CAMPANELLA. Lettere scritte da Parigi
LE LETTERE COMPOSTE DURANTE IL SOGGIORNO A PARIGI
PREMESSA
Campanella, dopo il lungo periodo trascorso in carcere dove fu sottoposto a torture dolorosissime, il 23 maggio 1626 ritornò al convento domenicano di Napoli; un mese dopo, fu costretto ad andare a Roma per essere processato dal Tribunale ecclesiastico. Per due anni rimase nel palazzo del Sant' Uffizio; la prigionia fu assai blanda e, nel 1628, venne liberato grazie all'intervento del pontefice Urbano VIII del quale aveva conquistato la fiducia, confutando gli astrologi che predicevano la morte del Pontefice. Campanella rimase a Roma sino al 1634: scrisse numerose lettere; cercò di stampare i suoi libri per poter diffondere il suo messaggio; fu un periodo di grandi speranze e di progetti, ma l'ostilità e le inimicizie costrinsero Campanella a lasciare Roma.
Travestito da frate minimo, sotto falso nome, nella notte del 21 ottobre 1634, Campanella lasciò Roma viaggiando su una carrozza messa a sua disposizione dall'ambasciatore francese Francois de Noailles; giunto a Livorno, s’imbarcò per Marsiglia dove sbarcò il 29 ottobre 1634; lo stesso giorno Campanella inviò una lettera, a Nicolas-Claude Fabri de Peiresc(1), informandolo del suo arrivo in territorio francese e alludendo ai gravi motivi che l'avevano costretto a lasciare Roma all'improvviso "sotto mentite spoglie" "senza nemmeno salutare gli amici”(2). Peiresc, appena ricevuta la lettera, inviò a Marsiglia una lettiga affinchè il filosofo fosse condotto nella sua villa a Aix en Provence, dove Campanella rimase per circa dieci giorni e dove ricevette la visita di Gassendi.
Si diresse, quindi, a Parigi, facendo una breve tappa a Lione; giunse nella capitale francese il 1° dicembre 1624; soggiornò per alcune settimane presso il vescovo di Sainte Flour, quindi si stabilì nel convento dei domenicani. Due settimane dopo il suo arrivo, fu ricevuto dal cardinale Richelieu e, nel febbraio 1635, dal sovrano Luigi XIII. Campanella nella lettera inviata al Peiresc il 9 marzo 1635 narra l'incontro con il sovrano che l'abbracciò due volte e mostrò grande gioia nel vederlo "ridea di allegrezza e insieme mostrava compassione de' miei guai, e si commovea con decoro regio: sempre in piedi io e tutti gli astanti. Mi disse: "Très bien venu; non li farò mancare cosa alcuna; lo ricevo in mia protezione, stia allegro e sicuro”(3).
Nella lettera inviata a Fabri de Peiresc, Campanella esprime tutta la sua ammirazione per la Francia ed i suoi abitanti: "Ho ammirato l'ampiezza della Francia montosa e piana....e la feracità dei colli, e utilità dei monti, abondanza delle pianure, chi ponno dar pane a quattro regni; e non ho sentuto ancora freddo. Anzi, tutte le campagne trovai verdeggianti e fiorite fin a Parigi: segno di gran bella temperie. Notai la varietà della terra nella consistenza e colori e vene di essa, e tutte le differenze di questo eterogeo corpo; e non cede punto all' Italia. Ma d' abbondanza di carne e butiri supera; e tutta gente allegra: non trovo lamenti nè malinconie, se non in quelli ragazzi che per ogni vico e pago e taverna escono a cercar lemosina, li quali poi subito ridono. Non han tempo nè ponno pensare a male, perchè l'allegrezza naturale poco lo permette.”(4)
Negli anni trascorsi a Parigi, partecipa ai dibattiti filosofici e scientifici, ha un fitto carteggio con dotti, letterati, con il pontefice e alcuni cardinali, scrive memoriali al sovrano francese Luigi XIII ed alla sorella Enrichetta e, sia pure tra molte difficoltà, riesce a pubblicare le proprie Opere. Nel 1639, in occasione della nascita di Luigi XIV, Campanella compone il suo ultimo scritto in onore dell'erede al trono auspicando che il futuro sovrano si faccia promotore di un'epoca di pace e liberi il mondo dalle divisioni e dall'odio.
