JUNG: Il libro rosso
JUNG: IL LIBRO ROSSO
NOTAZIONI BIOGRAFICHE E STORICHE
Carl Gustav Jung è nato a Esswil, un villaggio della Turgovia, in Svizzera, il 26 luglio del 1875 ed ha trascorso tutta la sua vita in Svizzera, ha compiuto viaggi in Francia, Inghilterra, Italia, Nord America, Africa e India. Nel 1887 ebbe la sua prima visione: Dio fa cadere del fango che causa il crollo di una cattedrale; la prima esperienza del “Dio vivente che, libero e onnipotente, sta al di sopra della Bibbia e della sua stessa Chiesa.”[1] Dopo la laurea in scienze naturali e in medicina, frequentò un corso di psichiatria durante il semestre invernale 1899-1900 e il semestre estivo del 1900, successivamente iniziò a lavorare presso l’ospedale psichiatrico Burgholzli di Zurigo diretto da Eugen Bleuler; nel 1902 si recò a Parigi e, dopo il suo ritorno in Svizzera, si sposò con Emma Rauschenbach, figlia di un ricco industriale di Sciaffusa; nel 1905 fu nominato medico capo del Burgholzli e capo del servizio ambulatoriale. Nell’ospedale l’ipnosi veniva sostituita da altre forme di psicoterapia; contemporaneamente, divenne libero docente alla facoltà di medicina dell’Università di Zurigo; nel 1906 ebbe i primi contatti epistolari con Freud, l’ anno successivo pubblicò il suo primo libro “Psicologia della dementia praeocox”, nel mese di febbraio si recò a Vienna per far visita a Freud, nel settembre partecipò al congresso internazionale di psichiatria ad Amsterdam e il 26 novembre tenne una conferenza sulla psicoanalisi ad un convegno della Società Medica di Zurigo. Nel 1908 fece costruire una bella casa, progettata da lui stesso a Kusnacht, sulle rive del lago nei pressi di Zurigo, dove visse per tutto il resto della sua vita. Ormai la sua fama era diventata internazionale: nel settembre del 1909 si recò, con Freud, all’Università di Worcester, nel Massachusetts per partecipare al ventesimo anniversario della fondazione Clark University, entrambi vi tennero conferenze; nello stesso anno diede le dimissioni dal Burgholzli. Nel 1911 Jung pubblicò l’ opera “Trasformazioni e simboli della libido” che suscitò i primi dissapori con Freud, successivamente, nel 1913, ruppe i suoi rapporti con Freud e, nel novembre dello stesso anno, iniziò a scrivere “I Libri neri” che, in seguito, furono trascritti nel “Libro rosso”; nell’aprile 1914, Jung diede le dimissioni dall’Associazione psicoanalitica internazionale e interruppe i legami con l’Università di Zurigo. Tutti questi avvenimenti segnarono l’inizio di un periodo di sei anni, dalla fine del 1913 al 1919, durante il quale Jung si dedicò alla clientela privata e al viaggio nel sul inconscio che definì la sua “nekyia”( topos della discesa agli inferi: già compiuti da Gilgamesh, Orfeo, Ulisse, Enea, Ercole, Teseo e Dante); questo esperimento era analogo all’autoanalisi di Freud, ma il metodo era assolutamente diverso: “Freud aveva usato le associazioni libere, Jung ricorse ad una tecnica che consisteva nel provocare l’emergere di immagini inconsce e nel suscitare la loro irruzione nella coscienza”[2].
A tale scopo Jung scriveva e disegnava il contenuto dei propri sogni e delle sue immaginazioni; iniziò tali esercizi il 12 dicembre 1913 e uno degli episodi più significativi si verificò quando Jung, si chiese “Ciò che sto facendo è veramente scienza?” e udì una voce di donna che gli rispondeva “E’ arte!” Egli lo negò, ma la voce insisteva, che era proprio arte...Jung scoprì così di possedere dentro di sè una personalità secondaria, autonoma, femminile, che chiamò la sua Anima”[3].
Un altro evento significativo si verificò nel 1916, quando sentì suonare il campanello di casa, ma non vide nessuno ed ebbe l’ impressione che una folla di spiriti rispondesse “Siamo le anime dei morti che sono ritornate da Gerusalemme senza aver trovato quello che cercavano”.[4] Tale risposta costituì l’ origine dello scritto “Septem sermones ad mortuos.”
Il ”viaggio nell’ inconscio” fu l’ avvenimento decisivo che spinse Jung a iniziare l’elaborazione di un nuovo metodo terapeutico e di un nuovo sistema d’indagine: dalla sua autobiografia sappiamo che l’autoanalisi gli consentì di acquisire le nozioni dell’ Anima, del Sè, dell’individuazione e di inconscio collettivo e degli archetipi che gli erano già noti dagli incontri con i pazienti e dalla letteratura.
Dal 1920 al 1924/1925 Jung fece alcuni viaggi: si recò ad Algeri, a Tunisi, nel Nuovo Messico e visse, per parecchi mesi, tra i membri di una tribù africana sul monte Elgon in Kenya, osservando la vita quotidiana degli indigeni, ebbe discussioni con alcuni membri della tribù e con lo stregone; in tal modo, presumibilmente, ebbe la possibilità di consolidare la sua teoria relativa all’inconscio collettivo.
Nel 1930 venne nominato presidente onorario della Società tedesca di psicoterapia; nel 1932 il consiglio municipale di Zurigo gli assegnò il premio per la letteratura; dopo che Hitler conquistò il potere, la Società tedesca di psicoterapia fu riorganizzata secondo i principi del nazionalsocialismo, il Presidente Ernst Kretschmer diede le dimissioni; venne costituita l’ Associazione internazionale di psicoterapia e Jung ne assunse la presidenza; in seguito Jung, quando venne accusato di antisemitismo e di aver appoggiato il nazismo, si difese sostenendo che l’associazione era uno stratagemma per consentire agli psicoterapeuti ebrei, espulsi dalla Germania, di rimanere nell’organizzazione.
