Nietzsche, La dottrina dell'eterno ritorno
NIETZSCHE LA DOTTRINA DELL' ETERNO RITORNO
Nietzsche, nello scritto "Ecce homo," afferma che, durante una passeggiata a Sile Maria, nell' Alta Engadina, in un giorno del 1881, mentre camminava lungo le rive del lago di Silvaplana, fu "folgorato" dall'idea dell' "eterno ritorno" pensiero che egli ritiene il "più profondo" della sua filosofia: "Il pensiero dell' eterno ritorno...... risale all' agosto dell' anno 1881....Quel giorno andavo attraverso i boschi, costeggiando il lago di Silvaplana; mi fermai presso un poderoso e torreggiante blocco piramidale non lontano da Sulei. Quel pensiero mi venne allora." (Nietzsche, Ecce homo, pag. 96)
Nell'opera "La Gaia Scienza," Nietzsche enuncia la teoria dell' eterno ritorno: "Che accadebbe se un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse:"Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà far ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell' esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!" Non ti rovesceresti a terra, digrignando i tdenti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta:"Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina?". Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa:"Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?" graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun' altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?" (Nietzsche, La gaia scienza par. 341, Adelphi, pag.202).
In questo passo, Nietzsche distingue nettamente l'uomo dall'Oltre-uomo: l'uomo è terrorizzato dalla prospettiva che dovrà, per innumerevoli volte, vivere la stessa identica vita, invece l'Oltre-uomo accetta con gioia tale evento, poichè ogni attimo della sua vita ha senso e valore.
In "Così parlò Zarathustra", Niezsche elabora una formulazione della teoria dell' eterno ritorno in senso allegorico: Zarathustra, dopo una salita lungo un sentiero"tra sfascime di pietre, maligno, solitario giunge di fronte a una porta carraia", sulla quale è scritto "attimo" e dove si uniscono due sentieri, uno che porta all' indietro (il passato), l' altro che porta in avanti (il futuro); all' improvviso Zarathustra scorge, tra orridi macigni, un giovane pastore "rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca. Avevo mai visto tanto schifo e livido raccapriccio dipinto su di un volto? Forse, mentre dormiva, il serpente gli era strisciato dentro le fauci e lì si era abbarbicato mordendo.
La mia mano tirò con forza il serpente, tirava e tirava – invano! Non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca: "Mordi! Mordi! Staccagli il capo! Mordi!" così gridò da dentro di me: il mio orrore, il mio odio, il mio schifo, la mia pietà, tutto quanto in me – buono – o cattivo - gridava da dentro di me, fuso in un sol grido. - Voi uomini arditi che mi circondate! Voi, dediti alla ricerca e al tentativo, e chiunque tra di voi si sia mai imbarcato con vele ingegnose per mari inesplorati! Voi che amate gli enigmi! Sciogliete dunque l' enigma che io allora contemplai, interpretatemi la visione del più solitario tra gli uomini! Giacchè era una visione ed una previsione: - che cosa vidi allora per similtudine? E chi è colui che un giorno non potrà non venire? Chi è il pastore, cui il serpente strisciò in tal modo entro le fauci? Chi è l' uomo, cui le più grevi e le più nere tra le cose strisceranno nelle fauci?
Il pastore, poi, morse così come gli consigliava il mio grido; e morse bene!Lontano da sè sputò la testa del serpente -: e balzò in piedi. - Non più pastore, non più uomo, - un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise! Oh, fratelli udii un riso che non era di uomo, - e ora mi consuma una sete, un desiderio nostalgico, che mai si placa" (Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi; La visione e l' enigma, Adelphi pag. 191-194.)
Il racconto di Zarathustra ha avuto molteplici interpretazioni, ma, in genere, la figura del pastore, che morde la testa al serpente e si trasforma in una figura luminosa e ridente, è intesa come passaggio dall' uomo (il pastore) all' oltre-uomo, solo dominando il pensiero dell' eterno ritorno (il serpente metafora del circolo), attraverso un' azione decisa (il morso alla testa del serpente).
La teoria del tempo circolare è presente nella filosofia greca: gli stoici
e si contrappone alla dottrina del tempo rettilineo elaborata dal Cristianesimo, secondo la quale il tempo ha avuto origine con la creazione del mondo da parte di Dio,e termina con il Giudizio Universale, quando i buoni saranno separati per l' eternità dai malvagi;
Secondo la concezione lineare del tempo, il tempo è un succedersi di istanti che si susseguono: ogni momento scompare nel passato ed è seguito dal momento successivo che sarà anch' esso immediatamente distrutto. Nietzsche, teorizzando l' eterno ritorno, non intende riferirsi ad una situazione cosmologica, ma ad un modo diverso di concepire il tempo che solo l' oltre-uomo è in grado di attuare. Gli attimi non sono momenti che si susseguono