HEGEL: La filosofia della storia

                               HEGEL: LA FILOSOFIA DELLA STORIA


                                   NOTAZIONI BIOGRAFICHE


Hegel nacque nel 1770 a Stoccarda dove frequentò il ginnasio; successivamente s'iscrive all' università di Tubinga (1788-1793) dove stringe amicizia con Schelling e Holderlin; segue con entusiasmo, insieme ai suoi amici, gli eventi della rivoluzione francese, difese i principi rivoluzionari della libertà e   dell’uguaglianza e conosce la filosofia di Rousseau, di Heder di Fichte e di Kant.

Conclusi gli studi di teologia e di filosofia nel 1793, Hegel - non intendendo di avviarsi alla carriera ecclesiastica- si trasferisce a Berna per svolgere l' attività di precettore presso una  famiglia nobile; nel 1797 si stabilisce a Francoforte dove fa parte del circolo di Holderlin; durante il soggiorno a Berna e a Francoforte compone degli scritti giovanili dove tratta argomenti di carattere religioso con particolare riferimento al cristianesimo: “La vita di Gesù,” “La positività della religione cristiana,” “Lo spirito del cristianesimo e il suo destino”.

Nel 1799 muore il padre che gli lascia in eredità un piccolo patrimonio, Hegel, allora, abbandona l'attività di precettore e si dedica, completamente, ai suoi studi  per intraprendere l' insegnamento nelle università; nel 1801 si trasferisce a Jena  dove consegue l' abilitazione all' insegnamento universitario con la dissertazione "De orbitis planetarium," nel 1805 viene nominato professore universitario per interessamento di Goethe.

 Jena, dal 1798, era sede del circolo romantico di Novalis, di Tieck e dei fratelli Schegel; all' università di Jena insegnava  Schelling con il quale Hegel strinse una collaborazione, pubblicando nel 1802-1803 il "Giornale critico della filosofia." . Durante il soggiorno a Jena, tra il 1801 e 1807, Hegel compose alcuni scritti: "Differenza dei sistemi filosofici di Fichte e di Schelling", lo scritto politico "La Costituzione della Germania," il "Sistema dell' eticità;" l' opera più significativa  che Hegel compose in questo periodo è "La fenomonologia dello Spirito.". Vide Napoleone che, in una  lettera, definisce "anima del mondo," individuo "storico-universale" che "concentrato qui in un punto, seduto a cavallo, abbraccia il mondo e lo domina.".  Nel 1807 si trasferisce a Bamberga dove è redattore  della gazzetta locale; nel 1808 lascia la  redazione del giornale in seguito a problemi con la censura e diventa dirigente del Ginnasio di Norimberga; l'opera più importante composta in questo periodo è "La scienza della logica;" scrisse pure la "Propedeutica filosofica" destinata agli alunni del Ginnasio (l'opera fu pubblicata postuma nel 1840).

Nel 1816 è chiamato come professore di filosofia all' università di Heidelberg dove rimase per due anni, pubblica nel 1817 l' opera "Enciclopedia delle scienze filosofiche in compedio" che costituisce una esposizione del sistema hegeliano; l’ “Enciclopedia” venne pubblicata altre due volte nel 1827 e nel 1830, Hegel ampliò, in modo cosiderevole, il contenuto  dello scritto.

Infine, nel 1818, fu chiamato all' università di Berlino dove rimase fino alla morte nel 1831 in seguito ad un' epidemia di colera; nel 1821 pubblica l' opera "Lineamenti di filosofia del diritto;" tiene “Lezioni sulla filosofia della storia”, “Lezioni sulla storia della filosofia,” “Lezioni di estetica,” e “Lezioni sulla filosofia della religione."  il contenuto delle lezioni fu raccolto, ordinato e pubblicato  dagli allievi  e pubblicato dentro e fuori della Germania.