Campanella morì all'alba del 21 maggio 1639 nel convento domenicano di Saint Honorè e venne sepolto, come semplice frate, in una fossa comune del convento; la Rivoluzione francese distrusse il convento per destinare l'area ad un mercato, per cui i resti di Campanella sono dispersi per sempre.
Anche negli ultimi anni della sua vita Campanella dovette combattere contro l'astio di coloro che miravano a screditarlo, a impedire la stampa delle sue opere, a privarlo della pensione pontificia; tuttavia, Campanella, sino agli ultimi giorni della sua vita, continuò a battersi per il trionfo della giustizia e della libertà. Convinto assertore di un profondo rinnovamento sociale e politico, il filosofo sostiene che occorre abolire l'oppressione dei potenti e la tirannia sui deboli da parte di coloro che esercitano il potere.
Esame delle lettere
Le lettere composte durante il periodo di soggiorno a Parigi possono essere dstinte in due gruppi:
a) lettere di carattere politico rivolte ai sovrani (Luigi XIII e Henriette Marie de Bourbon che aveva sposato il re Carlo I d' Inghilterra);
b) lettere nelle quali sono affrontati temi di carattere religioso.
Il tema politico costituisce una costante della ricerca di Campanella; durante il periodo di detenzione nel carcere di Castel Nuovo, il filosofo compose alcune opere di carattere politico: La "Monarchia di Spagna", gli "Aforismi politici" e, nel 1602, lo scritto più noto, "La Città del Sole" in cui delinea le caratteristiche di una società ordinata e governata secondo giustizia: abolizione della proprietà privata, comunanza dei beni, egualitarismo, soppressione dei vincoli familiari costituiscono i fondamenti dello stato prefigurato da Campanella. Nella Città del Sole non esistono i ceti privilegiati non vi sono discriminazioni: tutti devono dedicarsi ad un mestiere per il quale dimostra attitudine e nessuna attività è considerata vile: "nullo reputa viltà servire in mensa, in cucina o altrove, ma lo chiamano imparare; e dicono che così è onore al piede caminare, come all' occhio guardare; onde chi è deputato a qualche offizio, lo fanno come cosa onoratissima. e non tengono schiavi, perchè essi bastano a se stessi, anzi soverchiano”(5) Il Sole è il simbolo della "società rigenerata" dove è abolita la povertà, la disuguaglianza, la gelosia e la superbia che Campanella, figlio di un ciabattino analfabeta, ben conosceva.
Campanella mantenne intatti i suoi ideali, malgrado le torture subite nel carcere di Sant' Elmo e le persecuzioni a cui dovette soggiacere durate gli anni trascorsi a Roma, fu sempre convinto che fosse possibile eliminare l'ingiustizia, le angherie e i soprusi; coltivò il suo sogno per tutta la vita e,.nel suo ultimo scritto, composto in occasione della nascita del Delfino, il futuro Luigi XIV il 5 settembre 1638, riprende i temi che aveva affrontato in gioventù e negli scritti composti durante i processi per la congiura del 1599 e riafferma gli ideali che avevano intessuto la sua esistenza. Il filosofo, affida al fanciullo appena nato, la missione di "instaurare un' epoca nuova" di fondare una "Città del Sole" che abbracci tutta l'umanità: durante il suo regno fuggiranno "l'empietà, le frodi, le menzogne, le liti, gli agnelli non temeranno il lupo, nè gli armenti il leone; i tiranni apprenderanno a governare per il bene del popolo,cesseranno gli ozi e le fatiche, poichè il lavoro amichevolmente spartito fra molti, è gioco.....I re ed le schiere dei popoli si aduneranno in un' unica città.”(6) Campanella esaltando il Delfino, ribadisce la sua fede in quei principi che ha difeso in tutti i suoi scritti: la pace universale e la fine di ogni oppressione.
