Heidegger. L'arte "La messa in opera" della verità
HEIDEGGER. L' ARTE "LA MESSA IN OPERA" DELLA VERITA'
CONTESTO STORICO
A partire dall’inizio del novembre 1918 in Germania si sviluppò un forte movimento rivoluzionario: il 5 novembre 1918 a Kiel si costituì un consiglio dei soldati (consigli degli operai e dei soldati si erano già costituiti nel corso del mese di ottobre su tutto il territorio tedesco, i consigli erano organizzati secondo il modello dei soviet della rivoluzione russa). L’8 ottobre a Monaco viene proclamata la Repubblica della Baviera, il 9 novembre l’imperatore Guglielmo II è costretto ad abdicare di fronte agli sconvolgimenti che scuotono la Germania.
Lo stesso giorno in cui l’imperatore abdica, il dirigente socialdemocratico Friedrich Ebert assume, provvisoriamente, la carica di cancelliere e Philipp Scheidemann, poche ore dopo, annunzia la nascita della “Repubblica tedesca”; contemporaneamente Karkl Liebknecht proclama la costituzione della “Repubblica socialista.
Liebknecht insieme a Rosa Luxembourg - entrambi sono assassinati il 15 gennaio 1919 a Berlino e la stessa sorte toccò a altri 146 spartachisti in quanto considerati nemici della Germania - e con altri dirigenti, che si erano staccati dal partito socialdemocratico nel gennaio 1917, avevano fondato, l’ 11 novembre 1918, il partito spartachista che si contrappone nettamente alla socialdemocrazia: gli spartachisti ritengono, infatti, che si debba “accelerare” il processo rivoluzionario per abbattere il capitalismo considerato responsabile della guerra e ormai in preda ad una crisi irreversibile, mentre i socialdemocratici ritengono che sia indispensabile consolidare la Repubblica appena costituita e creare organismi democratici. Gli Spartachisti organizzarono scioperi e scontri che culminarono il 5-6 gennaio 1919, quando il centro di Berlino fu occupato da migliaia di manifestanti; ma le manifestazioni non ebbero sbocchi politici: il governo socialdemocratico, guidato da Ebert, mobilitò i “corpi franchi” che repressero l’insurrezione.
Occorre sottolineare che, contemporaneamente, in Russia è in pieno sviluppo la rivoluzione bolscevica: le forze bolsceviche assaltano il Palazzo d’Inverno il 7/8 novembre 1917 ponendo fine all’esperienza socialdemocratica del governo Kerenski, il 18 gennaio 1918 Lenin scioglie l’Assemblea costituente eletta a suffragio universale il 29 novembre 1917; le elezioni attribuirono il 60% dei suffragi ai socialisti rivoluzionari, il 25% ai bolscevichi e il 15% ai liberali e ai menscevichi.
Le forze socialdemocratiche tedesche erano nettamente contrarie alla creazione in Germania di uno Stato socialista simile a quello sovietico; secondo la linea politica teorizzata da Bernstein, i socialdemocratici erano favorevoli a una politica di tipo riformista che ponesse le basi di uno Stato liberal-democratico come testimoniamo le riforme proposte non appena assunsero il potere: libertà d’associazione e di riunione; libertà di pensiero e di culto, la giornata lavorativa di otto ore, il diritto di voto alle donne. Il governo tedesco dovette fronteggiare l’opposizione delle forze conservatrici e di quelle reazionarie che avevano quale punto di riferimento le alte cariche militari, la finanza e la grande industria. Una pesante crisi interna, che traeva alimento dalle clausole vessatorie del trattato di Versailles, colpì la Germania nell’ immediato dopoguerra; ma dopo il 1925, grazie al varo del piano Dawes, che pose fine al disordine monetario, al successivo piano per la riduzione delle riparazioni e all’affermarsi di una politica di distensione dopo il trattato di Locarno (1.12.1925) la Repubblica di Weimar sembrò consolidarsi. Ma la devastante crisi economica del 1929 scosse dalle fondamenta lo Stato tedesco: la Repubblica di Weimar fu travolta soprattutto per il frazionamento delle forze politiche, l’instabilità dei governi che si succedettero dal 1930 al 1933, favorì l’ ascesa di Hitler che, il 30 gennaio 1933, venne nominato cancelliere dal Presidente della Repubblica Hindenburg.
