Riflessioni filosofiche sull'intelligenza artificiale
RIFLESSIONI FILOSOFICHE SULL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
ANTECEDENTI.
Già nell' antichità, alcuni scienziati hanno cercato di creare delle macchine che potessero muoversi e comportarsi in modo simile a quello umano: Aulio Gellio nel suo scritto "Noctes Atticae" narra che Archita, pitagorico, vissuto nel V secolo a. C., si dedicò alla costruzione di una colomba volante; Archimede inventò numerose macchine, ma non esiste una documentazione completa delle macchine che ha inventato, abbiamo una descrizione dettagliata solo della "pompa a vite senza fine" o "coclea"; realizzò, pure, delle macchine belliche che consentirono alla città di Siracusa di difendersi a lungo durante l' assedio dei Romani; Plutarco nella "Vita di Marcello" descrive le macchine inventate da Archimede, ma in modo generico. Leonardo da Vinci, nel 1495, progettò un automa che aveva l'aspetto di un cavaliere, che poteva muovere le mani, alzarsi e ruotare il capo, aprire e chiudere la mascella ed emettere suoni dalla bocca; inoltre Leonardo inserì piccoli meccanismi di alta precisione, collegati tra loro all'interno dell'armatura, che permettevano alle braccia di muoversi contemporaneamente e di azionare spalle, gomiti e polsi. L’anca, il ginocchio e la caviglia erano tenute insieme da un sistema di corde per permettere il movimento delle gambe. La costruzione di robot umanoidi ricalca, spesso, l' automa progettato da Leonardo da Vinci che immaginò un robot simile ad un essere umano.
Una svolta fondamentale si è verificata nel ‘600 e nel ‘700: Cartesio pone il principio che le idee esistono nel nostro “pensiero” per cui viene messa in crisi la teoria che la conoscenza sia identica all’oggetto conosciuto tale principio viene accolto anche dagli esponenti dell’empirismo inglese, ma Cartesio e i pensatori empiristi seguono due linee divergenti per quanto riguarda il processo conoscitivo: quella deduttivo, che possiamo definire “dall’alto verso il basso” che viene utilizzata da Cartesio, e quella induttivo che segue un percorso in senso opposto “dal basso verso l’ alto”; proprio degli empiristi.
Cartesio distingue, nettamente, il corpo dall’anima: nel "Trattato della luce e l' uomo" egli considera il corpo dell' uomo come una macchina:"Suppongo che il corpo non sia altro che una statua o un congegno di terra, formato appositamente da Dio, per renderlo il più possibile simile a noi: di modo che non solo gli ha dato esternamente il colore e la forma di tutte le nostre membra, ma gli ha messo anche dentro tutte le parti necessarie a far sì che cammini, mangi, respiri, e infine che imiti tutte quelle nostre funzioni che si può pensare provengano dalla materia, e non dipendono che dalla disposizione degli organi.
Noi vediamo orologi, fontane artificiali, mulini e altre macchine simili, che, non essendo fatte che da uomini, non mancano però d' aver la forza per muoversi autonomamente nelle più varie maniere; e mi pare che in quella che suppongo fabbricata dalle mani di Dio possano ben esservi più movimenti di quanto io possa immaginare, e le si possano attribuire tanti artifizi che voi neanche pensereste".1)
Stabilito il presupposto che il corpo non è altro che una macchina e che tutti gli organi compiono dei movimenti, Cartesio analizza come avviene la digestione, la circolazione del sangue, la respirazione, ed infine descrive il sistema nervoso; tutte le funzioni di questa macchina si verificano in modo simile ai movimenti di un orologio o di un altro meccanismo automatico. Il funzionamento della macchina–corpo avviene, esclusivamente in modo meccanico: "la digestione, la circolazione del sangue, la respirazione, la percezione della luce dei suoni, degli odori, dei sapori, del calore, e di altre qualità del genere da parte degli organi di senso esterni; l'impressione delle loro idee nell' organo del senso comune e dell' immaginazione, il ricordo o l'impronta