In altri scritti Campanella assume la veste di "consigliere politico" dei sovrani; in merito possiamo riferirci alla lettera indirizzata al sovrano Luigi XIII e composta nell'estate del 1636, a quella rivolta a Enrichetta di Borbone, moglie di Carlo d' Inghilterra, scritta nel giugno 1638 ed infine a quella rivolta a un gentiluomo francese ignoto, in Parigi, del giugno 1636. Nella lettera inviata a Luigi XIII, il filosofo suggerisce al sovrano francese di non stipulare un trattato di pace con gli Spagnoli, poichè tale pace rafforzerà gli Spagnoli che, grazie alle alleanze "con tutti i principi secolari ed ecclesiastici," scateneranno "contro i Francesi una guerra sterminatrice, oppure divideranno il vostro regno con arti subdole, in modo che esso non sia più in grado di ostacolare la loro monarchia ormai instaurata. e rafforzata da questa pace”(7). Campanella, per persuadere il sovrano della validità del suo consiglio, sostiene che i sovrani francesi hanno sempre combattuto con fermezza ogni forma di apostasia, a differenza di Carlo V che non condannò a morte Lutero nè lo esiliò, ma anzi gli consentì di proseguire la sua predicazione nella speranza di poter usurpare "i beni del papato." Gli Spagnoli, invece di combattere gli eretici, hanno inviato il loro esercito in Italia per "saziare con la presa di Mantova" la loro ambizione; e "favoriscono il diffondersi delle eresie fra i principi, di guisa che nessuno possa cingere la corona imperiale al di fuori della Casa d' Austria" .
Inoltre il regno francese è più popoloso, di quello spagnolo: in Francia vivono venti milioni di abitanti "uniti per clima, costumi, linguaggio, mentre la Spagna "non arriva a tre milioni di abitanti, dopo che s' è spopolata col mandarli nei suoi domini stranieri, e non si trovano più braccia per coltivare i mestieri e la sterile terra, dopo che per quattro volte vennero espulsi i contadini e gli artefici ebrei e mori." Infine la Francia ha, in abbondanza, vino, frumento, bestiame, lino, olio e tutte le altre provviste, riscuote elevati tributi - ben trentacinque milioni di scudi nell'anno in corso - mentre la Spagna ha contratto debiti elevati - ben ottantaquattro milioni con i Genovesi - che non sarà mai in grado di pagare, malgrado l'oro "Impiegato per varie necessità ancor prima che giunga dall' America.”(8)
Il filosofo ritiene che i recenti insuccessi in Belgio e nel ducato di Milano siano da attribuirsi ad una "sciagurata contingenza," ma grazie ad un efficientissimo esercito di sessantamila uomini, potranno essere conseguiti importanti vittorie, purchè i comandanti siano scelti "fra coloro che sono più solleciti del loro onore e più esperti nella guerra e le operazioni vengano condotte con energia, senza viltà nè tradimenti"; inoltre, bisogna considerare che le forze spagnole sono formate da soldati di nazionalità diverse, pertanto gli eserciti spagnoli si smembreranno molto presto, mentre quello francese, costituito da un'unica nazione, si rinsalderà. Campanella cita quale modello per il sovrano francese Carlo Magno. che all' inizio del suo regno, possedeva un territorio assai più ristretto di quello che possiede il sovrano "non possedeva da principio un dominio vasto quanto il tuo,”(9) e riuscì ad ampliarlo considerevolmente “grazie al solo amore dei popoli e a porre in luogo eminente gli uomini distinti per merito e per valore militare”(10)
Campanella consiglia al sovrano di agire in modo che il suo tesoro sia costituito dal timore di Dio e dall'amore dei sudditi, così potrà avere ragione dei tracotanti Spagnoli; il momento è propizio. Iddio e gli astri avversano gli Spagnoli e tutti i sovrani sono animati da un odio feroce contro il re di Spagna poichè egli mira a "ridurre in schiavitù la Chiesa, l'Impero e i monarchi;" conclude la lettera, esortando il sovrano ad assumere, decisamente, il ruolo di liberatore dalla tirannia degli Spagnoli che hanno acquisito vasti domini o per elezione (l' Impero germanico) o per matrimoni (la Borgogna e la Fiandra), o per "annessione fraudolenta" (Milano), o per "dedizione spontanea" (il regno di Napoli e la Sicilia) ed hanmo potuto occupare l'America grazie alla scoperta di Colombo; nulla hanno acquistato "per arte o forza propria" e ciò che posseggono non lo mantengono per abilità propria, ma grazie a condottieri Italiani o Tedeschi. Il sovrano non deve avere dubbi: i Francesi riusciranno senz'altro a debellare gli Spagnoli "che sono nemici del genere umano, che disertano i popoli e nazioni, che snervano le città, che considerano la religione un lenocinio politico”(11).