Il 5 marzo si tennero le elezioni, i nazisti si attestarono al 43,9% e ottennero 288 seggi, con i 52 seggi conquistati dal partito tedesco nazionale, i nazionalsocialisti ebbero la maggioranza in Parlamento anche se esigua; il 23 marzo Hitler, neo-cancelliere, presentò un decreto per la concessione al governo dei pieni poteri e l’esercizio per quattro anni dei poteri legislativi, il decreto venne approvato dalla maggioranza del Parlamento. Nell’estate 1933, Hitler aveva eliminato ogni opposizione; lo Stato totalitario venne creato quando, dopo la morte del Presidente Hindenburg , Hitler si autonominò Presidente del Reich e, in questa veste, ricevette il giuramento di fedeltà dell’ esercito. Gli elettori tedeschi ratificarono l’ accaduto nel referendum del 19 agosto 1934. Non solo. I vescovi tedeschi riuniti a Fulda, il 28 marzo 1933, avevano abolito l’ interdetto che la Chiesa Cattolica aveva promulgato nel 1930 nei confronti del partito nazista; anche la Chiesa Protestante assunse una posizione favorevole al nazismo. Hitler si presentò ai Tedeschi come l’ unico politico in grado di condurre la Germania fuori dalla crisi economica, di eliminare i disordini e di costituire un governo solido.
Al Congresso del partito nazionalsocialista che si svolse a Norimberga ai primi di settembre 1934, Hitler annunciò la costituzione del terzo Reich: il nuovo impero tedesco che succedeva a quello medioevale e a quello degli Hohenzollern; al vertice del Reich vi era Hitler, il Fuhrer, la sua volontà era legge. Due erano gli obiettivi fondamentali del Fuhrer: la trasformazione della Germania in uno Stato uniforme sotto il profilo politico, economico e sociale e l’espansionismo all’ estero. Hitler instaurò un potere definito “totalitario;” il totalitarismo è una forma politica priva di strutture di tipo parlamentare, dove esiste un unico partito, è soppressa ogni libertà, è abolito il pluralismo politico e dove domina la “rivoluzione permanente” e del “nemico oggettivo” ; per mantenere viva la mobilitazione delle masse, sono impiegate, in modo massiccio, le tecniche di comunicazione come strumenti di propaganda e si fa un uso sistematico del terrore. H. Arendt nella sua opera “Il Totalitarismo” conduce una profonda analisi di tale tipo di governo e sostiene che può essere definito “Totalitarismo perfetto” quello esercitato da Hitler e da Stalin, in quanto assommano su di sé tutti i poteri dello Stato.
Il regime nazista costrinse gli intellettuali a fare propaganda a favore del nazismo; gli intellettuali che rifiutarono di far parte della “Camera di cultura” del Reich dovettero abbandonare la loro professione o rifugiarsi all’ estero. Vittime della politica nazista furono studiosi insigni: Thomas Mann, Einstein, Freud, gli artisti del Bauhaus e della Weltbuhne, musicisti come Mendelssohn, Mahler; i libri considerati pericolosi furono bruciati pubblicamente, stampa, cinema e radio furono posti sotto controllo.
HEIDEGGER: NOTAZIONI BIOGRAFICHE
Heidegger nacque il 26 settembre 1889 a Messkinch, nel Baden da una famiglia cattolica: il padre era sacrestano nella chiesa di S. Martino e lavorava come artigiano, la madre era di origine contadina. Grazie ad una borsa di studio, frequentò il liceo di Friburgo e conseguì la maturità nel 1909. Entrò nella Compagnia di Gesù, ma dopo un breve periodo, lasciò il noviziato e intraprese gli studi teologici nell’ università di Friburgo, frequentò anche la facoltà di Scienze matematiche e naturali; successivamente, dopo la lettura degli scritti di Brentano e di Husserl, cambiò facoltà e frequentò quella di filosofia. Nel 1913 ottenne il dottorato; ottenuta una borsa di studio da una fondazione creata in onore di San Tommaso d’ Aquino, nel 1915, conseguì la libera docenza con la dissertazione “La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto.”
Nel 1917 sposa Elfride Petri, di religione luterana, e si allontana dal cattolicesimo. Nel frattempo, nel 1916, giunge a Friburgo Husserl che aveva ottenuto la cattedra di filosofia; Heidegger divenne suo assistente nel 1919.