di queste idee nella memoria; i moti interni degli appetiti e delle passioni; e infine i movimenti esterni di tutte le membra che seguono così a proposito sia l' azione degli oggetti che si presentano ai sensi, sia le passioni e i ricordi che si trovano nella memoria..: desidero che voi consideriate tutte queste funzioni, in questa macchina, come derivanti naturalmente solo dalla disposizione dei suoi organi, nè più, nè meno come i movimenti di un orologio, o di un altro meccanismo automatico, derivano da quella dei suoi contrappesi e delle sue ruote; in modo che, nel caso di tali funzioni non occorre pensare in essa nessun' altra anima vegetativa o sensitiva, nè alcun altro principio vitale e di movimento, oltre al suo sangue e ai suoi spiriti, agitati dal calore del fuoco che brucia incessantemente nel suo cuore, che è della stessa natura di tutti i fuochi contenuti nei corpi privi di anima"2) Analogamente, nel "Discorso sul metodo”, Cartesio sostiene che il corpo è costituito da materia “sia nell'aspetto esteriore delle membra, quanto nella conformazione interiore dei suoi organi" e che non vi è alcuna anima vegetativa o sensitiva, il cuore è eccitato da uno di quei fuochi della stessa natura di quello che scalda il fieno quando viene riposto prima di essere secco; tutte le funzioni del corpo si verificano senza che l' anima – la cui natura consiste solo nel pensare – vi contribuisca in qualche modo, il cuore è la sede del calore “simile a un fuoco” e tale fuoco è il principio corporeo di tutti i movimenti delle nostre membra
Cartesio teorizza la distinzione tra l’anima ed il corpo anche nel trattato “Le passioni dell’ anima” Le passioni appartengono solo al corpo, ad esempio l’ odio provoca l’ alternarsi, nel corpo, di caldo e di freddo; nella tristezza il polso è debole e lento; l’ amore, quando è solo, ossia non è accompagnato da alcuna forte gioia, provoca un battito regolare del polso e si sente un dolce calore nel petto; nella gioia si sente un gradevole calore che si diffonde in tutte le parti del corpo la forza dell’ anima consiste nel vincere le passioni; e ciò è possibile quando la ragione, ha una conoscenza “chiara e distinta” delle passioni e dei loro meccanismi.
Cartesio pone una netta distinzione tra la sostanza pensante (res cogitans) che è inestesa, consapevole, libera e non dà nè calore nè movimento al corpo, e la sostanza estesa (res extensa) che è inconsapevole e determinata meccanicamente; la res cogitans è in grado di pensare le idee innate che non dipendono dall’ esperienza, tali idee esistono nella mia mente, quali “atti del pensiero,” si conoscono in modo evidente e si presentano chiaramente e distintamente al mio spirito; esse mi sembrano “nate con me”, mentre le idee avventizie che sembrano provocate da qualcosa di esterno si tende a credere che siano simili alle cose, ma la corrispondenza tra le idee avventizie e la realtà è problematica. Cartesio fa l’ esempio del sole che appare estremamente piccolo ai sensi, mentre in base agli studi atronomici è parecchie volte più grande di tutta la terra, per cui noi abbiamo due idee quella che deriva dai sensi e quella che proviene dall’ astronomia che è più esatta della precedente
Diverse teorie relativa al problema della conoscenza sono state elaborate da Locke che afferma che la conoscenza è vera quando vi è corrispondenza tra le idee e le cose. L’ intelletto compie tre operazioni sulle idee semplici: unisce più idee semplici per formarne una sola, le mette in relazione, (come nel rapporto causale), astrae più idee e ne forma una sola (come l’ idea di bontà – di estensione); le idee complesse si possono ricondurre a tre categorie fondamentali: modi, sostanze e relazioni; tra le idee di modi rientrano quelle di spazio, di durata, di numero; l’ idea di sostanza è creata dalla nostra mente, e non ha alcun riscontro con l’ esperienza, tra le idee di relazione sono fondamentali quelle di causa,di identità e di diversità.