Nel 1935 fu nominato professore ordinario di psicologia alla Eidgenossische Technische Hochschule di Zurigo e, alla fine del 1937, partecipò alla celebrazione del venticinquesimo anniversario dell’Università di Calcutta; Jung approfittò di questa occasione per compiere un viaggio attraverso l’ India e Ceylon. Di fronte al peggioramento della situazione internazionale, Jung si interessò ai problemi politici e cercò di analizzare la psicologia dei capi di Stato; nel corso della visita di Mussolini a Hitler, nel settembre 1937, potè osservare attentamente i due dittatori durante la parata; da quel momento Jung s’interessò sempre di più dei problemi della psicosi di massa e dei pericoli che si profilavano per tutta l’ umanità.
Alla fine della seconda guerra mondiale si verificò una nuova svolta nella vita di Jung: all’ inizio del 1944 si fratturò un piede e, in seguito, fu colpito da un infarto cardiaco durante il quale si sentì in punto di morte; ebbe, allora, una “visione cosmica:” gli parve di vedere la Terra da un’ immensa distanza; nel momento che entrava in una “sorta” di tempio, vide il proprio medico che si avvicinava, il medico aveva i lineamenti del re dell’ isola di Coo (dove nacque Ippocrate) e veniva per riportarlo sulla terra. Jung ebbe l’impressione che la vita del medico fosse in pericolo (di fatto il medico morì alcune settimane più tardi), mentre egli era salvo; Jung guarì e dichiarò di aver provato, inizialmente, un’ amara delusione al momento di ritornare in vita.
Alla conclusione della seconda guerra mondiale, Jung venne accusato di aver accettato la Presidenza della Società tedesca di psicoterapia, dopo che il Presidente Kretschmer aveva dato le dimissioni e i membri ebrei erano stati espulsi, e di essere antisemita per aver scritto un articolo in cui distingueva una psicoterapia ebraica ed una psicoterapia ariana. Queste accuse vennero negate, in quanto Jung non aveva preso il posto di Kretschmer, poichè era stato eletto Presidente dopo le sue dimissioni e aveva accettato la Presidenza dell’ Associazione internazionale per aiutare i membri ebrei.
Jung morì il sei giugno 1961 nella sua casa di Kusnacht, il suo corpo venne cremato e le ceneri furono deposte nel cimitero di Kusnacht, nella tomba di famiglia che Jung aveva disegnato e decorato con iscrizioni latine e con lo stemma della famiglia, e dove riposavano le spoglie dei genitori della sorella e della moglie.[5]
Jung visse in un periodo di profondi mutamenti nel campo della letteratura e della pittura; gli scrittori e i pittori hanno cercato di esprimere il mondo interiore e di attuare un totale “rinnovamento spirituale e culturale”[6].
Occorre anche considerare che, nei primi decenni del XX secolo, letteratura e psicologia non erano ancora nettamente distinti: psicologi e artisti indagavano un territorio comune; in questo senso il “Liber novus” può essere considerato “un saggio di esplorazione psicologica in forma letteraria”[7].
Jung aveva una notevole erudizione: acquisì una vasta conoscenza dei miti e delle religioni; conosceva pure lo gnosticismo, l’alchimia, le filosofie indiane e cinesi; inoltre, conosceva diverse lingue: il tedesco, il dialetto di Basilea, il francese e l’inglese; partecipava alla vita politica e a quella sociale ritenendo che un psicoterapeuta debba essere preparato non solo teoricamente, ma possedere anche la conoscenza pratica della vita.
Nel corso della sua vita, ai verificarono profondi cambiamenti in Europa e a livello mondiale: al momento della sua nascita, durante l’infanzia, l’ adolescenza e la giovinezza fu testimone del periodo della “Belle epoque” quando l’ Europa poteva dominare il mondo; periodo che ebbe fine con la prima guerra mondiale e la successiva crisi che sfociò nella seconda guerra mondiale. L’ Europa, con l’ emergere di nuove potenze: Stati Uniti e Unione Sovietica, perde il predominio che esercitava a livello mondiale; mentre le fratture che si verificarono tra le due superpotenze diedero luogo alla “guerra fredda” che determinò la divisione dell’ Europa tra l’area orientale sotto il controllo dell’ URSS e la parte occidentale controllata dagli Stati Uniti.
JUNG E IL SUO TEMPO
IL CONTESTO ARTISTICO
Il contesto culturale ed artistico dei decenni in cui Jung elabora le sue rivoluzionarie teorie nel campo della psicoanalisi è quanto mai innovativo e di netta rottura con il passato e con i sistemi di comunicazione tradizionali. Jung illustra il “Liber Novus” con splendide immagini, il cui stile si configura come eterogeneo e polisemantico: predomina il gusto bidimensionale, con forte presenza di elementi in apparenza decorativi, ma in realtà carichi di simbolismo; la gamma cromatica è variata, con predominanza ora di una tavolozza fredda, ora calda. L’iconografia abbonda di figure geometriche, mentre le figure umane o animali risultano stilizzate.
La scelta artistica di Jung è tutt’altro che scontata, piuttosto risente da un lato della sua profonda conoscenza dell’arte primitiva ed arcaica, oltre che dell’arte orientale, dall’altro si inserisce nella corrente di espressione artistica d’avanguardia che caratterizza i primi del ‘900. Infatti, a partire da Klimt fino alle avanguardie dell’espressionismo tedesco, dei fauves, del surrealismo, dell’astrattismo si crea una frattura con l’arte tradizionale, inserendosi nelle novità proposte dai post-impressionisti: la visione dell’arte come specchio dell’anima, delle profondità sconosciute dell’interiorità, ma anche come strumento per raggiungere una dimensione spirituale e mistica. Gli elementi di tale rivoluzione semantica, che capovolge il paradigma dell’arte tradizionale, sono lo stile, caratterizzato da abbandono di ogni forma di realismo nel cromatismo e nella volumetria e i contenuti, con la scelta – a seconda della corrente artistica - di mondi interiori (il surrealismo), di universi geometrici (l’astrattismo), di una realtà stravolta da colori irreali (Matisse), dalla ricerca di visioni che rimandano al mondo dell’infanzia (Klee), fino a elementi di paesaggio che si astraggono in elementi di puro colore (Mondrian).