Dal 1923 AL 1928 Heidegger insegnò all’ università di Marburgo, dove conobbe il teologo Rudolf Bultmann e si costituì una cerchia di suoi discepoli, tra cui Karl Lowith, George Gadamer e Hannah Arendt; conduce indagini sulla mistica medioevale e sul pensiero di Platone e Aristotele. Negli intervalli liberi dall’ insegnamento, Heidegger si recava in una baita a Todnaubergt, nella Foresta nera, dove scrisse la sua opera più nota “Essere e tempo” pubblicata nel 1927. Nel 1928 lasciò la cattedra di Marburgo, per recarsi per succedere a Friburgo e succedere a Husserl per la cattedra di filosofia.
Nell’aprile del 1933, Heidegger venne eletto rettore all’ unanimità, mantenne tale carica sino al febbraio 1934; egli era convinto che fosse possibile promuovere un cambiamento profondo dell’ Università che non può costituire un corpo separato rispetto al popolo, né essere il luogo dove il sapere si disperde in “campi e settori isolati,” ma deve costituire il “mondo spirituale” di un popolo, poiché solo un mondo spirituale è per un popolo garanzia di grandezza.
Prima del 1933, non risulta che Heidegger abbia partecipato alla vita politica tedesca; sappiamo solo, che negli anni ’20, manifestò simpatia per il movimento dei “resistenti” tedeschi al trattato di Versailles. La crisi che attraversava l’Università tedesca, costituiva motivo di riflessione per Heidegger come possiamo desumere dalla prolusione. “Che cos’è la metafisica”, pronunziata il 29 luglio 1929 all’Università di Friburgo, nella quale Heidegger sostiene che l’Università non è più un “focolare vivente” ma solo “un’organizzazione tecnica” che tiene insieme una moltitudine di discipline. Heidegger è convinto che occorra attuare una profonda riforma dell’ Università, come appare nella corrispondenza con E. Blochmann, in merito si segnala la lettera del 20 settembre 1930 nella quale il pensatore sostiene che: uno dei più gravi errori del XX secolo può essere individuato nel convincimento che la scienza costituisca una “possibilità essenziale dell’esistenza, nel suo complesso,” è necessario che il popolo ritrovi “la strada delle proprie origini e delle proprie energie.”(1)
Nell’ opera “Essere e tempo” ‘è possibile individuare alcuni indizi relativi al concetto di popolo: Heidegger ritiene che il popolo non sia costituito da una somma di individui; infatti, si appartiene ad un popolo in quanto si condivide con gli altri la sorte comune e si costituisce un corpo unitario che ha a fondamento la comune appartenenza; un popolo per esistere deve possedere radici storiche; il radicamento di un popolo si fonda sulla sua storia, ciò non significa conservare tal quale il passato, ma custodire il passato e, contestualmente, dargli linfa vitale.
Molto si è discusso sull’ adesione di Heidegger al nazismo, adesione che venne espressa pubblicamente nel 1933, quando fu eletto rettore dell’ università di Friburgo ed entrò a far parte del partito nazionalsocialista; nel febbraio 1934, Heidegger si ritirò dal suo incarico per dedicarsi esclusivamente all’insegnamento e alla ricerca, ma non si oppose mai, in modo netto, al nazismo; anche se fu tenuto in disparte e nonostante fosse persuaso che il nazionalsocialismo non attuasse una politica tale da condurre al superamento dell’epoca moderna, dove si afferma il trionfo della tecnica.
Nel 1945 Heidegger scrisse un memoriale “Il Rettorato 1933/34 – fatti e pensieri”: l’autodifesa rivela l’amarezza per essere stato accusato di una colpa che non riconosce e sostiene che il suo discorso, tenuto quando assunse la carica di Rettore, non è stato compreso dal partito e dalle autorità competenti per cui, sei mesi dopo, la sua elezione diede le dimissioni (febbraio 1934); evidenzia, inoltre, che non autorizzò l’esposizione del manifesto sulla questione ebraica, come volevano le autorità, non accolse le richieste degli ordini professionali dei medici, dei giudici e degli insegnanti di allontanare dall’insegnamento i “professori che non gradivano”. Inoltre, dall’ aprile del 1934, era vissuto fuori dell’università, nel senso che non si “diede più cura di ciò che vi accadeva.” Infine, Heidegger scrive che, nel periodo successivo al rettorato, le conferenze che tenne in ristretti circoli scientifici, furono criticate in modo volgare dalle pubblicazioni del partito e che, nei suoi confronti, il partito assunse un atteggiamento ostile e venne escluso dalla partecipazione a importanti incontri come il congresso internazionale di filosofia di Praga nel 1935 e dal congresso di Studi cartesiani che si tenne a Parigi nel 1937.
