La miniera di Vallauria prepara la sua apertura al pubblico

 ALPI DEL SUD

LA MINIERA DI VALLAURIA PREPARA LA SUA APERTURA AL PUBBLICO

L’antica miniera di Vallauria si risolleva dalla tempesta invernale Alex. Chiusa nel 1930, è stata la miniera più importante delle Alpi del Sud e l’inizio del suo sfruttamento risale al Medioevo. Dopo anni di cantieri, studi geologici, ricerche archeologiche, rimangono piccoli lavori per consentire l’apertura al pubblico.

Il 2 e 3 ottobre 2020 le piogge torrenziali della tempesta invernale Alex hanno devastato la vallata del Roya. L’équipe dell’Associazione Neige et Merveilles ha dovuto immediatamente abbandonare la sede, ubicato sul pianoro della Miniera di Vallauria, nel Comune di Tenda nelle montagne delle Alpi Marittime.

La strada RD91, che permetteva di accedere a Neige è stata distrutta, l’équipe è riuscita a tornare qualche giorno dopo attraverso un percorso che passa dall’Italia. “Si è quindi potuto vedere la distruzione dei muri in pietra a secco di sostegno, una costruzione sospesa, il paesaggio cambiato per lo scorrimento delle acque, i depositi di sabbia e detriti….Noi sgombreremo l’area prima di riprendere i lavori” rassicura Christian Le Martelot, ex direttore dell’Associazione. Egli rassicura l’impegno nel progetto “espace valléen” per la valorizzazione del patrimonio archeologico e minerario di quella che è stata la più importante miniera delle Alpi del Sud.


UN IMPORTANTE PATRIMONIO ARCHEOLOGICO MINERARIO.

Costruita nella metà del XVIII sec. la Miniera di Vallauria ha visto la presenza dai 50 ai 100 operai per circa due secoli. Fabbriche per la lavorazione del minerale, forge, segherie, alloggi, la scuola ed una cappella rappresentavano tutta la vita di questo villaggio autonomo, sito a 1500 m di altitudine su un promontorio roccioso che dominava la valle del Roya. In un primo tempo in epoca medioevale al livello di affioramento del deposito minerario e poi, più in profondità, dal 1750 al 1930, quasi una ventina di gallerie sono state scavate per la produzione della galena (minerale argentifero di piombo) e della blenda (minerale di zinco). I diversi livelli della miniera testimoniano di vari periodi di sfruttamento e sono riuniti tra loro attraverso un sistema di gallerie interne e di camini.

Dopo una ventina d’anni la concessione della miniera è stata annullata dallo Stato. E dopo il 2011 questa antica miniera è stata oggetto di numerosi scavi archeologici programmati con l’autorizzazione della DRAC PACA e del prefetto delle alpi Marittime sotto la direzione di Bruno Ancel, archeologo del servizio municipale dell’Argentière-la Bessée (Hautes Alpes). “La miniera di Vallauria non ha prodotto alcun cristallo degno di questo nome, ma i vasti cantieri medioevali scavati nella roccia con il fuoco sono di una bellezza eccezionale”, testimonia Jean Ferand geologo in pensione della miniera filiale del BRGM (vedi sotto), “questa è stata la prima antica miniera in Francia dove i geologi hanno identificato e denominato, nel 1968, un tipo nuovo di giacimento:una tipologia di mineralizzazione “sintettonica” e “sinmetamorfica alpina”. E’ stata anche la prima miniera al mondo dove fu perfezionato, dall’ingegnere italiano Livio Cambi, il trattamento elettrolitico del minerale di zinco, che sarà esteso nel 1926 nelle ricche miniere della Sardegna e poi di tutto il mondo”.


APERTURA DELLA MINIERA AL PUBBLICO ESCLUSO.

L’Associazione Neige et Merveilles prevedeva dei nuovi lavori prima di dare la possibilità al pubblico la possibilità di scoprire questa antica miniera: la costruzione di due passerelle e di una piattaforma all’uscita della galleria S.Felice, l’illuminazione del circuito della visita sotterranea su 900 metri di galleria w la predisposizione di una spazio museografico e di biglietteria. Nel complesso, per il progetto di apertura di questa antica miniera al pubblico, è stato ritenuto necessario un budget di circa 265.000 euro, con sostegno lacale pari al 50% della somma totale, grazie ad una sovvenzione del Consiglio Generale del Dipartimento PACA, con finanziamento europeo pari al 30%, grazie ai Fondi europei per lo sviluppo regionale (Feder POIA, programma operativo interregionale del Masiccio delle Alpi), il resto proveniente da un autofinanziamento dll’Associazione Neige et Merveilles pari al 20% del totale. Proprietaria del sito, che comprende alloggi per gli escursionisti negli antichi edifici di sfruttamento minerario completamente ristrutturati, questa Associazione per l’educazione popolare organizza delle attività culturali ed educative per la valorizzazione del patrimonio archeologico, minerario ed ambientale del territorio.