La lettera ha toni simili a quelli dell' ultimo capitolo del"principe" del Machiavelli: lo scrittore fiorentino, nell’ultimo capitolo del “Principe,” auspica un “principe nuovo” che, dotato di una “virtù straordinaria,” come Mosè, Ciro e Teseo, sia capace di risollevare le sorti dell’ Italia. Machiavelli assume un tono profetico e cerca di persuadere il principe che i tempi sono maturi per creare uno stato nuovo; ma per tale opera è necessario che il principe agisca con decisione ed audacia. Analogamente, Campanella, con toni appassionati, si rivolge al sovrano affinchè agisca con decisione per eliminare “il demone delle eresie” in modo che “l’unità della fede perduri sotto l’unità del principato sacro”(12). Anche per quanto attiene il rapporto tra politica e religione, è possibile individuare analogie tra la riflessione di Campanella ed il pensiero di Machiavelli: entrambi, infatti, ritengono che la religione constituisca, insieme alla volontà del sovrano, il fondamento dello Stato. Per Machiavelli la religione ha, essenzialmente, una funzione etica: Numa Pompilio per “ridurre nelle obedienze civili” il popolo romano, “si volse alla religione, come cosa del tutto necessaria a volere mantenere una civiltà”; Campanella riconosce alla religione un ruolo essenziale per garantire l’unità dello Stato; in tal senso il filosofo nolano, che visse in un periodo dominato dalle sanguinose guerre di religione, è un fiero oppositore delle religioni riformate, poichè le considera causa di scissione all’interno dello Stato e di lotte intestine tra i cittadini. Esalta l’opera di Richelieu che “d’un regno diviso dilacerato, pieno di nidi d’empie di ribelli”, ha fatto “un regno unito, abitacolo degli onesti, spauracchio dei malvagi, sicuro baluardo della Chiesa cristiana”. Esalta la figura di Luigi XIII che ha espugnato “i nidi di empi” ed ha riportato la Francia all’unità religiosa, consapevole che l’unità della fede è essenziale per garantire “l’unità del principato”.
Campanella non assume solo il ruolo di consigliere del sovrano, ma esprime tutta la sua indignazione di fronte all'oppressione che gli Spagnoli esercitano sui popoli sottoposti al loro dominio, memore, forse, dei supplizi che ha dovuto subire nel lunghi anni trascorsi a Sant' Elmo e vede in Luigi XIII " il liberatore del mondo, vindice della Cristianità, campione della Chiesa di Dio”(13), capace di agire con decisione e fermezza per abbattere un nemico; il "divino favore" lo sorregge in questa impresa epica che segnerà la definitiva sconfitto di un nemico privo di valor proprio.
La lettera attesta, inoltre, che Campanella possedeva una puntuale conoscenza degli eventi che travagliavano gli Stati europei: la lettera è composta nell'estate del 1636, in un momento cruciale della guerra dei trent 'anni: nel maggio 1635 la Francia entra in guerra contro la Spagna e l'Impero, si costituisce, in tal modo, una coalizione a cui partecipano, oltre ai Francesi, gli Svedesi, gli Olandesi e una parte dei sudditi imperiali; lo scontro non è più tra l'imperatore ed i suoi sudditi, ma assume una dimensione internazionale. Inizialmente, le operazioni militari sono favorevoli alla Spagna ed all'Impero, ma, a partire dagli inizi degli anni '40 la situazione cominciò a mutare anche per le difficoltà interne dello Stato spagnolo. La battaglia di Rocroi (1643), vinta dai Francesi, costituisce un evento decisivo nel quadro politco, economico e strategico; con il Trattato di pace di Westfalia, la Francia si rafforzò notevolmente cul confine tedesco e potè ambire ad esercitare una posizione egemone in Europa; la Germania uscì dalla guerra profondamente divisa e in una gravissima crisi economica e demografica, vennero costituite 350 "entità poilitiche" totalmente autonome, che formavano, nel loro insieme, il Reich tedesco; la guerra provocò un crollo della popolazione a causa dei saccheggi e della peste che accompagnò tutte le operazioni militari, le devastazioni misero in ginocchio il settore economico; da tale situazione di crisi la Germania si risollevò molto lentamente e con difficoltà. Campanella nella lettera accenna anche ad un evento marginale che interessò Spagna e Francia: la successione nel ducato di Mantova e nel Monferrato dove, dopo la morte del duca che non lasciò eredi, scoppiò uno scontro tra il duca Carlo di Nevers-Gonzaga, appoggiato dai Francesi e don Ferrante duca di Guastalla appoggiato dalla Spagna (14). La guerra si concluse a favore di Carlo di Nevers (pace di Cherasco 1631) (15).