Lo scritto viene considerato debole e scarsamente significativo, poiché, in sostanza, Hedegger non riconosce che, ha mantenuto l’ adesione al partito sino al crollo del 1945; i motivi dell’ adesione al nazismo non sono chiari, si può solo affermare che non vi è alcuna responsabilità di Heidegger nelle vicende connesse con lo sterminio degli ebrei e con la politica di aggressione sostenuta da Hitler.
Nei corsi universitari tenuti dopo il 1934 e nelle conferenze, Heidegger maturò quella che chiamò la “svolta” del suo pensiero e si concentra sul problema dell’ “essere.” Nel 1936 si recò a Roma, dove incontrò Giovanni Gentile, e tenne una conferenza, all’ Istituto di studi germanici: Su Hoderlin e l’essenza della poesia; tra il 1935 e il 1936, in diverse occasioni, tenne la conferenza L’ origine dell’ opera d’ arte, fra il 1936 e il 1940 tenne una serie di lezioni su Nietzsche, presentato non in chiave nazista, ma come punto di arrivo della metafisica. Alla fine della guerra Heidegger venne posto sotto accusa, per la sua adesione al nazismo, da parte dei Francesi che avevano occupato l’ area di Friburgo; il Senato Accademico propose l’ interdizione dall’ insegnamento che venne ratificata dai Francesi e gli venne confiscata la casa. Finalmente nel maggio del 1949 il Senato Accademico dell’ Università di Friburgo, con una maggioranza di stretta misura, propose al Ministero di riconoscergli i diritti di professore emerito e di abolire il divieto all’insegnamento; dopo lunghe trattative, nel semestre invernale 1951/1952, Heidegger può riprendere a fare lezione. Negli anni cinquanta e sessanta, Heidegger tiene conferenze, a Brema, sul tema della tecnica; successivamente pubblica numerose opere, si ricorda, in particolari le seguenti: “Sentieri interrotti”, “Introduzione alla metafisica,” “Che cosa significa pensare,” “L’ abbandono,” “Segnavia.” Nel 1966 concede al settimanale “Der Spiegel” un’ intervista, a condizione che venga pubblicata solo dopo la sua morte, nella quale Heidegger affronta il tema dei suoi rapporti con il nazismo.
Muore a Friburgo il 26 maggio 1976, e viene sepolto nel cimitero di Messkirch.
A partire dal 1975 viene pubblicata l’“Opera completa” dei suoi scritti, prevista in più di cento volumi; l’ Opera è divisa in quattro sezioni:
1) gli scritti pubblicati da Heidegger fra il 1910 ed il 1976;
2) i corsi universitari del primo periodo d’insegnamento a Friburgo (1919-1923); i corsi universitari di Marburgo (1923-1928); e i corsi universitari del secondo periodo di Friburgo (1928-1944);
3) scritti inediti, conferenze e pensieri;
4) appunti, indicazioni e note a margine (soprattutto a Essere e tempo).
Come motto all’ Opera completa è posta una frase di Heidegger: “Itinerari – non opere,” pensiero già presente in “Sentieri interrotti”.