Anche Hume ritiene che le idee derivino dall’esperienza; egli distingue le impressioni, che sono tutte le sensazioni, le passioni nel momento in cui vediamo o sentiamo, amiamo o desideriamo, e le idee che sono “le immagini illanguidite” delle impressioni; tra impressioni e idee sussiste piena corrispondenza poichè le idee si riferiscono alle medesime percezioni; vi sono pure idee, come quella dell’ ippogrifo, costruite dal cervello che congiunge idee che derivano dalle impressioni; quindi per stabilire che un’ idea ha fondamento occorre “risalire alle impressioni” che costituiscono l’ unica fonte di conoscenza. Non esistono nè le idee astratte, nè quelle innate: tutte le idee derivano dalle impressioni e tutta la conoscenza dipende dall’esperienza: “Tutte le percezioni della mente umana si possono dividere in due classi, che chiamerò impressioni e idee. La differenza tra esse consiste nel grado diverso di forza e vivacità con cui colpiscono la nostra mente e penetrano nel pensiero ovvero nella conoscenza. Le percezioni che si presentano con maggior forza e violenza possiamo chiamarle impressioni: e sotto questa denominazione io comprendo tutte le sensazioni, passioni ed emozioni, quando fanno la loro prima apparizione nella nostra anima. Per idee, invece, intendo le immagini illanguidite delle impressioni, sia nel pensare che nel ragionare.”3)
Il processo conoscitivo si verifica per “associazione” considerata da Hume, simile alla forza di gravità, poichè è una “forza” che lega tra loro le idee; il legame tra le idee avviene in base a tre criteri fondamentali: la somiglianza, la contiguità nel tempo e nello spazio, la causalità. Mentre le impressioni sono sciolte e separate l’una dall’altra, l’intelletto le unifica e crea le “idee complesse;” per quanto attiene il principio di causa, Hume sostiene che tale principio nasce dall’ abitudine: essendo abituati a vedere che data una causa, ne consegue un effetto, noi stabiliamo un rapporto tra due eventi, ma l’abitudine non può giustificare i rapporti causali. Hume conduce, anche, un’ analisi in merito all’ “unità e identità dell’ io” e sostiene che non abbiamo esperienza di tale unità e identità, ma solo dei nostri stati d’animo che si susseguono, pertanto l’io, non è altro che un “fascio di impressioni che si susseguono nel tempo” noi non abbiamo esperienza del nostro “io,” inteso come principio unitario, ma solo dei nostri stati d’animo.
Infine, Kant ha affrontato il problema della conoscenza ed ha sostenuto che i dati fenomenici sono fondamentali per conoscere; tali dati devono essere organizzati secondo le forme a priori dello spazio, del tempo e secondo i concetti puri o categorie che possono essere considerate come strutture della nostra mente, pertanto non derivano dall’ esperienza, e, secondo Kant, è estremamente difficile che la scienza possa “conoscerle: “La nostra conoscenza scaturisce da due fonti principali dello spirito, la prima delle quali è la facoltà di ricevere rappresentazioni (la recettività delle impressioni), la seconda quella di conoscere,un oggetto mediante queste rappresentazioni....Nessuna di queste due facoltà è da anteporre all’altra. Senza sensibilità nessun oggetto ci sarebbe dato, e senza intelletto nessun oggetto pensato. I pensieri senza contenuto sono vuoti,le intuizioni senza concetti sono cieche....Queste due facoltà o capacità non possono scambiarsi le loro funzioni.. L’ intelletto non può intuire nulla, nè i sensi nulla pensare. La conoscenza non può scaturire se non dalla loro unione”4).
L’ unificazione del molteplice è attuata da “un centro mentale unificatore” che Kant denomina “Io penso;” l’ “Io penso” unifica i dati fenomenici secondo le categorie e formula i giudizi: “Le categorie non sono altro che funzioni del giudicare...dunque il molteplice di un’intuizione data sottostà necessariamente alle categorie.”