Comune è la ricerca di mezzi espressivi che diano voce all’inquietudine dell’uomo moderno, che mettano a nudo la realtà interiore che creino un mondo di bellezza e di sogno.
Esponente di primo piano dell’arte della Belle Epoque, permeato del gusto estetizzante dell’epoca, pervaso insieme da sottili inquietudini è Gustav Klimt. L’artista inizia la sua indagine alla ricerca del nuovo “io,” svelando gli istinti nascosti che l’arte classica e la cultura ottocentesca aveva idealizzato e represso. Klimt, al pari della contemporanea psicoanalisi, spinge la propria pittura nelle riposte profondità dell’io per liberarlo dalle imposizioni del moralismo ottocentesco: la compresenza di naturalismo e astratta bidimensionalità sembra indicare il vagare di Klimt in un mondo che ha perduto coordinate sicure e che non sa se la sostanza della realtà consista nella carne o nello spirito. Emplematico è il dipinto “Il bacio”, dove le due figure sono avvolte da un’atmosfera dorata che le separa dal resto del mondo, sospendendo la coppia al di fuori di qualunque coordinate spazio-temporale, in una dimensione cosmica, pensabile soltanto al di là della realtà, nella sfera del sogno. Lo sfondo decorativo e intessuto di un preziosismo scintillante trasporta le figure dei suoi dipinti in una dimensione cosmica ed onirica, senza tempo né spazio, sospesa in un limbo dorato.
Dai primi del ‘900 si sviluppano in tutta Europa le correnti artistiche denominate “avanguardie”: L’espressionismo tedesco, i Fauves, il Cubismo, il Futurismo, l’Astrattismo e successivamente le seconde Avanguardie con il Surrealismo, il Dadaismo, il Costruttivismo, il Neoplasticismo. Tutte presentano una violenta polemica contro la società contemporanea e propongono una visione etica oltre che estetica tesa al rinnovamento della società stessa attraverso una instancabile sperimentazione e il rifiuto del linguaggio accademico. L’orientamento è duplice: da un lato troviamo correnti che propongono un dialogo con il mondo contemporaneo, dall’altro correnti come il dadaismo e il surrealismo che propongono il trionfo del caso e dell’enigma, rifiutando l’aspetto razionale dell’uomo, per indagare la realtà solo in base alle leggi dell’inconscio.
Emblematiche della ricerca di una dimensione più autentica della realtà e di scarnificare la realtà stessa per porre in luce le pulsioni sotterranee sono certamente le correnti dell’Espressionismo tedesco, tra cui si annoverano Nolde, Kirchner, dell’astrattismo, condotto da Kandinskij, del Surrealismo, che vede in primo piano le sperimentazioni audaci di Dalì e di Ernst, fino alle individuali ricerche espressive di Klee e di Mondrian.
In primo luogo, per gli Espressionisti la tela diventa il luogo della proiezione immediata di sentimenti e stati d’animo soggettivi, per cui vengono abbandonate le convenzioni linguistiche come la prospettiva ed il chiaroscuro, ma si crea un nuovo linguaggio, con colori violenti e parossistici, forme spigolose, resa caricaturale dei volti, effetti macabri. La violenza cromatica e la stilizzazione selvaggia dei corpi sono gli aspetti caratterizzanti il linguaggio espressionista.
Colori violenti e puri sono anche presenti come elemento significativo nell’arte dei Fauves, corrente in cui spicca il percorso pittorico di Matisse: i colori all’inizio sono innaturali e svincolati dal soggetto rappresentato, perché per Matisse alla base dell’arte c’è solo l’istinto. Scrive al proposito Matisse: “ i nostri quadri diventano purificazioni, con colori che frugano l’anima umana nel profondo”. Nel corso degli anni la ricerca di una purificazione,attraverso il linguaggio artistico, orta Matisse ad introdurre altri due elementi: le linee ritmiche e l’ornamento, prendendo a riferimento l’arte orientale per l’uso di colori puri a grandi superfici, per il trattamento piatto dello spazio e la predilezione per la linea ornamentale dell’arabesco. Con le ricerche degli ultimi anni, dal Grande Nudo rosa ai Nudi blu, Matisse cerca, come afferma lui stesso, di: “giungere ad una forma decantata, fino ad arrivare all’essenziale”.
Giochi di colore e ricerca dell’ultima verità celata al di sotto e al di là del reale sono elementi fondanti dell’arte di Kandiskij, che nel suo scritto “Lo spirituale nell’arte”, del 1911, traccia un percorso artistico e filosofico insieme diretti a svelare, attraverso forme geometriche e colori, una dimensione astratta dell’essere. Al dibattito tra astratto e figurativo Kandinskij aggiunge una voce di novità: “ il problema non è sapere se la forma esteriore è rispettata, ma se l’artista ha bisogno di questa forma nella sua apparenza esteriore. Non sono necessarie l’anatomia e affini, né il rifiuto a priori di questa scienza, ma la totale, incondizionata libertà dell’artista nella scelta dei suoi nessi”.
Un percorso individuale è tracciato dalle opere di Klee e di Mondrian: il primo compone una sorta di diario della vita interiore, dettata da una emozione poetica, che viene tradotta in espressione plastica attraverso gli elementi formali del disegno – punto, linea, superficie, spazio - esaltati dalla relazione con il colore. Come afferma l’artista stesso, nella sua opera: “ non c’è filosofia o letteratura, ma soltanto linee e forme e precisamente in uno stile da bambini, cioè come disegnerebbero i bambini”. Nella sua creazione artistica ogni opera rappresenta una tappa del viaggio che rende l’invisibile per arrivare “al cuore della creazione”.
Mondrian è il principale esponente del Neoplasticismo: l’obiettivo della sua arte è tradurre visivamente l’essenza pura della realtà attraverso un processo di sintesi e di astrazione fino a giungere alla eliminazione di ogni riferimento figurativo, giungendo all’ultima essenza della realtà.