E’ la prima volta che questa antica città mineraria beneficia di fondi europei” sottolinea Christian Le Martelot “dopo la creazione dell’Associazione, ormai 60 anni fa, il patrimonio degli immobili è stato ricostruito sulle rovine pietra per pietra, prima da operai metallurgici impiegati presso le officine Renault a Boulogne-Billancourt, affascinati da questo villaggio minerario e dalla sua posizione eccezionale, poi grazie a numerosi cantieri internazionali di giovani volontari”. La Miniera di Vallauria si trova in effetti immersa tra i laghi delle Mesces e della Miniera, a due ore di cammino dalla Valle delle Meraviglie, classificata monumento storico. Dal massiccio dell’Argentera al cuore del Parco Nazionale del Mercantour questa valle custodisce un tesoro di più di 40.500 incisioni protostoriche databili all’Età del bronzo antico (scoperte alla fine del XIX sec.).

I lavori nella miniera di Vallauria sono stati bruscamente rallentati nel 2020 a causa del Covid e i danni provocati dalla tempesta Alex hanno suscitato il timore che l’apertura al pubblico della miniera non sarà possibile. Da qui la campagna di sottoscrizione lanciata nelle settimane seguenti alla tempesta Alex, che ha permesso una raccolta fondi di 10.000 euro tali da rafforzare la capacità di autofinanziamento dell’Associazione. Questo timore si è finalmente dissolto con la concessione di una dilazione supplementare per l’esecuzione dei lavori sino alla fine del 2022 viste le circostanze eccezionali di questi ultimi mesi.

Non appena la neve sarà sciolta, ripartiremo con i cantieri insieme alle imprese locali”, precisa Christian Le Martelot, che rimane ottimista per quanto concerne l’apertura del sito al grande pubblico per la prossima stagione estiva. Sul sito web dell’Associazione una guida di presentazione del luogo è già pronta e resta possibile dare il proprio sostegno a questa bel progetto di salvaguardia del patrimonio.

Camille Saisset










La Miniera di Vallauria

UN SITO CARICO DI STORIA DOVE BRGM HA FATTO UN BUON LAVORO.

Ci sono stati certo dei pretendenti per il rilancio dello sfruttamento minerario in Vallauria. Nei fatti, la squadra di giovanissimi del BRGM ha condotto con entusiasmo i primi passi della divisione sud-est delle ricerche minerarie metropolitane (DRMM), basate sul sole di Cannes. Dai loro studi derivano non tante riaperture delle zone minerarie quanto l’avanzamento delle conoscenze.

Nel corso della storia il territorio montuoso della Miniera di Vallauria ha visto passare numerose armate e ha più volte cambiato governo. Dopo essere rientrato nel Regno dei Savoia, poi sotto la Stato francese e poi italiano è stato ricongiunto alla Francia nel 1947. Occorre riconoscere che ha fortemente interessato importanti geologi. Citiamo qui tra gli altri Jean Vernent, un alpinista, membro della Resistenza e deportato, che, dopo essere stato riabilitato, ha scoperto a 50 anni la passione per la geologia alpina, fino a diventare assiduo collaboratore del Servizio della carta geologica. Citiamo ancora Anna Faure-Muret, alunna di Paul Fallot che per il suo forte carattere ha meritato il soprannome di “la tigre dell’Argentera”. Molto presto la possibilità di ripresa della Miniera di Vallauria, chiusa nel 1930, ha suscitato l’interesse di molti potenziali investitori. Nel 1948 c’è stato per primo Pierre-Jean Herbinger che fondò la società di estrazione Garrot-Chaillac. Nel 1949 fu la società mineraria e metallurgica di Penarroya la quale ordinò un primo studio minuzioso in miniera realizzata nel 1952 da Fronçois Foglierini. Notiamo che questo giovane geologo ha condotto in parallelo delle ricerche sul giacimento stratiforme di zinco-piombo della miniera di Largentière, che portarono alla riapertura di questa grande miniera d’ardesia.