Nel Settecento, alcuni pensatori, per superare la distinzione cartesiana tra anima e corpo, considerano l’ anima costituita anch’ essa di materia, pertanto anche l’ attività mentale dipende dalla materia; i tre maggiori sostenitori di tale tesi furono: La Mettrie, Holbach e Helvetius. In particolare, La Mettrie sostiene che l’uomo, come gli altri animali, non è altro che una macchina, “L’ uomo è una macchina e non c’ è in tutto l’universo che una sola sostanza diversamente modificata. Questa non è un’ ipotesi elevata a forza di domande e di supposizioni , non è l’ opera del pregiudizio e neppur quella della sola ragione. Avrei sdegnato una guida che ritengo poco sicura se i miei sensi che portano, per così dire, la bandiera, non mi avessero impegnato a seguirla, rischiarandola. L’esperienza mi ha dunque parlato in favore della ragione: così le ho unite insieme ” tutte le attività psichiche sono provocate da movimenti corporei, l’uomo è soltanto un animale, ossia “un insieme di molle che si caricano tutte a vicenda, senza che si possa dire da che punto del circolo umano la natura abbia incominciato. Se tali molle differiscono tra loro, ciò è dovuto quindi soltanto alla loro sede, a qualche grado di forza, e mai alla loro natura. Il corpo non è che un orologio “un orologio immenso e costruito con ingegno e abilità”, tutte le facoltà dell’ anima dipendono dalla struttura organica del cervello e dell’ intero corpo: l’anima non è altro che “ un principio di movimento o una parte materiale sensibile del cervello che, senza tema di errore, puà essere considerata la molla principale di tutta la macchina, dotata di una evidente influenza su tutte le altre”5).
La Mettrie, quindi, pone un unico principio quale fondamento della natura: la materia fornita di movimento; le differenze tra gli esseri viventi dipendono unicamente dai diversi livelli di complessità dei meccanismi materiali.
LE ATTUALI RIFLESSIONI FILOSOFICHE.
La definizione "Intelligenza artificiale" è stata introdotto da John McCathy che partecipò con Marvin Minsky, Nathaniel Rochester e Claude Shannon ad un seminario svoltosi nell' estate 1956 al Darmouth College di Hannover; i partecipanti a tale incontro ritenevano che fosse possibile simulare "ogni aspetto dell' apprendimento oppure ogni altra caratteristica dell' intelligenza"; secondo Minsky l’Intelligenza Artificiale era "la scienza di far fare alle macchine delle cose che richiederebbero intelligenza se fossero fatte dagli uomini". Già Turing, nel 1950, nello scritto "Macchine calcolatrici e intelligenza", affronta il problema se le macchine possono pensare e propone un test con il quale vuole dimostrare che è possibile creare sistemi intelligenti; il test è tenuto da tre persone un uomo, una donna e l’interrogante che viene chiuso in una stanza separato dagli altri due. L’ interrogante deve stabilire quale delle altre due persone sia l’ uomo e quale sia la donna che sono contradistinte dalle etichette X e Y. L’ interrogante può fare delle domande ai candidati mediante una telescrivente e anche le risposte dei candidati sono telescritte. Ora, osserva Turing, immaginiamo di mettere al posto di uno dei due candidati una macchina “presunta intelligente” se l’ interrogante non è il grado di capire quale dei suoi interlocutori sia un uomo e quale sia una donna, allora si può dire che la macchina è intelligente; secondo Turing "un computer è paragonabile a un essere umano, quanto a intelligenza se gli esseri umani non possono distinguere le prestazioni del computer da quelle dell' ssere umano" Turing è convinto che, alla fine del secolo, sarà possibile programmare macchine pensanti e che le macchine potranno "competere con gli uomini in tutti i campi puramente intellettuali”.
Le teorie esposte da Turing sono state variamente criticate: si possono considerare due tipi di interpretazioni: una che sostiene che la mente funziona come una “macchina calcolatrice”, l’altra, che si ricollega a Wittgenstein ed a Heidegger, secondo la quale non è possibile creare una macchina che simuli il comportamento intelligente dell’essere umano adulto. Occorre precisare che le prime macchine, che compiono operazioni tipiche dell’intelligenza umana, sono state create nel Seicento da Blaise Pascal che, nel 1642, ideò e costruì una macchina calcolatrice per l’addizione e la sottrazione e da Leibniz che realizzò una calcolatrice che eseguiva anche la moltiplicazione; nell’Ottocento Charles Babbage (1792-1871) e Ada Lovelace (1815-2852) costruirono una macchina che poteva calcolare i polinomi fino a sei cifre decimali e una macchina analitica che poteva risolvere “qualunque problema aritmetico per il quale si potesse affermare un algoritmo.”6) .