                              EVENTI STORICI  E CULTURALI 


Hegel visse in un periodo di profondi rivolgimenti che mutarono profondamento  il percorso politico a livello mondiale: la conquista dell’ indipendenza degli Stati Uniti, la rivoluzione francese, l’ ascesa e il crollo di Napoleone, l’ indipendenza della Grecia e l’ indipendenza dell’ America  centro-meridionale; anche  a livello  economico si verificò un notevole cambiamento, iniziato in Inghilterra;   con la trasformazione delle strutture produttive impiegando le macchine  che  eseguivano operazioni  prima  compiute dagli uomini  e che sfruttavano l’energia idrica e quella prodotta dal calore; si sviluppò il commercio a livello mondiale; diversi esploratori s’ impegnarono nell’ esplorazione del Pacifico. Il maggior esploratore  del Settecento fu James Cook che, per incarico della Royal Society di Londra, fece un primo viaggio nell’ area compresa tra il 35° e il 40 grado° effettuando   esplorazioni sistematiche relative alla Nuova Zelanda e all’ Australia; in un secondo viaggio riuscì  a raggiungere l’ Antartico e penetrò nell’ interno sino al 71° di latitudine; infine  fece un altro viaggio per esplorare la zona di Bering, al ritorno fu ucciso  dagli indigeni delle isole Hawai. Alla fine del Settecento, pertanto, era conosciuto, in modo assai preciso, la superficie della Terra.  La vita di Hegel coincide con lo sviluppo del Romanticismo in Germania: tra il 1770 e il 1830, in Germania, si verifica una “formidabile fioritura culturale”, sia sul piano filosofico con pensatori come Fichte, Schelling, Hegel, che su quello letterario con esponenti  quali Goethe, Schiller, Hoderlin, Novalis. Il Romanticismo si sviluppò in Europa alla fine del Settecento, dapprima  in Germania nel 1798  quando iniziò la pubblicazione della rivista Athenaeum, nello stesso  anno,in Inghilterra i poeti William Wordsworth e Samuel Coleridge pubblicano la prefazione al libro  “Ballate liriche “ che si considera il “manifesto” del Romanticismo inglese; in Francia le prime opere romantiche risalgono al 1819 quando Victor Hugo fondò la rivista “Le Conservateur littèraire; in Italia i temi del Romanticismo furono introdotti da Madame de Stael con l’ articolo “Sulla utilità delle traduzioni,” i nuovi orientamenti furono diffusi dalla rivista “Il Conciliatore” manifesti romantici sono del 1816, in Francia le prime opere romantiche risalgono al 1810 quando Madame de Stael pubblicò lo scritto “De l’ Allemagne”.

Sul piano politico Hegel è stato testimone della Rivoluzione francese che salutò con entusiasmo insieme a Schelling e Holderlin; della grande avventura di Napoleone Bonaparte  e della politica della Restaurazione di cui fu principale interprete Metternich che diresse la politica austriaca sino al 1848, in Prussia  il ceto aristocratico continuò a controllare gli alti gradi dell’ esercito, della burocrazia e anche nei settori della finanza e dell’ industria.                             




                                     I PERIODI DELLA STORIA 


Il processo storico, secondo Hegel, si snoda dialetticamente in quattro periodi che sono distinti secondo il principio di libertà che è “l’ anima della storia del mondo”: mondo orientale, mondo greco-romano, mondo cristiano germanico; il movimento “della storia del mondo”  procede dall’ Oriente all’ Occidente “La storia mondiale procede da oriente a occidente, poichè l’Europa è senz’ altro la fine della storia, l’Asia il suo inizio. Per la storia mondiale esiste un oriente, laddove l’oriente è per sè qualcosa di affatto relativo, infatti, sebbene la terra formi una sfera, la storia non compie un giro intorno a essa, bensì possiede un oriente, ben preciso e questo è l’ Asia. In oriente sorge il sole fisico, esteriore, che tramonta in occidente,  ma qui sorge il sole interiore della coscienza di sè, che diffonde uno splendore superiore. La storia mondiale è la disciplina imposta alla sfrenatezza della volontà naturale, affinchè divenga volontà universale e  libertà soggettiva. L’Oriente sapeva e sa soltanto che uno solo è libero, il mondo greco-romano sapeva che alcuni sono liberi, il mondo germanico sa che tutti sono liberi. Perciò la prima forma che vediamo nella storia è il dispotismo, la seconda sono la democrazia e  l’aristocrazia, la terza è la monarchia.”

In Asia nasce il sole  fisico che  tramonta a occidente “ma qui nasce anche il sole interiore della coscienza.”

    

                                          IL MONDO ORIENTALE


La storia ha inizio nel regno indiano  con la Cina e i Mongoli con il potere del regno teocratico. Cina e Mongoli hanno come loro principio il patriarcato......In Cina il monarca è il capo in quanto  è il patriarca; le leggi dello Stato attengono in parte al diritto , in parte alla moralità. Così la legge interiore il sapere soggettivo intorno al contenuto del proprio volere, inteso come interiorità personale, è, a sua volta un comandamento giuridico esteriore”. I cinesi, sottoposti al dominio patriarcale del sovrano, non conseguono una maturità interiore, la soggettività si “concentra” nel capo dello Stato che “prende ogni sua decisione per il bene, la salute e la pietà dell’ intera comunità”,  mentre i Mongoli hanno come capo il lama “venerato come un Dio”.