L’ OPERA D’ARTE
Heidegger ha ritenuto che fosse necessario “ripensare” dalle fondamenta i concetti di “cosa,” “di essere” e di “Verità” allo scopo di elaborare un nuovo pensiero dell’ essere, rispetto a quello della metafisica; l’indagine, relativa alla ricerca di una nuova formulazione del problema dell’ essere e della verità, prende avvio con le riflessioni sviluppate nei saggi “L’ origine dell’ opera d’arte” e “Perché i poeti” e nella conferenza su Holderlin. Considerata l’impostazione dell’ indagine, si può affermare che il contenuto di questi scritti non riguarda l’estetica, ma l’ontologia: l’ opera d’ arte, rivela la verità (cioè il significato autentico); Heidegger porta come esempio il quadro di Van Gogh che raffigura un paio di scarpe: “Nell’orificio oscuro dell’interno logoro si palesa la fatica del cammino percorso lavorando. Nel massiccio pensatore della calzatura è concentrata la durezza del lento procedere lungo i distesi e uniformi solchi del campo, battuti dal vento ostile. Il cuoio è impregnato dell’ umidore e dal turgore del terreno. Sotto le suole trascorre la solitudine del sentiero campestre nella sera che cala. Per le scarpe passa il silenzioso richiamo della terra, il suo tacito dono di messe mature e il suo oscuro rifiuto nell’abbandono invernale. Dalle scarpe promana il silenzioso timore per la sicurezza del pane, la tacita gioia della sopravvivenza al bisogno, il tremore dell’ annuncio della nascita, l’angoscia della prossimità della morte. Questo mezzo appartiene alla terra, e il mondo della contadina lo custodisce. Da questo appartenere custodito, il mezzo si immedesima nel suo riposare in se stesso” (2).
Heidegger non intende l’ arte come imitazione: l’arte non riproduce la verità, ma “istituisce” la verità; nell’arte, è l’essere che si mette in opera e si rivela: il quadro di Van Gogh non ritrae “la semplice presenza di un paio di scarpe”, evoca un “mondo” quello della civiltà contadina e delle fatiche per coltivare la terra; non ha importanza la funzione delle scarpe: la contadina le considera semplici mezzi per camminare, mentre l’opera dell’ artista svela un mondo.
Per chiarire in che senso la verità si “storicizza,” Heidegger introduce un altro esempio con riferimento all’ arte greca: “Un edificio, un tempio greco non riproduce nulla. Si erge semplicemente, nel mezzo di una valle dirupata. Il tempio racchiude la statua del Dio, ed in questo racchiudimento protettivo fa sì che, attraverso il colonnato, essa risplende nella sacra regione. In virtù del tempio, Dio è presente nel tempio……… Eretto sulla roccia, il tempio apre un mondo e lo riconduce nello stesso tempo, alla Terra che solo allora si rivela come suolo natale…………Stando lì eretto, il tempio conferisce alle cose il loro aspetto e agli uomini la visione di se stessi. Questa visione resta attuale fin che l’ opera è tale, fin che Dio non fugge via da essa. Lo stesso vale per la statua del Dio, votatagli dal vincitore durante una lotta. Non si tratta affatto di una specie di ritratto, eseguito perché sia possibile sapere come il Dio è fatto, ma di un’ opera che lascia-essere-presente Dio stesso e, pertanto, è Dio stesso” (3) . Sia il quadro di Van Gogh, che il tempio “istituiscono” un mondo”: la verità è velata e solo nell’opera d’arte l’essere si manifesta.
Verità
questa sera il mare
è d’ argento spento
piatto, deserto
solo una piccola barca
nella foschia
i riflessi di un faro,
un velo nasconde
la verità”
S.Volcan, Zazie, Ed. Le poesie di Sillabe di Sale, 2014. (4)
La verità è velata, l’ opera d’arte consente di intuire l’essere, come un’“apertura” che è, contemporaneamente, una chiusura; uno “svelamento” che è anche “occultamento”: la luce dell’ essere brilla nella radura e molteplici sono i sentieri che iniziano al limitare del bosco e che via via che si inoltrano, si perdono, sino a scomparire totalmente; ogni sentiero, quale percorso della ricerca umana, è, nello stesso tempo, “via e sviamento, avanzamento e smarrimento;” ogni sentiero ha una meta: il “cuore del bosco,” ma la verità, in tutta la sua compiutezza, è, per l’uomo, irraggiungibile. La conoscenza razionale e la scienza non conducono alla verità, solo l’ opera d’ arte consente di alzare un velo per cogliere un lampo di luce che, immediatamente, si occulta.