L’ipotesi di creare una macchina che funzioni come la mente, si basa sul presupposto che l’intelligenza è assimilabile al calcolo, come era sostenuto da Hobbes; il sostenitore di maggior rilievo di tale teoria, Hilary Putnam esponente della teoria funzionalista, paragona il cervello e la mente umana ad una macchina: “due sistemi possono avere una composizione del tutto diversa ed essere funzionalmente isomorfi”, pertanto deve essere “fisicamente possibile (anche se non necessariamente realizzabile) produrre qualcosa che abbia quello stesso programma, ma una composizione fisica e chimica completamente diversa”7). Secondo la teoria funzionalista il rapporto mente/cervello è simile a quello software e hardware: la mente (il software) è indipendente dalle caratteristiche fisiche del cervello (l’hardware), pertanto si ritiene possibile distinguere tra il supporto fisico e le caratteristiche della mente: mentre il materialismo identifica il cervello con la mente, il funzionalismo distingue la mente dal corpo, le operazioni mentali dai meccanismi fisiologici.
A partire dagli anni Ottanta, è stata elaborato la teoria del connessionismo secondo la quale è possibile riprodurre la mente e l’intelligenza su sistemi artificiali costruiti in base al funzionamento del cervello creando delle “reti neurali”, cioè reti simili a quelle formate dai neuroni che costituiscono miliardi di connessioni. Sia il funzionalismo che il connessionismo condividono la fiducia di poter creare macchine intelligenti, fiducia non condivisa dai pensatori che ritengono impossibile creare “un’ intelligenza sintetica:” inoltre, finora, sussistono gravi difficoltà per quanto attiene la comprensione del linguaggio naturale; le macchine sono in grado di operare in un determinato campo, ma non posseggono, ancora, le “conoscenze comuni”, cioè conoscenze che tutti gli esseri umani posseggono naturalmente; infine, non sono in grado di tener conto del contesto in cui si svolge una determinata situazione e di reagire a situazioni che non sono prevedibili, poichè non essendo prevedibili, non sono state inserite nel programma, per cui la macchina non è in grado di reagire in modo adeguato; da ultimo, non è stato ancora risolto il problema “dell’ apprendimento delle macchine” nel senso che le macchine non sono ancora in grado di apprendere spontaneamente.
Una critica radicale è quella mossa da John Searle che paragona la mente artificiale a un individuo che non conosce la lingua cinese, chiuso in una stanza, con fogli su cui sono stampati degli ideogrammi di cui ignora il significato e un altro pacco di fogli su cui sono scritte le regole, nella lingua che egli conosce, per combinare gli ideogrammi. Si supponga che tale individuo, alla domanda di combinare gli ideogrammi che gli viene fatta da qualcuno che è fuori della stanza, egli, grazie al libro di istruzioni che ha, risponda bene, ma non comprenda il senso di ciò che ha scritto. L’esperimento, quindi, attesta, che esiste una profonda differenza tra la sintassi e la semantica: la comprensione di una lingua non implica solo la conoscenza di simboli formali, ma richiede amche di saper interpretare il significato dei simboli. Secondo Searle, “pensare” non consiste nella semplice manipolazione di simboli che non hanno alcun significato; pertanto affermare che una macchina “pensa” significa, solamente, usare una metafora; in realtà un computer o una macchina non pensano; è il programmatore che attribuisce un significato ai segni inseriti nel programma della macchina; in definitiva “è il programmatore, non il programma ad essere intelligente”. Non è possibile attribuire l’intelligenza ad una macchina che può manipolare simboli, ma non ha coscienza del loro significato; anche se in futuro i programmi delle macchine potessero imitare il comportamento umano, tuttavia non si può parlare di intelligenza, poichè qualsiasi macchina non potrà mai essere in grado di comprendere ciò che sta elaborando. Searle, inoltre sostiene che le macchine sono prive di coscienza e di intenzionalità: “Gli stati coscienti....si manifestano a noi come segmenti di una sequenza unitaria”, tale unità ha almeno due dimensioni orizzontale e verticale: “l’unità orizzontale consiste nell’ organizzazione delle esperienze coscienti in brevi segmenti temporali: quando pensiamo e proferiamo un enunciato, sia pure di una certa lunghezza, continuiamo a esserne consapevoli anche dopo aver smesso di pronunciarlo o pensarlo. Questo tipo di memoria iconica è essenziale a mantenere l’ unità della coscienza così come lo è, probabilmente, la memoria a breve termine. L’ unità verticale...è invece determinata dalla contemporanea consapevolezza di tutte le diverse proprietà di ogni stato cosciente. Abbiano ancora grosse difficoltà a comprendere come il cervello sia in grado di realizzare questa unità, che Kant chiamava “unità trascendentale dell’appercezione”....Se la coscienza non godesse di queste due proprietà...non saremmo in grado di interpretare normalmente le nostre esperienze.8).