Il regno indiano è caratterizzato dalle varie caste che sono giustificate dalla religione; i poteri delle caste “si fronteggiano  in maniera libera”, “ogni casta ha le sue proprie leggi e regole riguardo agli aspetti  più ordinari della vita quotidiana....Ogni casta ha il suo compito determinato, deve osservare regole particolari e ha, in generale, diritti civili diversissimi”;  mentre in Cina “al di sopra di tutto  aleggia la previdenza patriarcale dell’ imperatore, che ha cura in egual modo dei suoi sudditi alla maniera di un padre; al contrario  presso gli Indiani non esiste questa unità, bensì proprio la diversità costituisce la sostanza: religione, guerra, industria, commercio, perfino le occupazioni più trascurabili si trasformano in una distinzione fissa, e costituiscono la sostanza della singola volontà........A ciò si accompagna un’ immaginazione smisurata”. irrazionale.” Pertanto, “mentre la Cina è uno Stato in tutto e per tutto, il sistema  politico indiano è soltanto un popolo, non già uno Stato, inoltre, mentre in Cina esisteva un dispotismo morale, in India quel che possiamno ancora  chiamare una vita politica è un dispotismo senza principi senza regole di morale e religiosità”.

“Il regno persiano è un impero in senso moderno, come  l’ impero tedesco di una volta e il grande impero sotto Napoleone, infatti consta di una molteplicità di Stati, tenuti in una condizione di dipendenza, è vero,  ma che hanno serbato  le loro individualità, i loro costumi e i loro diritti. Le leggi generali alle quali tutti sono sottoposti, non hanno recato danno alle loro condizioni particolari, anzi le hanno addirittura protette e conservate, così ciascuno dei popoli che costituiscono l’ insieme possiede la propria forma di costituzione, Come la luce illumina ogni cosa impartendo a ciascuna una vitalità propria, così la dominazione persiana si estende su una molteplicità di nazioni, lasciando a ciascuna il suo carattere particolare. Alcune hanno perfino un proprio re,  tutte differiscono per lingua, armamento, modo di vita, costume. Tutto ciò sussiste in pace sotto la luce universale. ............. In Persia  il governo è, nella sua unità generale,  solo un consorzio di popoli, che  lascia esistere liberi i popoli compresi nel suo interno”.  

Ciò premesso,  Hegel esamina le caratteristiche proprie di ogni regno che compone l’impero: la Persia, l’Assiria, Babilonia, la Siria, la Fenicia, la Giudea, l’Egitto; il regno persiano comprendeva i tre principi naturali che Hegel distingue: gli altipiani della Persia, le pianure fluviali dell’Eufrate, del Tigri e dell’ Egitto, la zona costiera della Siria, della Fenicia e della Giudea. L’ impero persiano è costituito da un insieme di popoli che il governo centrale lascia esistere liberi; dal punto di vista politico l’ impero comprende  molteplici elementi, per cui, come dimostra Erodoto, la disuguaglianza tra le varie popolazioni è stata la causa dell’abbattimento dell’ impero sconfitto dagli eserciti Greci: “Nel descrivere la grandiosa marcia dei popoli di Serse (con lui dovettero partire due milioni di uomini), Erodoto (VII, 60-99) traccia un splendido quadro della loro varietà. Tuttavia queste popolazioni erano così disuguali per disciplina, così diverse per forza e valore, che sarà facile capire come mai i piccoli eserciti dei Greci, disciplinati, animati  da uno stesso coraggio, condotti con bravura, abbiano potuto resistere a quelle schiere immense, ma disordinate. Le province avevano il compito di provvedere al mantenimento della cavalleria persiana, che soggiornava al centro dell’ impero. Babilonia era tenuta a fornire un  terzo delle risorse  necessarie a tale mantenimento, donde appare che Babilonia fosse di gran lunga la provincia più ricca. Altrimenti ogni popolo aveva l’ obbligo di offrire il meglio dei suoi prodotti aseconda della loro natura. Così l’ Arabia forniva l’incenso, la Siria la porpora ecc.”.

Hegel esamina le “rappresentazioni religiose” dei diversi popoli:  la religione persiana non è idolatrica,  ma si fonda sulla credenza di due principi: quello del bene,  “Ormuzd ”  e quello del  male “Abriman”, il primo è signore della luce, del bene, l’ altro è il signore del regno delle tenebre, del male, entrambi sono scaturiti da una sostanza universale, chiamata “zervana akarana”; il culto richiede che gli uomini si comportino in modo conforme al principio della luce, quindi la purezza spirituale costituisce  la norma universale.

 Nelle popolazioni siriache le rappresentazioni religiose sono idolatriche e basate sulla “dissipazione sensuale e sulla crudeltà” : l’uomo non ha nessun valore, e la vita spirituale è annullata; diverso è l’aspetto religioso dei Fenici  che comprende due momenti religiosi: il culto di Eracle simile al concetto greco della divinità e il culto di Adone simbolo di negatività e di dolore.