Nel 1958 il BRGG (Ufficio delle risorse geologiche e geofisiche) prese in carico gli studi. Il BRGG divenne presto il giovane BRGM (Ufficio delle risorse geologiche e minerarie) creato con decreto del 1959. Il Ministero dell’Industria gli aveva dato mandato per sostenere il rilancio dell’industria mineraria metropolitana grazie alla sua capacità di osservazione. Sotto il comando di Pierre Aicard, anziano dell’Ufficio delle miniere di Francia d’Oltremare (Bumifom) e di Dakar nominato direttore per tutto il sud-est da Jacques Bertraneu, tutta la squadra del BRGM a partire dal 1959 si succede alla Miniera di Vallauria: Jean Lugnon, aiutato  da Jean Vernet, per lo studio geologico dettagliato, Ignace Darcheville, Jean-Pierre Muller e Louise Thomas per la topografia sotterranea, Fernand Munck e Boris Stanudin per la geofisica; poi un permesso di ricerca fu emesso con durata triennale il 18 marzo 1963. Gerard Magnat e Henri Azais per i lavori in miniera e Lucien Burnol per la mineralogia; Eugene Venner dopo Cannes per la logistica e la contabilità,Louis Viallefond (più tardi) per la ricerca di giacimenti nascosti. Senza dimenticare gli esploratori Pierre Maslard e Aldo Zanfoni.

La squadra “lavori della miniera” era composta da un capo minatore, da due minatori e da cinque operai. La squadra dei sondaggi comprendeva un capo esploratore, un meccanico e 6 esploratori per un lavoro su tre turni. Tutto questo piccolo mondo viveva in piccole roulotte a 1500 m. di altitudine tra molte difficoltà. Sono da ricordare 4 sondaggi che, intersecando soprattutto la grande faglia detta di Vallauria,provocarono perdite d’acqua di un certo rilievo (201/s a 4° C), che furono oggetto di studio da parte di Guy Durozoy e Marcel Lanteaume.

Sul piano geologico occorre soprattutto menzionare il formidabile lavoro di Jean Lougnon, che aveva appena terminato l’esplorazione del giacimento di Pb-Zn stratiforme di Melle nel distretto Poitevin, di Jean Gérard (fratello gemello di George Gérard), che veniva dal Bumifom e che, purtroppo, morirà qualche tempo dopo in un incidente automobilistico, e del giovane Albert Autran. Quest’ultimo, dopo il servizio militare, aveva appena nel 1964 rivoluzionato le conoscenze sul metamorfismo alpino della Corsica. Egli ha dimostrato l carattere sintettonico e sin metamorfico alpino del processo di mineralizzazione della Vallauria. Si tratta di una scoperta pioniera nel campo dello studio delle genesi dei minerali. Ricordiamo che contemporaneamente Renaud Caby è giunto alle medesime conclusioni per quanto concerne la mineralizzazione di Modane (nella Savoia).


SPERANZE MINERARIE NON REALIZZATE.

Sul piano minerario, l’interesse di BRGM per il gruppo di faglie mineralizzate della Vallauria, dal potenziale geologico relativamente “classico”, fu molto ridimensionato nel 1964, quando, nei Pirenei, André Bernard e François Foglierini dimostrarono il carattere stratiforme del giacimento di piombo-zinco della miniera di Pierrefitte-Nestalas, sfruttata da Penarroya e fino ad allora classificata come campo venoso. In un resoconto presentato all’Accademia delle scienze resta famosa tra gli specialisti, fecero la prova che si trattava di strati di minerale di origine esalativo-sedimentario, ripiegato in una fascia di anticlinali e sinclinali diversificati ed estremamente pizzicati, allungati, a faglia. Più tardi Georges Pouit, Jean Pierre Bois e in seguito Nadège Nicol precisarono tutto nei particolari. Questo modello, che raddoppiava le speranze di riserve esistenti, fu subito applicato al giacimento di Vallauria, il cui studio aveva appena provato la localizzazione sul fianco occidentale di un antico rilievo permiano e di un sinclinale alpino dove lo zoccolo di gneiss, il Permiano e il Triassico basale scistico erano strettamente intrecciati. Si pose l’attenzione sulla ricerca di mineralizzazione sul fianco orientale, simmetrico. Ma purtroppo non ve ne era. 

In totale la BRGM effettua 1565 metri di carotaggi di cui 9 sondaggi profondi totalizzando 1233 metri (quattro con il macchinario Boyles Bros ad aria compressa e 5 con una Joy HS15) e quattro al giorno con una Joy 12B, 187 metri di nuove gallerie Santa Barbara e 456 metri di sondaggi con martello perforatore Alex Lion.