Un’interessante riflessione è quella di Nick Bostrom, docente alla Oxford University, che nella sua opera “Superintelligenza,” sottolinea i pericoli dell’Intelligenza Artificiale poichè le macchine fornite di un’intelligenza simile a quella dell’ uomo, potranno superare le capacità intellettive degli esseri umani; nel trasferimento della mente si produrrebbe un software intelligente mediante la scansione e la costruzione di un modello fedele della struttura computazionale di un cervello biologico. Ciò potrebbe essere possibile tale situazione con la manipolazione genetica, potenziando il funzionamento dei cervelli biologici attraverso la riproduzione selettiva, i progressi della tecnologia genetica,la clonazione riproduttiva umana. Lo sviluppo delle capacità dell’ Intelligenza Artificiale potrebbe essere attuata attraverso due fasi: quando il sistema “raggiunge il livello base umano di intelligenza individuale”; una seconda fase quando il sistema “ha acquisito una capacità tale che la maggior parte di ottimizzazione esercitato proviene dal sistema stesso” (9).
Si pongono diversi problemi: quanto tempo occorre alle macchine per superare l’ intelligenza umana? Le macchine giungeranno a distruggere gli esseri umani?
Secondo Bonstrom occorre meditare sui possibili rischi dell’“Esplosione di intelligenza;” anche se l’esplosione dell’intelligenza possa verificarsi tra molti decenni, occorre “evitare di perdere la nostra umanità” (10).
LA COSCIENZA
Il problema della coscienza è molto controverso: le neuroscienze, che indagano il cervello utilizzando mezzi molto sofisticati, hanno approfondito lo studio del cervello e dei meccanismi cerebrali, ma non sono ancora riuscite ad individuare una sede ben precisa dove si forma la coscienza e si ipotizza che la coscienza tragga origine dalle peculiarità della mente che si generano dall’intreccio delle reti neurali che struttura il nostro cervello.
Definire che cosa sia la coscienza è ancora un problema insoluto, tuttora sono in corso studi per stabilire se la coscienza sia situata in una specifica zona del cervello, o si situa in una varietà di stati cerebrali; il metodo che, attualmente, viene seguito è la “stimolazione magnetica transcranica” che provoca una corrente elettrica nei sottostanti neuroni corticali che coinvolgono altri neuroni, in una “cascata” che si riverbera dentro la testa prima che, in una frazione di secondo, il picco si estingua. Paragonando il cervello a una grande campana e il dispositivo utilizzato al batacchio, si può sostenere che come il batacchio fa risuonare la campana, così la stimolazione magnetica provoca un’attività elettrica nel cervello, che viene monitorata mediante l’elettroencefalogramma. Tali indagini condotte a livello neurologico, non hanno ancora consentito di stabilire se, effettivamente, la coscienza sia generata dal buon funzionamento del cervello e se è possibile creare una rete di neuroni che producano la coscienza. Considerato che la consapevolezza è generata da “un processo fisico peculiare del cervello” ed è prodotta da un algoritmo molto complesso e finora sconosciuto, sembra assai difficile che si possa creare una rete di neuroni artificiale che producano una forma di coscienza.