Nella religione ebraica Dio è concepito “dal puro pensiero; ...il rapporto tra il fisico e lo spirituale viene invertito  con la subordinazione del primo al secondo. Ma il Dio ebraico è lo spirito in senso astratto: esso è l’ uno che esclude gli altri dei, ma appartiene esclusivamente al suo popolo, cosicchè l’ efficacia del suo amore è circoscritta alla nazionalità ebraica.”.

L’ impero persiano comprendeva anche l’ Egitto conquistato da Cambise: gli Egiziani erano divisi in caste che non erano rigide come quelle indiane, la giustizia era  amministrata con “molta cura,” e hanno realizzato costruzioni possenti “come nessun altro popolo;” per quanto attiene la religione  si basa su due rappresentazioni: le potenze naturali  e quelle spirituali, infatti sono considerate divinità il Nilo e il sole che sono elementi della natura e Osiride che,  contemporaneamente, è “giudice dei morti e il signore del regno delle cose invisibili” e simbolo del sole e del Nilo. Si deve anche tener conto che Erodoto narra che  gli egiziani “primi fra i popoli  avrebbero formulato il pensiero che l’ anima sia immortale” ciò significa che  l’ anima è “altro rispetto alla natura, ovvero lo spirito è indipendente per sè.” Gli Egiziani ritenevano che fosse necessario  provvedere al morto  il “Libro dei morti” per il viaggio nell’ aldilà con le preghiere per sconfiggere i demoni, e gli  oggetti che a loro appartenevano; dopo la morte le anime venivano giudicate da Osiride; vi sono raffigurazioni che rappresentano il tribunale dei morti: Osiride viene raffigurato con una bilancia che “pesa” l’ anima, dietro di lui si trova  Iside; i morti venivano imbalsamati per onorare il corpo, sede dell’anima.

L’ impero persiano è stato travolto dai Greci : “il passaggio alla Grecia è invero interiore, ma diventa anche esteriore nella forma di un passaggio di signoria, un fatto che d’ora innanzi si ripeterà ogni volta. Infatti i Greci trasmettono ai Romani il  bastone del comando e della cultura,e i Romani sono sottomessi dai Germani”.

L’ impero cinese e quello indiano continuano a essere come sono sempre stati, entre quello persiano è tramontato, ma, osserva Hegel  occorre “rimuovere il pregiudizio secondo il quale la durata sarebbe qualcosa di superiore rispetto al trapassare: i monti imperituri non valgono più della rosa che presto appassisce al dileguare della sua vita in profumo.”.  In Persia, a differenza degli altri imperi, “ha inizio il principio dello spirito libero, opposto alla naturalità, e l’ esistenza naturale sfiorisce, affonda. Nel regno persiano è riposto il principio della separazione dalla natura, così la Persia sta più in alto rispetto a quei mondi immersi nell’ esistenza naturale In al modo si è schiusa la necessità del progresso, lo spirito è sbocciato e bisogna che maturi....poichè il progresso è possibile solo allorchè si sia stabilita lo’ indipendenza dello spirito”.

I Persiani non sono riusciti ad organizzare un impero pienamente organizzato ed hanno creato “mero aggregato” dei molteplici popoli che hanno conquistato; la Persia non costituiva, sul piano politico, “un solo spirito,” ma era un aggregato di elementi  “in attesa di trovare la loro unità”.  




IL  MONDO GRECO


La storia greca si snoda tra Achille e Alessandro, Achille è la figura simbolica dell’impresa nazionale contro Troia, Alessandro “l’individualità più libera e bella che la realtà abbia mai prodotta, appare alla testa della vita giovanile interiormente maturata e compie la vendetta contro l’ Asia”.

L’inizio della storia della Grecia  è caraterizzata da migrazioni e mescolanza di stirpi in parte autoctone: “i Greci, al pari  dei Romani, si sono sviluppati da una confluenza delle nazioni più disparate”;  la colonizzazione è stata attuata da parte di popoli civilizzati più avanzati dei Greci in fatto di cultura e vi  è stata una fusione tra gli stranieri e gli autoctoni. Questi stranieri hanno formato solidi centri in Grecia con l’erezione di rocche e la fondazione di dinastie regali che hano favorito le prime forme di convivenza. Dopo la guerra di Troia, le dinastie tramontarono  e la storia ripiomba in una maggiore oscurità (Medioevo greco) che si protrasse per diversi secoli; le città sono isolate l’ una dall’ altra, tuttavia pur essendo isolate prosperano, soprattutto, grazie al commercio. Durante tale periodo si costituiscono le colonie in tutte le direzioni, e a loro volta, le colonie divennero madrepatrie, come Mileto che fondò molte città. 