Il totale dei campioni analizzati ammonta a 37 per i carotaggi, 1519 per la geochimica sistematica dei sondaggi, 2004 per la prospezione geochimica in superficie e 215 per gli studi petrografici. Dopo la campagna di lavori del 1965 la spinta è diminuita. Le sole e poche risorse appurate non erano sufficienti a giustificare le attività. Contemporaneamente una prospezione geofisica e geochimica di superficie delimitò un altro settore favorevole ad ovest della Miniera: il “Tetto nuovo” che fu esplorato nel corso del 1965 da quattro sondaggi al giorno  con la Joy 12B, totalizzando 481 metri. Si scoprì grazie ad essi un passaggio di due metri all’1% di zinco, che si rivelarono deludenti.


La ragione della chiusura della miniera di Vallauria.

In un approccio un po’ rapido si potrebbe pensare che la chiusura dello sfruttamento italiano della Miniera di Vallauria – di cui gli insuccessi dei sondaggi condotti nel 1965 decreta la fine ineluttabile- sembra all’epoca non causata soltanto da una diminuzione del minerale ma anche da un certo irredentismo rivendicativo di Mussolini! Certo c’è stata la crisi economica del piombo nel 1927, poi quella del 1929, che colpisce l’Europa un po’ più tardi. Ma è nel 1927 che Mussolini pronuncia il suo famoso discorso in cui rivendica Nizza, la Savoia, la Corsica e più tardi la Tunisia! Il 1927 è dunque l’anno in cui il governo francese decide di proteggersi e butta il primo metro cubo di cemento della linea Maginot, non subito in Lorena, ma prima nelle Alpi Marittime, a Rimplas. Di contro Mussolini inizia a costruire il suo Vallo Alpino (muro delle Alpi), una sorta di linea Sigfrido costituita di fortificazioni leggere. Gli Alpini giungono numerosi a Vallauria e il villaggio minerario è trasformato in caserme. I minatori vengono impiegati per la costruzione di “casematte”  di roccia tutto intorno alla miniera anche per la difesa del colle di Tenda. In realtà il minerale si era rarefatto effettivamente e le vene d’acqua in profondità diventavano consistenti. L’insieme fortificato del Vallo Alpino venne soprattutto sviluppato successivamente. Resta poco così come delle casematte, che –arroccate ai fianchi delle montagne- costituiscono un’attrazione turistica che merita un colpo d’occhio.


LA STAFFETTA RIPRESA PER FORTUNA DA UN GRUPPO DI UMANISTI.

Nel frattempo, il 18 maggio del 1961, un gruppo di appassionati, l’associazione 1901 Neige et Merveilles, ha ricomprato dall’esercito il terreno del villaggio minerario, con lo scopo di costruire qui un centro internazionale di tecniche artigianali. Dopo, con un piccolo budget ma uno spirito i ferro, l’associazione continua la sua attività disinteressata, dedicandosi alla formazione al reinserimento dei giovani.



Il “piccolo guerriero del Monte Bego” è una statuetta in bronzo di 9 cm di altezza, datata all’inizio dell’età del ferro e conservata al museo archeologico di Cimiez a Nizza. Fu trovata nel 1906 da un operaio italiano che lavorar ava alle miniere di frontiera, raffigurata in attitudine di adorazione. Altri archeologi pensano che con le due braccia sembri portare qualcosa e abbia potuto quindi far parte con una o più statue simili di un gruppo votivo rappresentante una processione di guerrieri o di minatori, considerata anche la presenza di un casco, forse raffigurati mentre trasportavano un personaggio su una portantina. La statua è al 12% di stagno precisa Christiane Eluère (2000) con componenti di Fe, As, Ni, Ag, Sb, Bi, Co, Te e S. queste tracce sono molto interessanti soprattutto di tellurio (a più di 70 ppm) perché Paul Picot, Jean Féraud e colleghi del BRGM hanno identificato nel 1975 nel Mercantour molte riserve di rame dove  Sn, Ni  As, Pb, Bi, Co, Te sono caratteristiche.

Questa statuetta è un oggetto cultuale eccezionale e simbolo di una grande forza. Tutto porta a pensare che sia stata deposta (forse come dono votivo) 3000 anni fa, molto prima dei lavori medioevali nella miniera, ai piedi di questo luogo particolare dalle rocce rosse che attiravano i fulmini e che i metallurgici dell’epoca dovevano conoscere senza saperne davvero le proprietà e gli usi.  Per l’archeologo Bruno Ancel, questo “idolo del Bego” rappresenta la prima prova di presenza umana nel vallone della Miniera, la prima presa di coscienza della presenza di una ricchezza mineraria fuori dal comune.