L’analogia tra macchina e mente, si basa sul presupposto che il calcolare artificiale e il ragionare umano siano simili, poichè in entrambi i casi si opera in modo rigoroso e razionale; già Thomas Hobbes aveva sostenuto che il ragionamento è calcolo: “per ragionamento intendo il calcolo. Calcolare è cogliere la somma di più cose l’ una aggiunta all’altra, o conoscere il resto, sottratta una cosa dall’altra. Ragionare, dunque, è la stessa cosa che addizionare e sottrarre; e, se qualcuno volesse aggiungervi il moltiplicare e il dividere, non avrei niente in contrario, poichè la moltiplicazione non è altro che l’ addizione di termini uguali e la divisione la sottrazione di termini uguali tante volte quanto è possibile. Si risolve, quindi, ogni ragionamento, in queste due operazioni della mente l’addizione e la sottrazione”11).
Hobbes ritiene che non vi sia distinzione tra il pensiero e il corpo essi si identificano, tutto è corpo e movimento. Tale concezione è assai vicina ai principi dell’ Intelligenza Artificiale secondo la quale qualsiasi procedimento dell’ intelligenza umana deve essere considerato prodotto da un logaritmo, per cui si possono dotare i robot delle caratteristiche fisiche e dei movimenti degli esseri umani e farli interagire come fanno gli uomini con il mondo esterno. Si può pensare di realizzare dei robot “umanoidi” che potranno avere consapevolezza di esistere come gli esseri umani, ma sarebbe diverso il tipo di consapevolezza: i robot sarebbero consapevoli di essere una macchina, mentre l’uomo sarebbe consapevole di essere una persona viva.
Le critiche più incisive che evidenziano la peculiarità della condizione umana che non è trasferibile ad una macchina per renderla intelligenti, sono state elaborate da Wittgenstein e da Heidegger. Wittgenstein ritiene assurdo pensare di poter realizzare una macchina che pensi come un essere umano, il pensiero è è strettamente legato al linguaggio, che, a sua volta, è una conseguenza diretta di una forma di vita condivisa; pertanto non è assolutamente, possibile realizzare una macchina pensante. Il linguaggio viene appreso dall’essere umano addestrandosi al suo uso; quindi, la comprensione del significato delle parole è acquisito attraverso l’ uso e l’ abitudine, non è un fatto, semplicemente, privato. Non sussiste, pertanto, un modello che sia, universalmente, valido, ma vi sono molteplici usi che si modificano secondo le esigenze; il significato non appartiene alla sfera del privato, ma è una formazione pubblica: le regole possono variare secondo le circostanze. Una proposizione acquisisce un significato solo all’ interno di un determinato uso; le regole non sono rigorose e gli usi possono essere mutevoli: “Il linguaggio deve possedere la molteplicità di un posto di manovra che consenta tutte le operazioni che corrispondono alle sue proposizioni.......Come in un posto di manovra per mezzo di manopole si eseguono le più svariate operazioni, così accade nel linguaggio mediante le parole, paragonabili a manopole. Una è manopola di una manovella che può subire uno spostamento continuo; un’altra appartiene ad un interruttore e può essere solo alzata e abbassata. I tipi di proposizioni sono innumerevoli....e questa molteplicità non è qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte: ma nuovi tipi di linguaggio, nuovi giochi linguistici, come potremmo dire, sorgono e altri invece invecchiano e vengono dimenticati. Qui la parola “giuoco linguistico” è destinata a mettere in evidenza il fatto che parlare un linguaggio, fa parte di un’ attività o di una forma di vita”12).