Dopo lo scontro contro i Persiani, alcune città conseguirono posizioni egemoniche; in particolare si distinsero due città Atene e Sparta; in Atene si affermò la democrazia, soprattutto con le riforme di Solone e di Pericle che si dedicò totalmente alla vita pubblica e perseguì, senza tregua, il proprio  scopo: “essere utile allo Stato.”.  In Atene esisteva “una viva libertà e una viva uguaglianza di costumi e cultura spirituale,”e si affermò “lo spirito della bellezza”; per iniziativa di Pericle  “furono prodotti quei monumenti eterni della scultura che lasciano sbalorditi i posteri.”. Atene ha dato “lo spettacolo di uno Stato che viveva avendo come suo fine essenziale il bello, uno Stato che possedeva a fondo una coscienza coltivata della serietà degli affari pubblici e degli interessi dello spirito  e della  vita umani, e quindi univa l’ardimento  del valore militare  e la solidità del senso pratico”.

Invece Sparta è caratterizzata dalla “virtù rigida, astratta, la vita per lo Stato: così che la vivacità, la libertà dell’individualità sono represse”. L’ organizzazione statale opera solo nell’ interesse dello Stato; per quanto riguarda la costituzione politica dello Stato” la base era democratica ma con forti modificazioni che ne facevano quasi un’aristocrazia e un’ oligarchia” “lo spirito dei Lacedemoni era tutto rivolto allo Stato;la cultura spirituale, l’ arte e la scienza non erano di casa fra loro”. 

La fioritura più bella della vita greca durò circa sessant’ anni, dal 492 al 431, quando iniziò la guerra del Peloponneso che fu, in sostanza una guerra tra Atene e Sparta.  La Grecia non diede mai origine ad uno Stato unitario:. l’ ostilità e la gelosia reciproca furono la causa del crollo; Filippo sottomise gli Stati ellenici, l’ epoca della loro indipendenza era finita.


                                         IL MONDO ROMANO

  

Hegel osserva che la storia romana è stata considerata secondo molteplice prospettive, in particolare per la storia romana più antica, che è stata elaborata da tre classe di studiosi: gli storici, i filologi e i giuristi: “gli storici si attengono alle grandi linee e prendono in esame la storia come tale.........i filologi puntano su singoli aspetti passibili  delle combinazioni più svariate,” infine “i giuristi hanno indagato i dettagli più minuti  a proposito del diritto romano”. Il risultato è che la storia romana più antica è stata considerata, soprattutto dai filologi come una favola. Occorre, invece, considerare  che, quando Roma fu fondata da Romolo. si costituì come Stato di predoni, di pastori dediti al brigantaggio; come strumenti, per favorire il giovane Stato, furono utilizzate la religione e furono condotte a Roma gli abitanti delle città vicine e conquistate. Tale fondazione dello Stato deve essere considerato la “base essenziale dell’ originalità di Roma. Essa reca subito con sè la disciplina più dura e insieme il sacrificio in vista del fine dell’ associazione. Uno Stato  formatosi  solo da se stesso  e riposante sulla violenza  deve per forza  essere tenuto insieme mediante la violenza. Qui non esiste un legame morale, liberale, bensì una condizione coatta di subordinazione che deriva da tale origine. La virtus romana e il valore militare, non solo il valore personale.bensì quello che si mostra per natura nel legame fra  i compagni, che vale come bene supremo e può intrecciarsi a qualsiasi specie di violenza. Sebbene i Romani formassero una società chiusa, essi non si trovavano in contrasto al loro interno con un popolo conquistato e oppresso come i Lacedomoni, fra loro si schiuse invece la differenza e la lotta tra patrizi e plebei. 

L’ inizio “brigantesco” dello Stato costrinse ogni cittadino ad essere soldato, poichè “lo Stato si reggeva sulla guerra;” il contrasto tra plebei e patrizi durò a lungo: “solo passo dopo passo i plebei ascesero a tutte le vette e acquistarono le prerogative spettate in passato ai solo patrizi”. Gli inizi rozzi e selvatici della vita romana fu causa, nel rapporto familiare, di una “durezza egoistica”; non si trova presso i Romani “il rapporto familiare libero, bello, dell’amore e del sentimento, al posto della fiducia subentra il principio della durezza, della dipendenza e della subordinazione.”. Pertanto la moglie apparteneva al marito, il marito aveva diritti sopra la moglie e il suo patrimonio; se il marito,voleva separarsi dalla moglie e il matrimonio non era stato consacrato con la “confarreatio” poteva mandare via la moglie. I figli erano sottoposti alla patria potestà, non potevano avere proprietà, la loro condizione era simile a quella degli schiavi. La durezza “immorale” della vita privata, corrisponde, necessariamente, con “l’identica durezza” dello Stato: “ciò costituisce la grandezza romana,la quale aveva per suo carattere specifico la dura rigidità nell’ unità degli individui con lo Stato, con la legge e il comando dello Stato.”.