Il consiglio dato da Campanella a Luigi XIII, può essere considerato lungimirante: da questo momento inizia per la Spagna un declino politico che divenne sempre più consistente; mentre nuovi Stati ambiscono ad elevarsi a livello di potenze europee: la Francia innanzi tutto, ma anche la Svezia che potè, finalmente, esercitare il pieno controllo del mar Baltico (16) e dell' Olanda che vide riconosciuta la propria indipendenza dalla Spagna.
Nella lettera inviata a Enrichetta di Borbone sposa di Carlo I, Campanella invita la regina a riprendere "l'azione di sant'Elena...rivolta alla salvezza della Chiesa”(17) e le consiglia di far in modo che in Inghilterra venga concessa la tolleranza religiosa; infatti, osserva Campanella, ha saputo da moltissimi sudditi inglesi che l' Inghiterra aspira a ritornare alla fede dei suoi padri, ma è paralizzata dal timore delle confische e delle persecuzioni; sostiene, inoltre, che gli eretici fanno di Dio un tiranno che "predestina alcuni uomini alla vita eterna, ma i più alla morte, senza riguardo alcuno ai meriti”(18) ; inoltre, il Calvinismo sopprime il "libero arbitrio" visto che gli uomini faranno soltanto quello che è stabilito per ineluttabile destino; infine, i calvinisti condannano il governo monarchico e ritengono giusto uccidere il re per instaurare una repubblica aristocratica, pertanto, avverte Campanella, al primo tentativo del sovrano di andare contro la volontà del popolo o di qualcuno dei maggiorenti, subito seguirà la sua detronizzazione o l'uccisione addirittura, in omaggio alla dottrina di Calvino. La dottrina cattolica, invece, ammette qualunque forma di governo, tuttavia dà la precedenza, fra tutti, al regime monarchico, pertanto, osserva il filosofo, se il re "proclamerà la libertà religiosa, avrà almeno i cattolici che proteggeranno la sua vita”(19), mentre nella situazione attuale gli sono avversi sia gli eretici che i cattolici. Occorre pure considerare che, se il popolo insorgesse contro il re, il pontefice lo proteggerebbe .poichè l'attuale pontefice, Urbano VIII, è "tenerissimo per i popoli e pei monarchi", anzi è simile a Gregorio Magno ed a Celestino I, che cristianizzarono l’Inghilterra.(20)
Campanella ha assunto una posizione politica favorevole alla Francia e, nelle lotte di religione, che nel corso del XVI e del XVII secolo insaguinarono l'Europa, difende strenuamente la religione cristiana contro coloro che considera degli eretici; già, in uno scritto giovanile (1594): "Dialogo contro i Luterani", aveva condotto un'ampia requisitoria contro le dottrine riformate, l'opposizione del Campanella al luteranesimo ed al calvinismo non ha solo carattere dottrinale (la dottrina delle indulgenze, i sacramenti il celibato dei sacerdoti), ma trae origine, anche, e soprattutto, da motivazioni politiche: il filosofo riteneva che fosse essenziale per l'Europa "l'unità dei cattolici" che poteva essere garantita solo dal papato. I riformati attentano all'unità e, rifiutando di riconoscere l'autorità del pontefice. Nello stesso scritto possiamo individuare un altro punto, centrale nella dottrina calvinista, che Campanella decisamente rifiuta: la dottrina della predestinazione che, a suo giudizio, nega il libero arbitrio e Dio appare come crudele e tirannico.
Anche questa lettera denota che Campanella conosceva la situazione interna dello Stato inglese: dopo la morte di Elisabetta I, si acuirono i contrasti religiosi e politici tra il sovrano e il Parlamento, che sfociarono nella guerra civile; furono favorevoli al re la maggior parte dei Lords, i detentori dei monopoli commerciali, una parte della gentry e dei contadini; furono a favore del Parlamento qualche Lord, una parte della gentry e, soprattutto, i ceti legati al commercio ed alle manifatture, la maggioramza degli artigiani e dei piccoli lavoratori indipendenti. Nel corso degli scontri, emerse la figura di Oliver Cromwell, che riportò una clamorosa vittoria sulle truppe regie a Naseby (1645). La guerra si concluse con la vittoria definitiva di Cromwell; nel 1649 il Parlamento si costituì in Alta Corte di giustizia e condannò a morte il sovrano per tradimento. Il 30 gennaio 1649, Carlo I fu decapitato e il Parlamento proclamò la repubblica guidata da Cromwell.