IL LIBRO ROSSO
Il "Libro rosso" o "Liber novus" narra le visioni e i sogni che Jung ebbe dal 1913 al 1914 e raccoglie anche i suoi disegni; il libro si presenta trascritto in caratteri gotici, ornato di fregi sul modello dei manoscritti medioevali e corredato da dipinti. E’ rimasto inedito per circa un secolo, infatti è stato pubblicato nel 2009, quando gli eredi hanno acconsentito alla pubblicazione. Non si tratta nè di un semplice diario nè di una autobiografia, né di un’opera letteraria o artistica, anche se nelle immagini si può scorgere un influsso di William Blake che Jung cita diverse volte nei suoi scritti. Le illustrazioni non hanno una finalità artistica, ma mirano ad esprimere, mediante il disegno, ciò che non può essere espresso con le parole, il testo vuole essere la narrazione del lungo viaggio interiore che Jung ha compiuto per giungere ad una "più profonda conoscenza psicologica" di se stesso e, contemporaneamente, una storia che coinvolge tutta l' umanità. Jung intende, anche, evidenziare come il mito e il simbolo siano decaduti e siano stati sostituiti dal razionalismo e dal dominio della tecnica; egli è persuaso che la nostra epoca sia "un tempo di scissione e di malattia. Le condizioni politiche e sociali, il disorientamento religioso e filosofico, l' arte moderna e la moderna psicologia costituiscono tutti sintomi concordanti. Se ne rende ben conto chi ha ancora un briciolo di umana responsabilità. E si deve onestamente riconoscere che in questo nostro mondo attuale le cose non vanno bene per nessuno e che anzi vanno sempre peggio. La parola "crisi" è anche un termine medico, che sta a indicare il grave stato culminante di malattia."[8] In una conferenza tenuta a Vienna nel 1932, Jung sostiene che "Le immani catastrofi che ci minacciano non sono eventi naturali di carattere fisico o biologico, ma eventi psichici. Siamo spaventosamente minacciati da guerre e rivoluzioni, che altro non sono se non epidemie psichiche. In qualsiasi momento alcuni milioni di persone possono essere colti da una nuova follia, e allora avremo un' altra guerra mondiale o una catastrofica rivoluzione...Il dio del terrore alberga nella nostra anima”[9]
La crisi che pervade la società non dipende da eventi esteriori, occorre individuarne le radici più profonde nell' inconscio, trovare il primordiale che è presente in noi: "Se questi residui primitivi sono ancora presenti in noi – e lo sono – potete immaginarvi quanta parte di noi uomini civilizzati non riesce a star dietro alla terribile fretta della vita quotidiana, che produce in noi una graduale scissione e una resistenza che può crescere fino a trasformarsi in una tendenza distruttiva nei confronti della cultura. Occorre precisare che Jung non ha una visione di tipo individualistico; egli ritiene che siano presenti nell' inconscio due strati ben distinti: uno personale costituito dal materiale acquisito nel corso della vita, l'altro impersonale o psiche collettiva; tale differenziazione ha permesso a Jung di poter comprendere le proprie fantasie mitologiche che non derivavano dall' inconscio personale, ma dalla psiche collettiva che costituisce il patrimonio ereditario. I contenuti dell' inconscio collettivo sono costituiti da "tipi arcaici o ancora meglio primigeni", sono, cioè,"immagini comuni presenti fin da tempi remoti" e si esprimono attraverso il mito e la favola.”
Il “Libro Rosso”, scritto in calligrafia gotica, rinvia al periodo antecedente all’invenzione della stampa, le illustrazioni presentano una molteplicità di stili, hanno carattere esoterico e fanno di contrappunto al testo; “Il Libro rosso”, può essere inteso, nel sul complesso, come simbolo di una scrittura sacrale: “Ho riportato alla luce antiche rune e formule magiche poichè le parole non arrivano più agli uomini. Le parole sono diventate ombre. Per questo ho preso un antico arnese magico e ho preparato pozioni bollenti e vi ho mescolato ingredienti segreti e di ancestrale vigore, cose che neppure il più astuto riuscirà a indovinare”[10]
La “sperimentazione” che Jung conduce sul proprio mondo interiore, ha, quale fondamento, gli studi che egli aveva condotto sulla mitologia, sul folclore e sulle religioni; Jung distingue due forme di pensiero: il pensiero logico proprio della scienza e il pensiero fantastico proprio della mitologia.
Il “Libro Rosso” è composto da tre parti: Liber primus –Liber Secundus – Prove;
Il Liber primus: La via di quel che ha da venire: comprende un Prologo e undici capitoli;
il Liber secundus: Le immagini dell’ errante: comprende ventun capitoli;
Il Liber tertius: “Prove”. Nell’ inverno 1917, Jung compose un nuovo manoscritto intitolato “Prove” in cui riportò le esperienze vissute dal 19 aprile 1914 al giugno 1916 con i relativi commenti. Considerato il contenuto, anche se non fu trascritto nel volume calligrafico, viene considerato quale terza parte del Liber novus.
L’ opera presenta una molteplicità di personaggi; i principali sono Filemone, Elia , Salomè, Satana che hanno un significato simbolico: Filemone simboleggia la sapienza, Elia il Logos, Salomè l’ Eros “inferiore, Satana la malvagità.
Per quanto attiene i disegni presenti nel testo, non sono semplici illustrazioni, ma hanno lo scopo di riprendere le visioni ampliando il senso simbolico dello scritto; numerose immagini furono eseguite anni dopo la trascrizione delle visioni; possono essere distinte in diversi gruppi: immagine di carattere allegorico, come la scena dell’ assassinio di Sigfrido (cap. VII); immagini strettamente simboliche che raffigurano “gli avvenimenti delle visioni” o che sono “veri e propri simboli” come quella dell’Incantesimo (cap. X Liber secundus); immagini simboliche che hanno lo scopo di ampliare la narrazione scritta come le immagini del cap. XIII (Liber secundus.[11]
Il “Liber primus” comprende le esperienze vissute da Jung dal 12 novembre al 25 dicembre 1913 e i commenti scritti successivamente; in origine fu scritto su pergamena, quindi venne trascritto in un volume in folio di circa 600 pagine, rilegato in pelle rossa; le illustrazioni presentano simboli che si riferiscono alle visioni narrate nel testo. Il libro è composto da 11 capitoli, preceduti da un Prologo; ogni capitoli comprende la descrizione della visione e i commenti delle visioni vissute.