Le pont du Gard
Cammino
Nella luce acre del sole,
punge la sete
una stretta, uno spasimo
nell’ aria
l’ odore dell’ acqua
canali, rive d’ erba
mura antiche
salici
un ponte, archi
pietre scolpite
antiche mani
il segno, una memoria
nella roccia
per ricordare
S. Volcan, Carmina e liriche, Libro II, Ed. Le poesie di Sillabe di Sale, 2014 (5)
La poesia non è solo ornamento, non è solo entusiasmo momentaneo o addirittura solo un eccitamento o un intrattenimento. La poesia è il fondamento che regge la storia e perciò non è neppure un fenomeno della cultura.” Il “dire” della poesia, non è un dire qualsiasi, ma esprime l’essenza delle cose: il linguaggio poetico espone un mondo, una cultura; il ponte non è un semplice strumento, s’ innalza maestoso in mezzo alla radura rievocando lo spirito di una civiltà; tale rievocazione porta alla luce le radici della nostra cultura: custodire il passato significa costituire una collettività che ha “radici stabili.” L’ agire umano può essere fecondo solo radicandosi nelle profondità della propria terra, come le piante, che possono fiorire nell’ etere e dare i loro frutti solamente se sono radicate nella terra. Un popolo non è costituito da una “somma di individui,” ma da una identità creata dalla cultura, dai costumi, dalla sorte comune; un popolo costituisce un “corpo unitario” che possiede il senso di una comune appartenenza.
Perché i poeti
“Perché i poeti?” chiede Heidegger in un incontro con un gruppo ristretto di persone, riunitesi il 29 dicembre 1926 nel ventesimo anniversario della morte di Rilke; domanda che si era già posto Holderlin nell’elegia “Pane e vino:” il poeta e il filosofo si pongono il medesimo quesito nel “tempo della povertà” quando l’ umanità si avvia sempre più alla catastrofe:
“La notte del mondo distende le sue tenebre. Ormai l’epoca è caratterizzata dall’ assenza di Dio, dalla “mancanza di Dio”. La mancanza di Dio significa che non c’è più nessun Dio che raccolga in sé, visibilmente e chiaramente, gli uomini e le cose, ordinando in questo raccoglimento la storia universale e il soggiorno degli uomini in essa. Ma nella mancanza di Dio si manifesta qualcosa di peggiore ancora. Non solo gli Dei e Dio sono fuggiti, ma si è spento lo splendore di Dio nella storia universale. Il tempo della notte del mondo è il tempo della povertà perché diviene sempre più povero. E’ già diventato tanto povero da non poter riconoscere la mancanza di Dio come mancanza.
A causa di questa mancanza viene meno al mondo ogni fondamento che fondi. Mancanza di fondamento o abisso è un’espressione che originariamente significa il terreno, il fondo verso cui, come estremo della profondità, qualcosa pende lungo la pendenza stessa. In seguito il termine venne a significare la completa mancanza di fondamento. Il fondamento è il terreno su cui radicarsi e stare. L’epoca a cui manca il fondamento pende nell’ abisso.
Posto che, in genere, a questa epoca sia ancora riservata una svolta, questo potrà avere luogo solo se il mondo si capovolge da capo a fondo, cioè se si capovolge a partire dall’ abisso. Nell’ epoca della notte del mondo l’abisso deve essere riconosciuto e subito fino in fondo. Ma perché ciò abbia luogo occorre che vi siano coloro che arrivano all’abisso” (6 ).
I poeti possono giungere all’ abisso per poter attuare il capovolgimento, per preparare il “soggiorno” a un nuovo Dio; è necessario compiere una svolta nel luogo giusto e in modo giusto. Holderlin, nell’ inno Mnemosine afferma:
…Non tutto
è ai Celesti possibile. Più presto giungono infatti
i mortali in fondo all’ abisso.
Ma così avviene per essi la svolta.
Luogo è il tempo, ma si attua
il Vero
Lungo è il tempo di povertà della notte del mondo………Forse siamo nel momento in cui la notte del mondo va verso la sua mezzanotte. Forse quest’epoca del mondo sta giungendo nel tempo della povertà estrema” (7).