Il tema del prevalere dell’agire rispetto alla teoria è stato affrontato da Heidegger che evidenzia come l’ uomo “per lo più” non sia nel mondo “secondo la modalità della conoscenza”, ma secondo la modalità “della manipolazione”: le cose “non sono oggetto di studio”, ma sono dei mezzi, degli strumenti di cui “l’essere-nel-mondo” (l’ uomo) si serve; la “Cura” è “la struttura dell’ essere dell’uomo” nel senso che è una forma di intelligenza pratica costituita da un “retroterra” familiare e sociale di credenze, di abilità, di disposizioni che non è oggettivabile: “Cura enim quia prima finxit, teneat quandiu vixerit: poichè infatti la Cura per prima costruisce l’ uomo, (la Cura) lo possiede per tutto il corso della sua vita. L’ente in questione non viene abbandonato da questa origine, ma tenuto sotto di essa e da essa dominato finchè “sia nel mondo”. L’essere-nel-mondo ha una struttura conforme all’ essere della “Cura.” Il nome homo gli viene conferito non in vista del suo essere. ma sulla base di ciò di cui consiste (humus – terra.” 13). La decisione intorno alla natura dell’essere “originario” di questo ente spetta a Saturno al “Tempo,” infatti è Saturno che decide che il “cretosum lutum” che la Cura ha visto oltreppassando un fiume sia chiamato uomo poichè è fatto di terra. “Homo vocetur, quia videtur esse factus ex humo” . Heidegger, come Wittgenstein, evidenzia l’ importanza del quotidiano che è mutevole e non si può rinchiudere in forme astratte, pertanto, presumibilmente, la Macchina non potrà mai giungere a simulare il comportamento intelligente dell’ uomo, poichè i programmi non possono essere “di per sè sufficienti per avere una mente”:
vellet Cura nomen ex sese ipsa imponere,
Jovis prohibuit suumque nomen et dandum esse dictitat.
dum Cura et Jovis disceptant, tellus surrexit simul
suumque nomen esse volt cui corpus praebuerit suum.
sumpserunt Saturnum iudicem, is sic aecus iudicat:
“tu Jovis quia spiritum dedisti, in morte spiritum,
tuque Tellus quia dedisti corpus, corpus recipito,
Cura enim quia ptima finxir, teneat quamdiu vixerit,
sed quae.in de nomine eius vobis controversia est,
homo vocetur, quia videtur esse factus exhumo.”
NOTE
1) Cartesio, Il mondo ovvero trattato della luce e l’ uomo, Ed. Theoria, 1983, p.115.
2) Cartesio ib. p.176.
3) Hume, Il corpo, UTET, Torino1986.
4) Kant, La Critica della Ragion Pura.
5) La Mettrie, L’ uomo macchina, Ed. Mimesis.
6)) Ada Lovelace figlia di Bayron, si dedicò allo studio della matematica, a 17 anni incontro Charles Babbage e insieme alui lavorò per realizzare la macchina analitica, che, però non venne mai costruita; Turing prese da lei l’ ispirazione per costruire il moderno computer.Charles Babbage creò la macchina differenziale, per eseguire calcoli relativi alle equazioni polinominali; tentò di costruire la macchina, ma senza successo; insieme a Ada Lovelace, ispirandosi al lavoro del calcolo iniziato da Pascal e Leibniz, portò avanti gli studi per realizzare la macchina, che, però,non venne mai costruita.
7) Putnam, Mente Linguaggio e Realtà, Adelphi, 1987.
8)Searle, La riscoperta della mente, Bollati Boringhieri, 2011, pp. 145/46.
9) Hobbes, Il corpo, UTET, Torino, 1986.
10) Bostrom, Superintelligenza, Bollati Boringhiri, pag.124-125.
11) Bostrom, op. cit. p. 188.
12) Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi.
13) Heidegger, Essere e tempo, Ed.Bocca 1953; p.211-212.
14) Colin, Il mio collega è un robot, Scienze, maggio pp.70/73, 2012.
BIBLIOGRAFIA
Abbagnano, La filosofia contemporanea, tomo II, capitolo XXXIII, Utet. 1994;
Battaglia, L’ Intelligenza artificiale, UTET, 2010;
Nostrom, Superintelligenza, Bollati Boringhieri, 2009;
Cartesio, Il mondo ovvero trattato della luce e l’uomo, Ed. Theoria, 1983;
Heidegger, Essere e tempo, Ed. Bocca, 1953, p.211;
Hobbes, Il corpo, UTET, Torino 1986;
Kant, La Critica della Ragion Pura, Laterza, 1963;
La Mettrie, L’ uomo macchina, Ed.Mimesis, 2015;
Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi;
Le Scienze, Ottobre 2012, p. 82; Maggio 2015, p. 68; Agosto 2016, p.40; Agosto 2017, p.62; Marzo 2017, p.48; Gennaio 2018, p.54.
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