Il “Liber secundus” è costituito dalle visioni vissute fra il 26 dicembre 1913 e il 19 aprile 1914, le illustrazioni presentano immagine elaborate a tutta pagina; alcune sono aderenti alla storia narrata nel testo, altre, invece, se ne distaccano; molte sono state inserite anni dopo la redazione del testo.
Nel “Liber novus” rappresenta il tentativo di Jung di conoscere se stesso e di comprendere la struttura della personalità umana; tali obiettivi possono essere conseguiti accettando una nuova immagine di Dio e sviluppando una nuova visione del mondo.
Dopo la morte di Jung il libro fu custodito nell’ archivio di famiglia, secondo le sue volontà; nel 1975, fu sottoposta al legale degli eredi di Jung, la proposta di pubblicazione del Libro novus ed una scelta di riproduzioni dei disegni di Jung; ma la proposta venne respinta; sempre nel 1975 furono esposte in una mostra a Zurigo alcune riproduzioni di pagine calligrafiche del volume Nel maggio del 2000, gli eredi hanno autorizzato la pubblicazione dell’ opera.
L’ ALCHIMIA
Nel “Libro rosso” sono presenti numerosi riferimenti all’ alchimia che fu oggetto di studio da parte di Jung; quando era studente universitario lesse testi alchemici di origini e correnti diverse e opere di alcuni teosofi che si erano dedicati alla ricerca dell’ “anima mundi” presente nella natura.Tra tutti gli autori, quello che esercitò maggiore influenza su Jung, fu Goethe; nella sua autobiografia, Jung affermò che considerava il suo lavoro sull’ alchimia quale segno della sua relazione interiore con Goethe: “il segreto di Goethe fu d’essere afferrato da quel processo di trasformazione archetipica che corre attraverso i secoli.
Considerava il suo Faust come un opus magnum o divinum. Lo chiamava il suo “compito principale”, e perciò tutta la sua vita si svolse nella cornice di quel dramma. Così tutto ciò che era attivo e vivo in lui era una sostanza vivente, un processo sovrapersonale, il grande sogno di un mundus archetypus”[12].
Jung, del resto, aveva letto le opere di Paracelso che, per primo, aveva dato importanza al “fattore psichico” e grazie a lui fu indotto a “esaminare la natura dell’alchimia nei suoi rapporti con la religione e la psicologia;”[13] inoltre, nei “Ricordi”Jung afferma che, grazie all’ alchimia, era riuscito a giungere al “fondamento” delle esperienze vissute tra il 1913 e il 1917, poichè il mutamento che aveva subito durante quegli anni corrispondeva al processo di trasformazione alchemica.
IL VIAGGIO NELL’ INCONSCIO - LA MITOLOGIA
Il viaggio nell’ inconscio è paragonato da Jung ai viaggi di Ulisse e di Enea nel regno dei defunti, ed è l’ evento che indusse Jung a elaborare un proprio metodo di cura, diverso da quello freudiano; infatti dal “Libro rosso” possiamo comprendere che Jung, procedendo nell’ autoanalisi, acquisì le prime conoscenze circa l’ Anima, l’ individuazione, e sperimentò personalmente gli archetipi collettivi. Nel 1916 Jung tenne, all’Associazione di psicologia analitica, una conferenza intitolata “La struttura dell’ inconscio;” secondo Jung, nell’inconscio si possono distinguere due strati: l’ inconscio personale costituito da tutto il materiale acquisito a livello individuale e l’ inconscio impersonale.
Le fantasie mitologiche appartengono all’ inconscio collettivo che ha carattere ereditario; Jung, già dal 1908 si era dedicato allo studio della mitologia, del folclore e delle religioni; tali indagini lo convinsero che il mito ha un’ importanza fondamentale per cui vivere senza miti significa essere un uomo “senza radici senza un vero rapporto con il passato, con la vita degli antennati.“[14]
Nell’ opera“Simboli della Trasformazione,” pubblicata nel 1912, Jung sostiene che “le basi inconsce dei sogni e delle fantasie sono soltanto in apparenza reminiscenze infantili. In realtà si tratta di forme di pensiero primitive o arcaiche basate su istinti, che come è naturale si manifestano più nettamente nell’ infanzia che in seguito. Ma in sè esse non sono affatto nè infantili nè patologiche, e per caratterizzarle non si dovrebbe quindi ricorrere a locuzioni prese in prestito dalla patologia. Così anche il mito, basato egualmente su processi inconsci di fantasie, non è assolutamente infantile quanto a significato, contenuto e forma: nè è espressione di un atteggiamento autoerotico autistico anche se dà origine a un’ immagine del mondo che si adatta a stento alle nostre opinioni razionali e oggettive. Il fondamento arcaico-istintivo del nostro spirito costituisce uno schietto dato di fatto oggettivo indipendente sia dall’ esperienza individuale, sia da arbitrio personale-oggettivo, quanto la struttura ereditata e la disposizione funzionale del cervello. Come il corpo possiede la sua antogenesi, le cui diverse fasi hanno lasciato in esso tracce evidenti, così avviene anche per la psiche”[15].
“LA VIA DI QUEL CHE HA DA VENIRE”
Nel “Liber primus” sono raccolte le esperienze di Jung dal 12 novembre al 23 dicembre 1913 e i commenti scritti successivamente; il libro inizia con un prologo, seguono undici capitoli; salvo qualche caso, ogni capitolo si divide in due parti: la prima descrive le visioni, la seconda raccoglie i commenti e le riflessioni relative alle visioni.