La vittoria di Cromwell segnò il definitivo tramonto della concezione di un potere monarchico per diritto divino; e, anche se alla morte del Lord Protettore, venne nuovamente restaurata la monarchia, l'assetto politico e religioso era profondamente mutato e non fu più possibile l'instaurazione di una monarchia assoluta, forma di governo che, nel frattempo, si era affermata nel resto d' Europa e, in particolare, in Francia. L'esperienza politica inglese, ebbe in John Locke il suo teorico più significativo: il principio della divisione dei poteri, il riconoscimento dei "diritti naturali" che nessun governo può violare, costituiscono i fondamenti dello Stato moderno. Campanella può sembrare molto lontano dalle elaborazioni politiche di Locke; tuttavia, occorre evidenziare che egli ha combattuto per tutta la sua vita contro la tirannide e l'ingiustizia ed ha auspicato un rinnovamento politico e sociale che, forse, era suo intento realizzare quando organizzò la congiura del 1599 contro la tirannide della Spagna.
In altre due lettere, una scritta nella primavera del 1636 ed indirizzata ad un "Gentiluomo ignoto in Parigi" e l'altra inviata, nel il 16 febbraio 1637, al Cancelliere di Francia Pierre Sègurier(21), Campanella sostiene che la Francia deve occupare un posto ben più ragguardevole nella scena politica europea; “infatti i Francesi sono superiori per numero, ricchezze, valor militare e armamenti rispetto alla Spagna; la Francia è più popolosa contando venti milioni di abitanti, mentre la Spagna ne ha solo tre;... infine, mentre il re francese percepisce quasi ventisette milioni di scudi di tributi, gli Spagnoli ne percepiscono solo venti, ma tale somma basta appena per pagare i soldati e per l'importazione di derrate alimentari, poichè, prima ancora di essere incassati, i tributi sono "alla mercè dei creditori. Il re di Spagna è infatti debitore ai Genovesi di circa sessanta milioni in oro”(22). Campanella è convinto che la Francia sia ormai una potenza emergente e che la potenza spagnola volge, ormai, al declino. Effettivamente le difficoltà economiche provocate da una politica di potenza e al rarefarsi della quantità di oro e di argento proveniente dal Nuovo Mondo dovuto sia ad un esaurirsi delle miniere, sia alla pirateria atlantica, le tensioni sociali, che spesso sfociarono in rivolte, dovute alla crescente pressione fiscale, l'immobilismo provocato dagli aristocratici che miravano unicamente a mantenere le loro posizioni di prestigio, provocarono nel corso del Seicento un progressivo indebolimento dello Stato spagnolo. La Francia, invece, superata la crisi interna provocata dalle guerre di religione, si avviava ad occupare una posizione di primo piano nello scenario politico europeo. Campanella nelle lettere e negli scritti composti negli ultimi anni della sua vita, compie un'analisi comparata tra Francia e Spagna volta a dimostrare l'inarrestabile parabola discendente della Spagna, la Francia, invece, si trova in una fase ascensionale, pertanto la Francia non deve avere alcun timore dello Stato spagnolo, anzi deve attuare scelte politiche efficaci per accelerare il crollo dello Stato spagnolo.
LETTERE NELLE QUALI SONO AFFRONTATI TEMI DI CARATTERE RELIGIOSO.