Tale “spirito” caratterizzava non solo gli eroi romani quado fronteggiavano il nemico, ma apparteneva anche alla plebe: la loro mentalità era il frutto “dell’ origine della primitiva società di predoni, nella natura determinata dello spirito mondiale com’ esisteva a quell’ epoca;” la libertà si universalizza ed è propria dello Stato, a livello personale si manifesta come “diritto positivo,” come libertà esteriore.

La dominazione romana comprese, inizialmente, l’ Italia, solo con la seconda guerra punica si scontrò con i più potenti Stati esistenti: la Macedonia, l’ Asia, la Siria, l’ Egitto; centro del grande impero fu  l’Italia  e Roma: “Gli eserciti furono adoperati per le imprese della politica e degli interessi particolari, per l’ acquisto della ricchezza, della gloria, del dominio astratto. Il rapporto con le altre nazioni fu il puro rapporto della violenza. L’ individualità nazionale dei popoli non esortava ancora i Romani al rispetto. I popoli non valevano ancora come legittimi, gli Stati non si riconoscevano, nè la loro esistenza era riconosciuta come qualcosa di essenziale......Roma manteneva eserciti stabili nelle provincie conquistate, proconsoli e proprietari  furono inviati nelle provincie come governatori. I cavalieri riscuotevano i dazi doganali e i tributi che avevano preso in appalto dallo Stato”.     

Il dominio imperiale si affermò con Cesare “che aprì uno nuovo scenario e prese le sue decisioni  con la più autentica intelligenza e che le attuò con il massino di attività e praticità senz’ altra passione; Cesare ha fatto la cosa giusta dal punto di vista della storia mondiale, in quanto .... è riuscito con la violenza a mantenere unito il mondo romano”.

Durante l’ età imperiale si diffusero l’epicurismo, lo stoicismo  e lo scetticismo: miravano tutti a rendere “lo spirito internamente indifferente...tali filosofie erano molto diffuse tra le persone colte, esse producevano l’imperturbabilità interiore dell’ uomo e vi riuscivano mediante il pensiero,mediante l’ attività di produrre qualcosa di universale.” .  


                       IL MONDO CRISTIANO -  GERMANICO

Nell’ opera La positività della religione cristiana”, composta  durante il periodo francofortese (autunno 1795 e l’aprile 1796), Hegel afferma che la religione è istituzionalizzata, imposta dall’autorità: la positività implica la dogmaticità e la “scissione dell’ uomo da se stesso” nel senso che l’universale che è identificato con Dio e con la legge. Tale scissione è tipica dell’ ebraismo e viene superata dal cristianesimo attraverso l’amore. 

La critica alla “religione positiva” costituisce il tema dello scritto “Lo spirito del cristianesimo e il suo destino” composta tra il 1798 e il 1799; Hegel  sostiene che dopo il diluvio universale vi è stata la  “la scissione tra l’ uomo e la natura” che è diventata “estranea e nemica”; a tale scissione si è aggiunta quella “dell’uomo con se stesso” e quella  tra il mondo umano e la trascendenza divina, poichè la legge divina è avvertita come soprannaturale e, quindi, esterna all’ uomo.

Con la nascita di Cristo si è conseguito la riconciliazione tra infinito, finito e la pace; Cristo, però, deve affrontare la morte, solo dopo la morte è assunto in cielo e siede alla destra del Padre, “solo così è spirito” Cristo stesso dice agli apostoli: “Quando non sarò più fra voi, lo spirito vi guiderà in tutta verità (Giovanni 16, 5,  13); nel giorno di Pentecoste gli apostoli furono colmi dello Spirito Santo:” negli apostoli “si presenta la verità posta, sviluppata”.

Gli amici di Cristo, che hanno come fine di vivere nella vita spirituale,  costituiscono una comunità che è il “regno di Dio”; la comunità “è una vita reale, presente nello spirito di Cristo”. La comunità è il regno di Cristo che ne è “l’efficace spirito presente”:  questo regno  ha una presenza reale ed  un’esistenza esteriore.

Per quanto concerne l’ultimo aspetto, l’esistenza esteriore, è la Chiesa ad esserne la specifica rappresentante: “la Chiesa non solo è religione  a fronte di un’altra religione, ma nel medesimo tempo è esistenza mondana a fronte di un’ esistenza mondana. L’ esistenza religiosa è retta da Cristo, il regno mondano è retto dall’ arbitrio degli individui stessi. In questo regno di Dio deve ora sopravvenire un’organizzazione. Dapprima tutti gli individui si sanno ricolmi di spirito, l’intera comunità conosce la verità e la esprime; tuttavia a fianco di questa comunanza si fa avanti la necessità di creare un direttivo capace di guidare e ammaestrare, distinto dalla moltitudine della comunità. I direttori sono i depositari del sapere della vita universale e ne dispensano il godimento; perciò si distinguono  dalla comunità in quanto tale come i sapienti e i governanti si distinguono dai governati.” 