Nel Prologo, Jung delinea le fondamenta del Liber novus: “quel che ha da venire” è “Dio che deve venire” e sottolinea che il suo messaggio proviene dallo spirito del profondo e non dallo spirito di questo tempo; Jung distingue nettamente lo spirito del tempo dallo spirito del profondo, che “mi ha tolto la fede nella scienza, mi ha privato del piacere di spiegare le cose e di classificarle e ha fatto spegnere in me la dedizione agli ideali di questo tempo. Mi ha costretto a calarmi nelle cose ultime e più semplici ha tolto la ragione e tutte le mie conoscenze, per porle a servizio dell’ inespicabile e del paradossale. Mi ha privato del linguaggio e della scrittura per tutto ciò che non stava al servizio di quest’ unica cosa, ossia dell’ intima fusione di senso e non senso che produce il senso superiore,”[16] Lo spirito del profondo, toglie ogni fiducia nello spirito del nostro tempo, “costituito dall’ insieme di valori, norme, pregiudizi costumi e tradizioni che condizionano l’ Io dal punto di vista affettivo e cognitivo.” [17]
Nietzsche aveva preannunziato la “Morte di Dio” nella “Gaia scienza:”Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poichè proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risate....Il folle uomo gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguì – non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vogliono tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perche siano vedute e ascoltate.Quest’ azione è ancor sempre più lontana da loro delle più lontane costellazioni” [18]
La “morte di Dio” prelude alla nascita dell’ oltreuomo che abbandona tutti i vecchi valori e accetta la vita in tutti i suoi aspetti: ”Uomini superiori, questo Dio era il vostro più grave pericolo.
Da quando egli giace nella tomba, voi siete veramente risorti. Solo ora verrà il grande meriggio, solo ora l’ uomo superiore diverrà – padrone!
Avete capito queste parole fratelli? Voi siete spaventati: il vostro cuore ha le vertigini? Vi si spalanca, qui, l’ abisso? Ringhia, qui, contro di voi il cane dell’ inferno?.
Ebbene! Coraggio! Uomini superiori! Solo ora il mondo partorirà il futuro degli uomini! Dio è morto: ora noi vogliamo. che viva l’ oltreuomo.”[19]
La morte di Dio, secondo Jung, apre un mondo di “miseria,” è necessario, quindi, recuperare il Dio che è stato smarrito, percorrendo la via verso l’abisso; La strada è “lunga ed orribile”, si tratta di trovare il sentiero verso il Dio che è presente dentro di noi.
Il prologo introduce il tema fondamentale del Liber novus: l’ annunzio della rinascita di Dio nell’ anima , Jung cita alcuni versetti del profeta Isaia: “Ma chi crede a ciò che abbiamo annunziato e a chi è stato rivelato il braccio del Signore? Egli è infatti cresciuto davanti a lui come un virgulto e come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma nè bellezza, noi lo guardammo ma non aveva un aspetto tale da piacerci. Era il più disprezzato e svalutato. Pieno di sofferenze e di infermità. Era così spregiato che davanti a lui ci si copriva il volto per questo non ne facemmo stima alcuna. Tuttavia egli portava la nostra infermità e si era caricato dei nostri dolori. Ma noi lo ritenevamo tormentato percosso da Dio e martoriato (Isaia 53.1-4) [20]. Isaia è “profeta messianico”, il Messia che egli predice non è come l’ attende il popolo di Israele: non è bello, sarà rifiutato e molti non gli crederanno. Il problema fondamentale dell’ uomo, è il “dominio” dello spirito del tempo che vorrebbe sentire cose utili e che valgono, mentre lo spirito del profondo toglie ogni fiducia nella scienza e ci conduce a scoprire l’ immagine di Dio che è presente in noi stessi.
Lo spirito del profondo, inoltre, governa “la profondità degl eventi del mondo[21]”, come ha potuto sperimentare Jung che, nell’ ottobre del 1913, fu, improvvisamente, sopraffatto da una visione: “una spaventosa alluvione innondava tutti i bassopiani settentrionali situati tra il Mare del Nord e le Alpi. Andava dall’ Inghilterra alla Russia e dalle coste del Mare del Nord fin quasi alle Alpi. Vedevo i flutti giallastri. le macerie galleggianti e la morte di innumerevoli persone.[22] Dopo due settimane la visione ritornò lasciando Jung sconcertato e impaurito.
Nel 1914 all’inizio e alla fine di giugno, Jung fece per due volte lo stesso sogno: si trovava in una terra straniera, improvvisamente “dagli spazi siderali era calato un freddo inspiegabile e mostruoso tutti i mari e i fiumi ne erano rimasti ghiacciati e gelata ogni forma di vegetazione”; nel mese di luglio sognò di trovarsi in una remota regione inglese, doveva tornare in patria il più presto possibile, arrivato in fretta a casa trovava che, in piena estate, era calato “dagli spazi siderali un freddo mostruoso, che aveva congelato ogni forma di vita. Lì c’ era un albero fronzuto, ma privo di frutti le cui foglie si erano trasformate, per effetto del gelo in dolci grappoli, colmi di un succo salutare. Io li coglievo e li offrivo a una grande folla in attesa.”[23]
Nella realtà, quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale, Jung si trovava in Scozia e decise di rientrare a casa il più presto possibile; gli eventi delle visioni hanno un significato simbolico: il freddo e la mostruosità della guerra.
LA RICERCA DELL’ ANIMA
L’ esperimento dell’ autoanalisi inizia con un’ invocazione: “Anima mia dove sei? Io parlo ti chiamo. Ci sei? Sono tornato, sono di nuovo qui. Ho scosso dai miei calzari la polvere di ogni paese e sono venuto da te e sono a te vicino, dopo lunghi anni di lunghe peregrinazioni sono ritornato da te.” Lo spirito profondo considera l’ anima come una “creatura vivente, dotata di una propria esistenza”, pertanto contraddice lo spirito del nostro tempo; per giungere all’ anima è necessario distogliere “il proprio desiderio dalle cose esteriori” e compiere, dentro di noi, il “viaggio nel deserto,” cioè occorre affrontare la solitudine e ascoltare l’ anima per discendere nelle profondità dell’ inconscio. La notte del 12 dicembre 1913, lo spirito del profondo, apre gli occhi all’Io, facendolo sprofondare nel mondo infero dell’ anima; Jung ha una spaventosa visione che gli fa vedere le cose più intime, il mondo multiforme della sua anima: “Mi trovo in una buia caverna, immerso fino alle caviglie in un nero luridume. Intorno a me aleggiano delle ombre. Sono attanagliato dalla paura, ma so che devo entrare. Striscio attravero una stretta fenditura nella roccia e giungo in una caverna più interna nel fondo ricoperto di acqua nera. Ma dall’ altra parte scorgo una pietra che emana una luce rossastra, a cui devo arrivare. Procedo guadando l’ acqua melmosa. La caverna è invasa da un mostruoso frastuono di voci bercianti. Sollevo la pietra che ricopre una buia apertura nella roccia.Tengo in mano la pietra guardandomi intorno perplesso. Non voglio dare ascolto alle voci che intendono distrarmi. Però voglio sapere. Qui c’è qualcosa che vuol farsi sentire. Appoggio l’ orecchio sulla fessura. Odo lo scroscio di fiumi sotterranei. Vedo la testa insanguinata di un uomo trascinata dalla corrente scura. Laggiù galleggia un uomo ferito, un morto ammazzato .Inorridito resto a fissare a lungo qull’ immagine. Vedo passare sul fiume tenebroso un grosso scarabeo nero.
