteva uscire per partecipare alle cerimonie pubbliche, recarsi a teatro, fare visite; con l’introduzione , nei primi anni dell’ impero, del matrimonio sine manu si riconosceva alla donna maggiore indipendenza, poteva amministrare le proprie sostanza, risposarsi se vedova, divorziare ed ereditare i beni del marito defunto.(13)
L’ ascesa del cristianesimo, favorì il rinascere dell’ antica subordinazione della donna all’ uomo: la Chiesa riconobbe al marito il diritto di ripudio della moglie, era proibito, soprattutto alla donna, avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Non solo, poiché la Chiesa considerava il sesso “un male necessario” e la donna “più soggette ai piaceri della carne,” la donna venne “demonizzata;” come testimoniano le invettive dei Padri della Chiesa: Tertulliano scrive che “la donna è la porta del diavolo” e S. Agostino sostiene che “niente getta più scompiglio nella mente dell’ uomo delle lusinghe della donna.” Il modello ideale è la Vergine che ha concepito il figlio senza sesso; la glorificazione della Madonna raggiunge l’ apice con la promulgazione del dogma della verginità di Maria decisa dal Concilio di Costantinopoli nel 553 d.C. Laterano nel 649 d.C.
Con il crollo dell’Impero romano, pertanto, il riconoscimento della libertà, dell’ autonomia femminile scomparve, le norme giuridiche a loro favore vennero cancellate e si ritornò allo stato di totale sottomissione delle donne; solo coloro che abbracciavano la vita monastica e ricoprivano la carica di badessa potevano esercitare poteri all’ interno del convento: la badessa era responsabile della direzione spirituale delle monache, amministrava i feudi soggetti al monastero; inoltre era a loro affidata l’ amministrazione della giustizia civile e penale sia sui laici dipendenti dal monastero quanto sul clero legato al convento; dirigendo i monasteri, spesso ne fanno dei centri di studi, di committenza artistica, e di direzione spirituale, infine partecipavano ai concili e ne firmavano i testi.
Le badesse appartengono, quasi sempre, all’ aristocrazia che investì “beni e prestigio” per fondare e per arricchire i monasteri; le donne che non erano destinate al matrimonio venivano inviate nei monasteri dove spesso erano elette badesse ruolo che consentiva di esercitare “un potere ampio ed esteso” sui territori del monastero.
Abbiamo anche esempi di donne appartenenti alla nobiltà che governarono con autorevolezza: Matilde di Canossa esercitò un ruolo fondamentale nella lotta del papato contro gli imperatori tedeschi Enrico IV e Enrico V, per 40 anni Matilde fu mediatrice tra il papato e l’ impero e influì, in modo determinante, nella designazione di nuovi pontefici.
In entrambi i casi, si tratta di donne appartenenti alla nobiltà; ben diverso erano le condizioni delle altre donne sottomesse all’autorità maschile nell’ambito della famiglia, prive di ogni diritto civile e politico.
Note:
1) N. Abbagnano, Storia della filosofia, UTET, 1963, Vol. I, p. 251 dedica alcune righe a Ipazia precisando che nel 415 fu vittima “del fanatismo della plebe cristiana suscitatale contro dal vescovo Cirillo” e che dagli scritti del suo scolaro Sinesio di Cirene vescovo di Tolemaide pare che abbia esposta “la dottrina neo-platonica secondo l’ insegnamento di Giamblico.” Anche il Geymonat dedica alcune righe alla studiosa di filosofia e matematica e precisa che venne trucidata nel 415 “da una turba di cristiani fanatici” Storia del pensiero filosofico e scientifico, Vol. I p. 334. Per quanto attiene i manuali, l’ unico che dedica uno spazio, sia pure modesto, a Ipazia è quello edito dalla Loescher che in un “approfondimento” dedicato alla scuola platonica di Alessandria cita Ipazia fornendo brevi notizie relative alla vita, alla sua attività nel settore matematico e filosofico e della sua tragica morte.
2)Film di produzione spagnola 2009, Mikado produzione, regista Amenabar, con Rachel Waisz nel ruolo di Ipazia, distribuito in Italia nel 2010.
Il film segue in modo rigoroso le fonti storiche e inserisce l’assassinio di Ipazia nel contesto storico dominato da contrasti religiosi e politici; è venuto meno l’ equilibrio, che esisteva ad Alessandria, tra le diverse religioni: cristianesimo, paganesimo e ebraismo; ormai si sono costituite profonde fratture tra le diverse confessioni religiose. Nel film sono intrecciati diversi temi: quello astronomico del geocentrismo di Tolomeo, quello dello scontro tra il fondamentalismo religioso e della ricerca razionale e quello politico caratterizzato dal passaggio dallo Stato laico a quello teocratico.
Il film evidenzia come Ipazia non intenda sottomettersi alla volontà dei suoi oppositori rinunciando alla libertà ed all’autonomia di pensiero e, soprattutto, non intenda rinunziare, in quanto donna, alla ricerca filosofica e scientifica; di fronte alla sua ferma opposizione il vescovo Cirillo spinge i monaci parabolani contro il prefetto Oreste e, quindi, contro Ipazia che sarà uccisa nel modo più terribile.
Il film dà largo spazio alle ricerche di Ipazia nel campo astronomico, ha intuito che la terra ruota intorno al sole con movimento ellittico e non circolare.
3)Trattasi di una raccolta di 12 tavole astronomiche sui moti dei corpi celesti
4) G. Beretta, Ipazia d’Alessandria, Editori Riuniti, 2013, p. 159-163.
5) R. Migliorato, La vicenda di Ipazia tra ragion di stato e concezione del sacro.
6) Gli epicicli sono circoli immaginari che, nel sistema tolemaico, rappresentano il moto di ogni pianeta, intorno al un centro che si muove di moto uniforme intorno alla terra.
7) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Vol. I, cap. XIV, Garzanti, 1970.
8) Pallada nacque ad Alessandria d’Egitto nella seconda metà del IV secolo d.C. e fu contemporaneo dell’Imperatore romano Arcadio.morì nella prima metà del V secolo d.C., quindi visse, all’incirca tra il 350 ed il 425 d.C. I suoi epigrammi fanno parte dell’Antologia Palatina . Pallada era un grammatista e condusse, così come si deduce dagli epigrammi; una vita povera; egli rimpiange l’affermazione del Cristianesimo sul politeismo tradizionale. Il rimpianto del politeismo si evince bene nell’epigramma numero 400 del nono libro, indirizzato alla grande scienziata politeista Ipazia.-
9) S. Ronchey, Ipazia la vera storia, Mondolibri, 2010, pp.166-167.
10) Diletta Grella, Ipazia di Alessandria
11) S. Ronchey, ib., pp.155-158.
12) Socrate Scolastico, Historia Ecclesia, VII 15 in G. Beretta, Ipazia d’ Alessandria, Editori Riuniti,2013, p., 157.
13) Il matrimonio sine manu sostituisce quello cum manu in vigore prima con il quale la donna passava sotto la “manus” (autorità) del marito che poteva ripudiarla o divorziare ed avere la piena disponibilità della dote.