Con il Cristianesimo è superata la divisione  tra l’ intimità del cuore e l’oggettività; a tale realizzazione sono chiamati i popoli germanici: “All’ interno dell’ antica Roma il cristianesimo non poteva trovare il suo terreno reale e formare di qui un regno è chiamato un altro popolo, o meglio altri popoli, ossia i popoli germanici. All’ interno dell’ antica Roma il cristianesimo non poteva trovare il suo terreno reale e formare di qui un regno”

Il mondo germanico si snoda secondo tre periodi: il primo ha inizio con l’ingresso delle popolazioni germaniche nel regno romano; il secondo periodo è l’ epoca di Carlo Magno,  si sviluppa l’ antitesi tra la Chiesa come teocrazia e dello Stato come monarchia feudale; il terzo periodo, è l’ epoca del governo di Carlo V, nella prima metà del secolo XVI, e  è caratterizzato dalla Riforma Luterana che è opera dei popoli germanici, la Chiesa non vi ha parte: “A partire da adesso la Chiesa rimane indietro rispetto lo spirito del mondo:”  il “sacro” della chiesa è puramente esteriore; le stesso crociate erano alla ricerca di un bene esterno: il corpo di Cristo che non si trova più nel sepolcro vuoto.

 Con la dottrina predicata da Lutero ha “inizio una nuova fase di liberazione. La naturalità è vinta mediante la spiritualità interiore”. La dottrina  di Lutero, è la soggettività infinita, ossia l’ autentica spiritualità. Cristo non è  in alcun modo presente e reale in una fattispecie esteriore, bensì è attinta come cosa spirituale in genere solo nella conciliazione con Dio – nella fede e nell’ atto di fare la comunione. .......Non è la coscienza di una cosa sensibile, scambiata per Dio, ma neppure è  la coscienza di una cosa solo rappresentata, non reale nè presente, bensì è la coscienza di una realtà che non è sensibile. Questa rimozione dell’ esteriorità ricostruisce tutte le dottrine e riforma qualsiasi superstizione nella quale la Chiesa si è conseguentemente disgregata” 

La Riforma si è diffusa nei paesi germanici e non è penetrata nei paesi latini che non sono stati in grado di superare la scissione tra il mondano e il religioso; essi  hanno cercato di affermare la libertà per mezzo dell’ Illuminismo; dall’illuminismo è scaturita una    rivoluzione che ha affermato  i principi di libertà  e di uguaglianza che si sono affermati a livello mondiale; tutto avrebbe  dovuto rinnovarsi, ma è scaturito  una forma di liberalismo che a partire dalla Francia ha percorso il mondo romanico “da capo a fondo, ma questo mondo è rimasto inchiodato  all’ illibertà politica dalla servitù religiosa. E’ infatti un falso principio quello che le catene del diritto e della libertà possano essere strappate senza la liberazione della coscienza, che possa esserci una rivoluzione senza Riforma. Questi paesi sono ricaduti nella loro antica condizione, in Italia con alcune modifiche della situazione politica esteriore. Venezia, Genova, queste  antiche aristocrazie, che quanto meno erano legittime, sono svanite come dispotismi  ormai marci. L’ esteriore supremazia nulla può sulla durata. Napoleone non potè costringere alla libertà,come Filippo II non potè costringere l’ Olanda alla servitù. ”  

Le teorie di Hegel relative alla storia hanno suscitato la questione della fine della storia, cioè se sussiste o meno un “futuro della  storia”;

la risposta è complessa; Spengler nella sua opera “Il tramonto dell’Occidente” ipotizza la decadenza della civiltà e della cultura occidentale; ma il “tramonto” non è la fine: il sole tramonta alla sera e risorge il giorno successivo. Analogamente la decadenza non preclude  il sorgere dell’ alba della rinascita.


     I CORSI UNIVERSITARI DI FILOSOFIA DELLA STORIA


Le lezioni sulla filosofia della storia sono state pubblicate dopo la morte di Hegel a cura di amici e di studenti; nel 1837,  per opera di Eduard Gans, nel 1840 per opera di Karl Hegel figlio maggiore del filosofo; nel periodo tra il 1917 e il 1955 fu pubblicata un’ edizione il quattro volumi;il primo volume fu nuovamente pubblicato; nel 1996, fu pubblicata l’ edizione relativa qal primo corso di Hegel nel 1823.