Sul punto più profondo della corrente risplende un sole rossastro che fende con i suoi raggi l’ acqua tenebrosa. Impietrito dal terrore, scorgo poi sulle pareti scure un groviglio di serpenti che fuggono nell’ abisso dove il sole brilla più tenue. Mille serpenti aggrovigliati ricoprono il sole. D’un tratto si fa notte fonda Un fiotto di sangue, un denso sangue rosso, sprizza verso l’ alto, zampilla a lungo e poi si esaurisce. Resto paralizzato dallo spavento.Che cosa ho visto?”[24]
Il viaggio di Jung è un viaggio negli abissi che custodiscono ciò che ha da venire: la morte dell’ eroe, i fiumi di sangue che scorreranno in Europa; l’Io è disorientato, il grosso scarabeo, simbolo della divinità, “galleggia sulle acque tenebrose;” gli uomini hanno dimenticato Dio e la notte, che avvolge l’ umanità, diventa sempre più oscura, si attende una redenzione. Cristo morì in croce per salvare gli uomini e discese agli Inferi, ma ora l’Anticristo, che è stato predetto torna a dominare e a sconvolgere l’ umanità.
Nella notte del 18 dicembre 1913, Jung ha la visione della morte dell’eroe, simboleggiato da Sigfrido: “Mi trovavo in alta montagna insieme a un giovane. Stava per nascere il giorno a oriente il cielo era già chiaro. Sui monti si sentì allora risuonare in tono di giubilo il corno di Sigfrido.Capimmo che stava arrivando il nostro mortale nemico. Eravamo
armati e ci appostammo su uno stretto sentiero nella roccia per assassinarlo. Lo vedemmo arrivare, in alto sulla cresta del monte, su un carro fatto di ossa di morti. Intrepido guidava in modo superbo giù per le rocce scoscese e piombò sullo stretto sentiero dove noi attendavamo nascosti. Non appena svoltò alla curva davanti noi facemmo fuoco nello stesso momento ed egli cadde colpito a morte. Subito mi volsi per fuggire, e in quel momento si abbattè su di noi uno scroscio di pioggia torrenziale. Poi però provai una sofferenza mortale e sentii con certezza che avrei dovuto uccidermi se non fossi riuscito a risolvere l’ enigma dell’ assassinio dell’ eroe.
Allora lo spirito del profondo mi si accostò e disse queste parole: “la verità suprema e l’ assurdità sono la stessa e identica cosa.”Quelle parole mi salvarono. E si stemperò in me l’ eccessiva tensione come uno scroscio di pioggia dopo lunga calura.
Allora ebbi una seconda visione. Sedevo in uno splendido giardino dove passeggiavano personaggi che indossavano vesti di seta bianca, ognuno avvolto da un alone di luce colorata. color rosso per alcuni, per altri tendente all’ azzurro e al verde.”[25]
L’immagine dell’ eroe, presentata nel “Libro Rosso” muta completamente rispetto al simbolo dell’ eroe dell’ opera “Trasformazioni e simboli della libido,” pubblicata nel 1912 e rielaborata nel 1952 come “Simboli della trasformazione;” nel “Libro Rosso” il simbolo dell’ eroe è riferita all’ archetipo paterno e ha una valenza non solo su piano personale, ma anche su quello collettivo: l’ uccisione a tradimento di Sigfrido ha un’analogia con l’uccisione a tradimento dell’ arciduca tedesco a Sarajevo, ma il riferimento dell’ uccisione a tradimento del biondo eroe dagli occhi azzurri si riferisce anche al passato: alla cristianizzazione del popolo germanico che abbandona Thor il Dio del tuono e tradisce i propri dei, gli alberi sacri e il culto per le foreste: “Ah che Sigfrido il biondo eroe germanico dagli occhi azzurri, abbia dovuto cadere per mano mia, proprio lui, il più leale valoroso! Aveva in sé tutto ciò che io ritenevo vi fosse di più grande e di più bello. Era la mia forza, la mia audacia, il mio orgoglio. In una lotta alla pari avrei dovuto soccombere io, per cui non mi restava altro che ucciderlo a tradimento. Se volevo continuare a vivere potevo farlo solo con l’ astuzia e la perfidia.”[26]
Jung si riconosce, con dolore, come autore della morte di Sigfrido; occorre evidenziare che la visione dell’ uccisione a tradimento dell’ eroe guerriero, si riferisce allo slogan politico che si diffuse alla fine della guerra, per presentare come imbattibile l’esercito tedesco sul campo di battaglia; secondo tale affermazione i tedeschi erano stati privati dalla vittoria a causa di “una pugnalata alla schiena” che proveniva dal “fronte interno.” Inoltre, è opportuno considerare che a causa dell’ enorme numero di vittime della Prima guerra mondiale, tramontava la figura dell’ eroe guerriero come singolo, perché nella guerra di massa non c’è più spazio per il valore dell’ individuo; al suo posto ci sono i milioni di morti anonimi, sepolti in fosse comuni, privati delle cerimonie funebri, il monumento funebre è dedicato al “milite ignoto” quale simbolo della massa di soldati uccisi.