Campanella era persuaso che anche in campo religioso si dovessero realizzare profonde riforme: nello scritto, composto nel 1604 nel carcere di Castel Nuovo, “La Città del Sole,” Campanella non solo delinea una città ideale dove tutti i cittadini vivono in concordia e operano per il benessere della comunità, ma propugna una “religione solare” che, pur riconoscendo alcuni principi del Cristianesimo quali l’ immortalità dell’anima(23) e la Provvidenza divina(24), può essere considerata una “religione naturale,” secondo Campanella, non esiste alcun contrasto tra la religione naturale ed il Cristianesimo; anzi il Cristianesimo “coincide” con la religione naturale, tanto che i “Solari” potrebbero abbracciare, facilmente il cristianesimo. “quando sapranno le ragioni vive del Cristianesimo provate con miracoli, consentiranno, perchè son dolcissimi. Ma fin mo trattano naturalmente senza fede rivelata.”(25) Considerato che il Cristianesimo è “espressione” della razionalità divina, coincide con la relgione naturale, quindi solo il cristianesimo è la “vera” ed “autentica” religione: “Se questi (i Solari) che seguon solo la legge della natura, sono tanto vicini al cristianesimo, che nulla cosa aggiunge alla legge naturale si non i sacramenti, io cavo argumento da questa relazione che la vera legge è la cristiana, e che tolti gli abusi, sarà signora del mondo.”(26)
Inoltre, Campanella è persuaso che per l’unità politica di uno Stato, sia essenziale l’unità religiosa e ritiene che le religioni riformate sia causa di indebolimento dello Stato poichè sono causa di discordie e di lotte interne.
Nello scritto composto nella seconda metà del 1595, durante il soggiorno nel convento domenicano di Santa Sabina a Roma, “Dialogo politico contro Luterani Calvinisti ed altri eretici,” Campanella polemizza, contro le dottrine luterane e calviniste poichè hanno disgregato l’unità dei cristiani e favorito il diffondersi di conflitti e fazioni. Inoltre, Campanella sostiene che la religione naturale è innata in tutti gli uomini ed è a fondamento di tutte le religioni positive; tra quest’ultime quella più vicina alla religione naturale è il cristianesimo; il filosofo auspica che sorga una “nuova era” in cui tutte le divisioni tra le religioni siano superate e tutti i popoli abbraccino la religione autentica: il cristianesimo.
Nelle lettere, malgrado le disillusioni e le amarezze a cui ha dovuto soggiacere, Campanella è ancora convinto che i suoi ideali possano essere realizzati; scrive al Cardinale Richelieu esaltando la sua opera poichè “ un regno diviso, dilacerato, pieno di nidi di empi e di ribelli grazie alla sua “mirabile saggezza” è stato trasformato in un “regno unito, abitacolo degli onesti, spauracchio dei malvagi” e considera il Cardinale colui che potrà edificare quella “Città del Sole” che egli ha “progettata”.(27)
Nelle lettere inviate al Pontefice Urbano VIII sostiene che il cristianesimo è l’ unica religione conforme a ragione ed è quella più simile alla religione naturale, pertanto, operando le necessarie riforme, è possibile che la religione cristiana diventi la religione universale: la vera legge è quella cristiana e, aboliti gli abusi, sarà signora del mondo. Campanella sostiene, inoltre, che degli eretici si sono convertiti dopo la lettura dei suoi libri che, in Francia, sono molto apprezzati; “soltanto gli appunti di pedagoghi saccenti” lo accusano ingiustamente(28). I suoi scritti non contengono errori, nè eresie, ma sono mal interpretati o non intesi da coloro che non conoscono le Sacre Scritture; in particolare Campanella contesta la dottrina luterana sulla predestinazione; secondo tale dottrina, opere ed intenzioni sono predestinate, per cui si ritiene che coloro che sono malvagi, lo sono per natura e non per loro decisione. Nelle lettere inviate al cardinale Francesco Barberini e a Monsignor Francesco Ingoli, Campanella sottolinea che, purtroppo, anche dei teologi cattolici quali l’Alvarez, il Bannes e padre Berulle sostengono una dottrina sulla predestinazione affine a quella di Lutero e dei Calvinisti. Essi infatti affermano che “Dio ogni cosa ha prederminato con decreto assoluto, senza riguardo se saremo boni o mali, proprio come vole Calvino e Lutero”(29). Campanella chiede, insistentemente, al pontefice ed ai cardinali che gli venga concesso di stampare gli scritti nei quali confuta la teoria della predestinazione che, a suo parere, costituiscono un mezzo efficace per ottenere la conversione degli eretici.
Campanella, tuttavia, non può essere considerato come un sostenitore della Controriforma e delle decisioni del Concilio Tridentino; egli ritiene che il sentimento religioso sia innato nell’uomo, mentre le religioni “positive” assumono aspetti diversi, secondo la situazione storica, gli usi e i costumi, presentano molteplici riti, superstizioni, cerimonie e stabiliscono norme morali che possono assumere carattere universale, ma anche dipendere da situazioni contingenti. Campanella sostiene che occorre superare le molteplici differenze, per individuare un sostrato comune costituito dalla religione naturale comune a tutti gli uomini; tutti, infatti, sono consapevoli dell’esistenza di un Dio creatore.