Heidegger considera Rilke un altro poeta del tempo della povertà, poiché le sue liriche “Elegie di Duino” e “Sonetti ad Orfeo” conservano le tracce del Sacro che diventano sempre più irriconoscibili, poiché “l’ uomo si pone di fronte al mondo come un oggetto, e, propone se stesso come l’ente che, di proposito, impone tutte le posizioni”(8), gli esseri umani manipolano tutte le cose che sono oggetto dei loro traffici, sono minacciati da una ingannevole convinzione: che mediante la produzione, la trasformazione e l’accumulo di beni sia possibile rendere la situazione umana agevole e felice per tutti e che la produzione tecnica potrà mettere ordine nel mondo. Con il predominio della tecnica prevale il pensiero calcolante: qualsiasi oggetto è ridotto a merce, si vive solo per lo scambio e tutto è ridotto a denaro; solo i Poeti “del genere dei più arrischianti…sono quelli che si incamminano verso la traccia del sacro. Il loro canto al di sopra della Terra, salva…….I più arrischiati sono coloro che nella mancanza di salvezza si rendono conto del nostro essere-senza-protezione. Essi apportano ai mortali la traccia degli Dei fuggiti nelle tenebre della notte del mondo. I più arrischianti, in quanto cantori della salvezza, sono “poeti nel tempo della povertà” (9).
Heidegger, nel discorso tenuto a Roma il 2 aprile 1936, riprende il tema affrontato nel saggio “L’ origine dell’ opera d’ arte”, prendendo lo spunto da cinque “detti- guida” composti da Hoderlin e, commentando il quarto detto di Holderlin “Ma ciò che resta lo istituiscono i poeti” (10), che è anche la conclusione della lirica “Rammemorazione,” afferma che i poeti procedono oltre l’ apparenza e colgono la dimensione del sacro: “Poetare è l’ originario nominare gli dei…Il dire del poeta consiste nel cogliere i cenni degli dei per accennarli a sua volta al suo popolo,” solo i poeti, “nel tempo della povertà”, sono “coloro che arrivano all’ abisso” e sanno cogliere i segni degli dei fuggiti, solo la poesia è in grado di nominare gli dei : “Questo nominare non consiste nel fatto che qualcosa di già noto prima verrebbe soltanto provvisto di un nome, ma, invece, quando il poeta dice la parola essenziale, l’ente riceve solo allora, attraverso questo nominare, la nomina a essere ciò che è. Così viene conosciuto in quanto ente. La poesia è istituzione in parola dell’ essere. Ciò che resta non viene perciò mai attinto in quanto è caduco. Il semplice non può mai essere tratto immediatamente dal confuso. La misura non sta nello smisurato. Il fondamento non lo troviamo mai nell’ abisso senza fondo. L’ essere non è mai un ente. Ma giacché essere e essenza delle cose non possono mai risultare da un calcolo né possono essere derivati da ciò che è già presente, devono essere liberamente creati, posti e donati. Questa libera donazione è istituzione.(11)
Solo la poesia può cogliere la via “che conduce ad un nuovo fondamento, ad un nuovo terreno” ed aprire al mistero; vi sono due modi di pensare: il pensiero calcolante ed il pensiero meditante: il pensiero calcolante è proprio della scienza e della tecnica, solo il pensiero meditante consente di attingere ciò che è più degno di essere cercato l’ essere che non può mai risultare da un calcolo.(12)
NOTE
- Heidegger, Blockmann, Il Melangolo, 1989, p. 68;
- Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, 1968, p.19;
- Hedegger, Sentieri Interrotti, La Nuova Italia pp. 27/28;
- Volcan, Zazie, la poesia di Sillabe di Sale;
- Volcan, Carmina e liriche, II edizione, la poesia di Sillabe di Sale;
- Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, 1968, pp. 247/248;
- Heidegger, Sentieri interrotti,La Nuova Italia 1968, p. 248;
- Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia 1968, p.263;
- Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, 1968, p. 296;
- 10)Heidegger, La poesia di Holdelin, Adelphi, 1988, p. 41;
- 11)Heidegger, La poesia di Holderlin, Adelphi, 1988, p. 50.
BIBLIOGRAFIA
Chiodi P., L’ultimo Heidegger, Editore Taylor, 1960;
Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia,1968;
Heidegger, L’abbandono, Il Melangolo, 1989;
Heidegger, La poesia di Holderlin, Adelphi,1994;
Heidegger, Il pensiero poetante, a cura di Flavio Cassinari, Mimesis 2000;
Heidegger, L’autoaffermazione dell’università tedesca -Il rettorato 1933/34, Il Melangolo 1988;
S.Volcan, Zazie, Ed. Le poesie di Sillabe di Sale, 2014;
S. Volcan, Carmina e liriche, Libro II, Ed. Le poesie di Sillabe di Sale, 2014.