Morto l’eroe, lo spirito del profondo fece scorgere a Jung la “nascita del nuovo Dio: “il bambino divino mi si fece incontro da una terribile ambiguità, da ciò che era insieme brutto e bello,cattivo e buono, ridicolo e serio, malato e sano, non umano e umano, non divino e divino.”[27] Cristo prima di ascendere in cielo, discese all’ inferno; il tema della discesa di Cristo si trova nei vangeli e in diversi testi apocrifi, di cui Jung si interessò in diversi suoi scritti (“Psicologia e religione,” “Psicologia e alchimia”), “Aion” Cristo è, per Jung, una figura profondamente umana, è soggetta alle medesime sofferenze e alle stesse contraddizioni degli esseri umani. Analogamente a Nietzsche, anche Jung reputa che il cristianesimo, come vicenda storica deve essere superato, ma Jung respinge che Dio sia morto, come aveva annunziato Nietzsche, senza Dio l’ uomo smarrirebbe se stesso.
Il due gennaio 1914, Jung sognò che l’Io si era diretto verso un paese nordico e vide la Morte: “Lassù, sull’ ultima duna sta ritta una figura avvolta in un nero mantello drappeggiato, immobile, scruta in lontananza. Mi accosto a lei; è magra e pallida, e nei suoi lineamenti si legge un’ estrema serietà. Le parlo e le dico: “Fammi stare un momento con te, o tenebrosa. Ti conoscevo di lontano. Soltanto una come te se ne può restare solitaria, come fai tu, nell’angolo più remoto della terra. Rispose: “Straniero rimani pure qui da me, se non geli. Vedi bene che sono fredda e che nel mio petto non ha mai pulsato un cuore”. lo so. Tu sei di ghiaccio e sei la fine, tu sei la fredda quiete della pietra,la più alta neve sui monti e il gelo più intenso degli spazi siderali”….. In lontananza, sembra avanzare una cortina di nube, ma osservando più attentamente,appaiono “legioni compatte di uomini, vecchi, donne, bambini. In mezzo a loro ci sono cavalli, buoi e animali più piccoli; un nugolo di insetti sciama tutt’intorno. Un’ intera selva viene avanti sui flutti, fiori appassiti senza numero. Un’ intera estate defunta. Già son vicini han tutti lo sguardo fisso e gelido. Non muovono i piedi e dalle loro fila compatte non esce alcun suono. Si tengono rigidi con le mani e le braccia, guardano davanti a sé e non si curano di noi..Scorrono avanti in enormi fiumane. O tenebrosa che orribile visione!..
Le prime file sono giunte là dove l’ onda della risacca si mescola possente all’ acqua del fiume. Una tromba d’ aria pare ora volersi rovesciare, sollevando il mare sulla fiumana dei morti. Vengono risucchiati per aria, svolazzano lacerati in neri brandelli, per poi dissolversi in fosche nubi di caligine. Un’ onda dopo l’ altra viene avanti e sempre nuove schiere si disfano nell’ aria nera. O tenebrosa dimmi è questa la fine?”
All’ improvviso ai piedi spumeggia un mare di sangue, “il fondo del mare divampa…. , una luce rossa esplode dal suo involucro fumoso; un nuovo sole si libera dal mare di sangue e rotola divampando verso l’ abisso più profondo”[28]
Il sogno allude a coloro che, dopo la morte, vagano sperduti nel buio, la scena ricorda l’ incontro di Dante con “coloro che vissero senza infamia e senza lodo” e che non hanno speranza di morte; questi “sciaurati ,che mai non fur vivi,/erano ignudi, stimolati molto/da mosconi e da vespe ch’eran ivi;”[29] sia nella visione di Jung che in quella di Dante sono le anime di coloro che “non sono vissuti” incapaci di agire secondo il bene o secondo il male.
Il sogno, annuncia la Prima guerra mondiale: nell’ estate del 1914 l’ Europa sarà colpita da un grande gelo, vi sarà un’ atroce carneficina, dal mare di sangue, nascerà un nuovo sole che scomparirà nell’ abisso più profondo, vi sarà una grande caduta che travolgerà tutto. La visione terrificante può essere interpretata come annuncio della Grande Guerra o come segno del “decadimento spirituale” che ha colpito gli uomini; la guerra e la carneficina attestano che il “male” è sempre presente, è una realtà che non può essere sradicata; il male è sempre presente dentro di noi.
BIBLIOGRAFIA
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Nietzsche, Così parlò Zarathustra, vol. II, Adelphi, 1984.
NOTE
[1] B. Nante,Guida alla lettura del Libro Rosso di C. G.. Jung, Boringhieri,2018, p. 17.
[2] H. Ellenberger, La scoperta dell’ inconscio, Vol. II, Boringhieri, 2003,p.775.
[3] H. Ellenberger, ib.276.
[4] b. p.777.
[5] onte: H. Ellenberger, La scoperta dell’ inconscio, Bollati Boringhieri, 1976, pp.766-7
[6] Jung, Il Libro rosso, Bollati Boringhieri, 2009, p. 194
[8] Jung, il significato della psicologia per i tempi moderni (1933/1934).,pp. 208-209
[9] ung, il divenire della personalità (1934) 17, p. 172.
[10] Jung,Il Libro rosso, Bollati Boringhieri, 2010, p.309.
[11] tratto da B. Nante, op. cit. p.158-184.
[12] B.Nante op. it. Pp. 128-129.
[13] B.Nante op. it. p.129.
[14] Jung,, Simboli della trasformazione, Bollati Boringhieri1992, p.12.
[15] Jung, op. cit. p. 42.
[16] Jung op. cit. p. 229
[17] B.Nante,op. cit. p.204
[18] Nietzsche, La gaia scienza, Adelphi, 1986, n.125, p. 129-130.
[19] Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi,1984,p. 348/349
[20] Jung, il Libro rosso,Bollati Boringhieri, 2010, p. 229.
[21] B.Nante,op.cit.p. 208
[22] Jung,op. cit. pp.230-231
[23] Jung, op. cit., p. 231
[24] Jung, op. cit.
[25] Jung, op. cit. p. 242
[26] Jung, op. cit. p. 243.
[27] Jung, op. cit. p.243
[28] Jung. op.cit.273/274
[29] D.Alighieri,La DivinaCommedia, Inferno, canto III, vv64/66.