BIBLIOGRAFIA
Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. II, UTET,1963
Campanella T., Lettere, a cura di G. Ernst, Casa Ed. Leo S. Olschki;
De Ruggiero G., Storia della filosofia, Rinascimento, riforma e controriforma, vol. II, Laterza, 1968;
Ernst G., Tommaso Campanella, Laterza. 2002;
Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico,Vol II, Garzanti, 1970.
Note:
(1) Fabri de Peiresc(1580-1637) ricoprì la carica di Consigliere al Parlamento di Aix-en-Provence; era in corrispondenza con i dotti di tutta Europa
(2) T. Campanella, Lettere, Ed. Leo S. Olschki, lettera n. 102 p. (3) 51.
(3) T.Campanella op. cit. lettera n. 110 p. 378
(4)T. Campanella op. cit. lettera n. 106 p. 367
(5) T. Campanella, La città del Sole, Laterza, 1997, p. 23
(6) T. Campanella, Poesie, Einaudi, 1998, egloga per la mirabile nascita del Principe Delfino di Francia, vv. 25-230, p.653.
(7) T. Campanella op. cit. lettera n. 145, p.641.
(8) T. Campanella, op. cit., pp. 463-464.
Campanella, op. cit., p. 464
(9) T. Campanella, op. ci., p.464.
(10) T. Campanella, op.cit., p.464.
(11) T. Campanella, op. cit., . 465.
(12) Campanella op. cit. lettera n. 131, p. 435. Vedi in merito, G. Ernst, Tommaso Campanella, Laterza, 2010, p. 234.
(13) T. Campanella, op. cit lettera n. 145, p.465.
(14) Il Manzoni nei "Promessi Sposi" fa rifemento a queste vicende in due punti dei Promessi Sposi: quando fra' Cristoforo si reca al palazzotto di Don Rodrigo e quando narra la discesa dei Lanzichenecchi attravero la Valtellina.
(15) T. Campanella, op. Cit,, p.463 ; il filosofo sostiene che la Spagna richiamò l'esercito che "guerreggiava contro gli eretici” per mandarlo a combattere contro i cattolici in Italia e che furono uccisi tre milioni di persone con la guerra, la peste e la carestia solo per saziare con la presa di Mantova l'ambizione spagnola.
(16) Il Trattato di Westfalia assegnò alla Svezia metà della Pomerania, gran parte del Meclemburgo, le città di Stettino, Stralsund e Brema; grazie a tali possedimenti, il Baltico divenne, in pratica, un lago svedese.
(17) T.Campanella op. cit., lettera.n. 156, p.490
(18) T. Campanella, op.cit.lettera n. 156 p. 490, trsduzione p. 649\-652.
(19) T.Campanella, op. cit.,. 490-491, traduzione p. 649-652.
(20) T. Campanella ricorda l'opera svolta dal pontefice Celestino I nel 430 d.C. e da Gregorio Magno alla fine del VI secolo, per la diffusione del Cristianesimo nelle isole britanniche.
(21) Pierre Sègurier (1588-1672), guardasigilli del regno dal 1633 e cancelliere dal 1635, fu protettore di artisti e lewtterati, a lui Campanellde3dicò la sua opera "Philosophia realis".
(22) Campanella op. cit. lettera n..139 pp. 451-453, traduzione pp.635-656.
(23) T. Campanella, La Città del Sole, Laterza, 2008, p. 50 “Tengono per cosa certa l’immortalità dell’anima e che s’accompagni, morendo, con spiriti buoni o rei, secondo il merito”
(24) T. Campanella, op. cit., P. 51, “Fanno metafisici principi delle cose l’ente ch’ è Dio.”
(25) T. Campanella, op. cit.,p.25.
(26) T. Campanella, La Città del sole, Laterza 1997, p. 54.
(27) T. Campanella op. cit. lettera n. 137 pp. 447-449 traduzione p.634
(28) T. Campanella., op. cit., n. 144 pp.459-46, traduzione p. 637.
(29) T. Campanella op. cit., lettera n. 172, p. 526; vedi pure lettera n. 127.p. 426\; lettera n.128. p. 427, lettera n. 129, p.430.