Di tutte queste edizioni esistono diverse versione italiane, l’ ultimam con il titolo “Lezioni sulla filosofia della storia”, è stata editata dalla Laterza  nel 2019/2020.

Hegel tenne diverse lezioni, a Berlino, relative alla filosofia della storia:nel semestre 1822/23 e, successivamente, nei semestri 1824/25, 1826/27,1829/30, 1830/1831. Sono stati ritrovati alcuni alcuni appunti di Hegel, ma lafonte principale è relativa ai quaderni degli uditori;   Gans e  Karl Hegel  cercarono  di creare un’ opera il più possibile simile a quella che, forse, avrebbe pubblicato Hegel, perciò fusero insieme i materiali  di cui disponevano, per ottenere un’ opera coerente; pertanto mescolarono  il contenuto dei manoscritti di Hegel e quello degli uditori che avevano preso appunti nel corso  delle diverse lezioni. Nel Novecento, aumentò il materiale a disposizionee si decise di distinguere con cura le fonti e  gli editori hanno pubblicato separatamente i singoli corsi.





       LA  FILOSOFIA  DELLO SPIRITO 


Per “Spirito” Hegel intende la manifestazione dell’ “Idea”, cioè della “Ragione infinita”; lo sviluppo dello spirito si configura in tre momenti: come Spirto soggettivo, cioè  come Spirito individuale; Spirito oggettivo che si manifesta  nelle istituzioni, nel diritto, nella morale, nell’ eticità; quest’ultimo –l’eticità- è il momento della piena consapevolezza di sè e si articola a sua volta in tre fasi: la famiglia, la società civile, lo Stato. Infine, lo sviluppo si conclude come Spirito assoluto che si articola nuovamente in tre momenti: l’ arte, la religione, la filosofia, che costituisce il momento della piena consapevolezza dello Spirito: “A dire anche una parola sulla dottrina di come dev’essere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa  appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo programma di formazione ed è bell’ e fatta.. Questo che il concetto insegna, la storia mostra, appunto, necessario che, cioè, prima l’ ideale appare di contro al reale, nella maturità della realtà, e poi esso costruisce questo mondo medesimo, colto nella sostanza di esso, in forma di regno intellettuale. Quando la filosofia dipinge a chiaro scuro, allora un aspetto della vita è invecchiato, e, dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo”.

Il razionale si compie nel mondo e la filosofia ha il compito di riconoscerlo; ma la filosofia riconosce le “molteplici sfumature della realtà” (dipinge il chiaroscuro) quando un percorso dello Spirito si è compiuto: la filosofia non è “l’ anticipo” di un mondo, ma  conosce il percorso dello Spirito quando si è compiuto:  la filosofia, come la  nottola di Minerva, si leva al far del crepuscolo.

Lo Spirito, secondo Hegel, opera  dialetticamente, il processo si snoda in tre momenti: tesi – antitesi –sintesi; trattasi di un movimento fluido che comprende la Logica – la natura – l’ individuo singolo -  il processo storico in tutte  le sue dimensioni: famiglia – diritto –lo Stato – l’ arte – la religione – la filosofia; tale movimento ha come finalità la libertà intesa non in senso individuale, ma in senso universale.

E’ inesatto  ritenere che Hegel consideri  concluso il percorso  con la sua visione filosofica; la filosofia chiude un processo, ma un altro si riapre:  al crepuscolo segue la notte, rinasce l’ aurora e appare  un nuovo giorno: il processo storico non è mai concluso. “Nella natura i mutamenti sono solo circolari e si ripetono sempre, nelle cose meramente materiali si manifesta sempre la stessa nota, un carattere stabile per sempre, in cui si risolve ogni mutamento”, mentre  “ il processo dello spirito è un progresso”..................”E’ la natura stessa dello spirito ad esigereche le produzioni e i cangiamenti determinati dalla sua attività vengano rappresentati e conosciuti come mutamenti qualitativi”........è nello spirito,ad un tempo, una lotta dura e infinita contro sè stesso. Ciò che lo spirito vuole, è raggiungere il suo proprio concetto.”.

Il mutamento non è “innocuo e pacifico” ma è frutto di un duro lavoro che ha lo scopo di rettificare il concetto: nello spirito ogni cambiamento è progresso ed ha come finalità il conseguimento della libertà: “non la libertà soggettiva  del singolo individuo, ma la libertà  espressione della volontà universale........La volontà soggettiva è una nota affatto formale, in cui non è per nulla implicito  quello che essa vuole.......Solo la volontà razionale è questo universale che  si determina ed evolve in sè.”.




BIBLIOGRAFIA


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 Kojève, La dialettica e l’ idea della morte, Einaudi 1991;

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